L’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma è da sempre uno dei centri più all’avanguardia nello studio delle malattie infettive, infatti proprio adesso sta portando avanti, insieme all’azienda farmaceutica capitolina “Reithera” la sperimentazione clinica di un vaccino tutto italiano che sta entrando proprio in questi giorni nella fase di sperimentazione umana con grande prospettiva per la prosecuzione del piano vaccinale.
Le principali tipologie di vaccini
I vaccini si basano su tecnologie diverse, implementate ormai in due secoli di vaccinazione e scoperte nell’ambito delle biotecnologie. In generale, l’obiettivo di un vaccino è sempre quello di andare a stimolare il sistema immunitario alla produzione di anticorpi verso un determinato patogeno, iniettando nell’individuo cellule di patogeno indebolite da interventi chimico – fisici, oppure parti di esso; un ulteriore aspetto che rende variegato il panorama dei vaccini è il mezzo con il quale inoculo le molecole patogene nel paziente, il vettore su cui si montano i profili molecolari immunizzanti.
In generale, riassumendo leggermente, esistono le seguenti tecnologie vaccinali:
- Patogeno attenuato: viene inoculata una coltura del patogeno stesso che causa la malattia, resa inattiva da esposizione a forte calore, raggi, o sostanze chimiche stabilizzanti, di modo che il batterio o virus non possa più replicarsi. Verosimilmente è la forma meno sicura di vaccino
- Patogeno inattivato: mediante le stesse procedure del precedente si arriva all’uccisione del patogeno
- Vaccini a subunità: tramite l’uso di purificazioni si riesce a ottenere solo la molecola immunizzante del patogeno e quindi permettere che possa invocare l’immunità in un soggetto senza metterlo a rischio di infezione
- Vaccini a antigeni ricombinanti: grazie all’uso dell’ingegneria genetica vengono ottenute le subunità del patogeno, montate spesso su un virus privato del suo DNA così che non possa determinare nessuna infezione
- Vaccini a mRNA o DNA: il trascritto o il gene che codifica per l’antigene viene inserito all’interno di nanosfere di lipidi che permettono di portarle dentro le cellule e decodificarle in proteina, sulla quale verrà montata la risposta immunitaria con la produzione di anticorpi specifici.
Le fasi che portano allo sviluppo di un vaccino sono attese in maniera scrupolosa dagli enti che se ne occupano; possiamo dividere lo studio di un vaccino in due fasi sequenziali:
- Fase pre-clinica
- Fase clinica
Fase pre-clinica
La fase pre-clinica è caratterizzata da esperimenti condotti sia su sistemi in vitro che in vivo, ma comunque mai su pazienti umani. In un primo momento viene scelta la preparazione vaccinale su cui dirigere lo studio.
Una volta individuata il tipo di formulazione da usare, il vaccino viene sperimentato in vitro su colture cellulari e in vivo su roditori e primati laddove si valutano gli eventuali effetti tossici della somministrazione, andando a vedere le possibili conseguenze della somministrazione su organi e apparati;
Inoltre gli scienziati possono misurare la potenza immunostimolatrice del vaccino ossia se è sufficientemente in grado di evocare le difese di un sistema biologico, o dall’altro lato determinare l’insorgenza di reazioni infiammatorie troppo forti.
In generale possiamo dire che i due parametri che sono presi in esame nello studio su animali da laboratorio sono
- L’immunogenicità: l’efficacia del vaccino nel generare una risposta immunitaria e una memoria immunologica
- La tolleranza: l’indice di comparsa di eventuali effetti collaterali oltre che il cambiamento di parametri biochimici di urina e sangue
Ultimamente, grazie allo sviluppo di software da applicare in ambito biologico è possibile accompagnare la fase pre clinica con esperimenti condotti a livello computazionale, a livello simulativo ma con un enorme potere predittivo e un alto livello di confidenza; un approccio, questo, definito “in silico”.
Fase clinica
I dati in output dalla fase pre clinica vengono rielaborati e studiati, e qualora presentino un notevole livello di confidenza nel rapporto efficacia/rischio, si passa alla sperimentazione su Homo Sapiens.
