Medicina di genere: l’inquadramento normativo
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, per medicina di genere si intende lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona, secondo i principi di centralità del paziente e di personalizzazione delle terapie. Per parlare concretamente di medicina di genere in Italia dobbiamo arrivare addirittura all’anno 2019, quando il Ministro della Salute Giulia Grillo predispone il piano nazionale attuativo della legge 3/2018 (applicazione e diffusione della Medicina di Genere nel Servizio Sanitario Nazionale). La normativa prevede, nel dettaglio, quattro aree di intervento:
- Percorsi clinici di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione
- Ricerca e innovazione
- Formazione
- Comunicazione
Il centro di riferimento per la medicina di genere
Considerato che differenze tra uomini e donne si osservano nella frequenza e nella sintomatologia e gravità di numerose malattie; nella risposta alle terapie e nelle reazioni avverse ai farmaci; nelle esigenze nutrizionali e nelle risposte ai nutrienti e a sostanze chimiche presenti nell’ambiente; negli stili di vita, nell’esposizione a tossici e nell’accesso alle cure, l’Istituto Superiore di Sanità ha ritenuto indispensabile favorire un approccio di genere nella pratica clinica, predisponendo un centro di ricerca articolato in 2 reparti: fisiopatologia genere-specifica e prevenzione e salute di genere, il primo finalizzato a individuare le basi fisiopatologiche responsabili delle differenze biologiche legate al sesso e socio‐culturali legate al genere, il secondo volto a indagare come le differenze biologiche legate al sesso, determinino esigenze nutrizionali diverse e una diversa risposta metabolica a nutrienti e sostanze esogene assunte con gli alimenti. In più, vengono analizzate le condizioni socio-economiche e culturali che definiscono il genere e influenzano lo stile di vita dell’individuo, oltre che l’esposizione a fattori di rischio ambientali e la possibilità di accesso alle cure.
La Giornata Nazionale per la Salute delle Donne
Dal 2016, ogni 22 aprile si celebra la Giornata Nazionale per la Salute della Donna, e la data coincide con il giorno della nascita del Premio Nobel Rita Levi Montalcini. Le iniziative sono tante e si svolgono in contemporanea in tutta Italia: il progetto In seno alla salute, che ha come focus la prevenzione del tumore al seno, la patologia oncologica più diffusa tra le donne e la campagna #concentratisullatuasalute, che invita tutte le donne a non trascurare l’agenda della prevenzione e a eseguire gli esami di screening consigliati per fasce di età nonostante le difficoltà che la pandemia comporta, sono tra questi.
Ma la medicina “femminile” esiste davvero?
La medicina, fin dalle sue origini, ha avuto un’impostazione androcentrica, relegando gli interessi per la salute femminile ai soli aspetti correlati alla riproduzione. Gli studi condotti in ambito clinico e farmacologico sono sempre stati compiuti considerando quasi esclusivamente soggetti maschili e adattando poi i risultati alla donna, senza valutare che la biologia femminile, con le peculiarità anatomiche, funzionali e – soprattutto – ormonali che la caratterizzano, può influenzare, talvolta in modo determinante, lo sviluppo e la progressione delle malattie. In medicina avere un approccio di genere significa considerare le condizioni economiche, di vita, il ruolo sociale, circa la femminilità e la mascolinità, ovviamente senza dimenticare la biologia. A questo proposito è ben noto che fra salute e povertà esiste una correlazione inversa, che permane anche nei paesi che hanno un sistema sanitario universale, come quello che c’è in Italia. Un esempio eclatante dell’importanza del genere nella nostra società è costituito dagli incidenti domestici dove sono maggiormente colpite le donne (66%), soprattutto se casalinghe (35%), e che fra l’altro non hanno alcuna assistenza previdenziale né assicurativa.
La posizione “maschiocentrica” della medicina
Dobbiamo ricordare che fino ad ora non solo c’è stata una sottovalutazione del ruolo della cultura nella salute, ma c’è stato anche un grave errore metodologico. Infatti, la ricerca preclinica e clinica, a meno che non si trattasse di fenomeni genere-specifici, è stata fatta prevalentemente su soggetti di genere maschile. I risultati si sono poi trasferiti alle donne, riconoscendo una specificità al genere femminile solo nel settore riproduzione. Ciò non meraviglia, perché da Ippocrate fino agli anni novanta del secolo scorso, le donne sono state considerate, dalla maggior parte dei ricercatori e degli operatori sanitari, dei “piccoli uomini”. Conseguentemente, il corpo maschile è stato considerato la norma, venendosi a creare una sorta di cecità rispetto al genere (gender blindness).
Gli effetti della cecità di genere
La cecità di genere viene consolidata nelle convenzioni sociali e linguistiche, dove si usa un linguaggio neutrale tramite termini “a-sessuati”, come il medico, il paziente, negando l’importanza del sesso e del genere. Questo stato di cose ha portato nella ricerca, nella prevenzione e nella cura a differenze non giustificabili che contraddicono le basi della medicina basata sull’evidenza e che non sono d’accordo con uno degli obiettivi del terzo millennio, la cura personalizzata, che necessariamente deve considerare le categorie di pazienti, prima di arrivare al soggetto singolo. La precedente situazione ha generato maggiori effetti negativi per la salute della donna, tuttavia in alcuni casi il pregiudizio di genere ha, invece, riguardato gli uomini. Infatti, patologie ritenute classicamente femminili (depressione o emicrania) sono state studiate in maniera meno appropriata negli uomini. Quindi, le diversità devono essere integrate nei processi e nelle politiche di cura e di tutela della salute, poiché la scarsa conoscenza e la scarsa considerazione delle differenze biologiche e sociali hanno prodotto il cosiddetto paradosso donna: le donne vivono più a lungo degli uomini, ma si ammalano di più ed hanno un maggior numero di anni di vita in cattiva salute.
I diversi effetti della pandemia sui due sessi
La pandemia di Covid-19 uccide tre uomini contro una sola donna: una nuova conferma del fatto che è importante conoscere e tenere in considerazione le diverse caratteristiche degli individui, a partire dal sesso. Ad oggi queste conclusioni sono ancora sotto la lente di ingrandimento di alcune studiose italiane, le quali stanno indagando le cause che potrebbero essere alla base di queste differenze, ed è così che l’emergenza Covid-19 dà un nuovo impulso alla medicina di genere.
Lascia il tuo commento