I gruppi di sperimentazione sull’uomo sono chiamate coorti: ogni raggruppamento deve essere scelto con criteri di randomizzazione, ossia con una casualità ben strutturata, per fare in modo che questo campioni di umani sia il più rappresentativo possibile della popolazione che andrà a sottoporsi al vaccino, oltre che a prevedere l’istituzione di gruppi di placebo. Gli studi clinici si dividono in 4 passaggi, caratterizzati dal coinvolgimento di gruppi di persone via via crescenti, composti da volontari.
Lo scopo delle sperimentazioni cliniche è convalidare la sicurezza e l’efficacia osservate negli studi pre clinici.
- Prima Fase: sperimentazione su piccoli gruppi nell’ordine delle decine di persone, tutti volontari sani, laddove si valuta se la sicurezza osservata nei sistemi animali possa ripetersi anche nell’uomo, quindi si misurano i tassi di incidenza degli effetti tossici.
- Seconda fase: sperimentazione su gruppi di centinaia o migliaia di persone, su cui si continua a valutare i probabili effetti tossici della preparazione oltre che a studiare il potere immunitario del vaccino; in questo step i volontari vengono seguiti per periodi lunghi di tempo monitorando i loro livelli di linfociti B e T nel sangue, permettendo di ipotizzare quelli che possono essere i dettagli della risposta immunitaria, e farsi un’idea sulle eventuali dosi da iniettare e a distanza di quanto tempo. Oltre a questo, vengono studiate possibili interazioni tra gli antigeni ed altri vaccini che potrebbero ritrovarsi in co-somministrazione.
- Terza fase: sperimentazione su gruppi di decine o centinaia di migliaia di persone; durante il terzo passaggio si valuta se il vaccino protegge effettivamente dalla malattia nelle settimane e mesi successivi alla somministrazione, senza dare effetti collaterali apprezzabili; inoltre vengono calcolate le percentuali di efficacia ripartite per fasce d’età. In questa fase è necessario che il campione di volontari sia il più rappresentativo possibile della popolazione su cui dovrà insistere il piano vaccinale, per questo i volontari vengono scelti con un sistema randomizzato.
- Quarta fase. La quarta fase coincide con il piano vaccinale e viene chiamata anche fase di vaccinovigilanza: nella popolazione aperta vengono valutati gli effetti collaterali non comuni, ossia i più rari e allo stesso tempo osservata l’efficacia immunogenica; i dati provenienti da queste osservazioni vengono aggregati e confrontati con parametri popolazionistici in modo da portare avanti un monitoraggio continuo dei rapporti tra cittadini e vaccino.
Il vaccino Reithera
Il vaccino sviluppato dall’azienda ReiThera, si chiama “GRAdCOV2” e si basa su una tecnologia a subunità su vettore virale: si montano proteine Spike del SarsCov2 su un virus completamente privato del suo potere infettivo, nello specifico si usa un Adenovirus (un virus che causa raffreddore) del Gorilla.
Gli Adenovirus di scimmie sono molto usati come vettori per veicolare l’antigene a livello di vaccini (sono stati infatti usati anche per progettare il vaccino contro Ebola), perchè questi virus provenienti dagli scimpanzè o gorilla, hanno nelle popolazioni umane una bassa sieroprevalenza, ossia noi Sapiens di costituzione abbiamo pochi anticorpi verso questi virus, e quindi la loro presenza nel nostro sangue non viene assolutamente vista come un pericolo dal nostro organismo, cosa che potrebbe scagliare contro di essi il nostro sistema immune e disturbare lo sviluppo dell’immunità verso la proteina Spike.
Adesso il vaccino ReiThera sta entrando in fase 2-3, cioè vuol dire che sarà affrontata la seconda e terza fase della sperimentazione su volontari umani: la fase 1 ha dato buoni risultati, che hanno dimostrato una buona risposta dei sistemi sperimentali alla somministrazione del vaccino, con una notevole produzione di Linfociti T in tutte le coorti prese in considerazione.
Questa fase prevede una prima parte di esperimenti condotti su un gruppo di 900 individui, randomizzati contro il placebo: in questo studio si compara un regime a singola dose con un regime a doppia dose, laddove si somministrano le due inoculazioni a 3 settimane di distanza.
Lo studio è quindi suddiviso in tre bracci: singola dose; doppia dose; placebo. La sperimentazione sarà condotta in 26 centri clinici su tutto il territorio italiano ed uno ad Hannover, in Germania.
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