Si può prendere il Covid-19 due volte?

Immunità, anticorpi, test: facciamo il punto della situazione.

Sì può prendere due volte il coronavirus?

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    Secondo gli esperti, esistono diversi modi per uscire da questa pandemia: prevenzione, terapie efficaci, vaccini sicuri e immunità di gregge (o una loro combinazione). E se un solo tipo di vaccino non dovesse coprire tutti i casi di mutazione del virus? E se la tanto agognata immunità di gregge non potesse essere raggiunta? Sì, le domande sono ancora tante, ma a una vogliamo cercare di rispondere in questo articolo: si può prendere il Coronavirus due volte?

    Immunità e immunità di gregge: perché sono importanti?

    Per non essere attaccati da un virus bisogna esserne immuni. L’immunità di gregge viene spiegata dalla teoria secondo cui il nostro sistema immunitario, una volta esposto a un agente patogeno, proteggerà la collettività dalla diffusione di quest’ultimo. Il Coronavirus, però, è un’infezione recente: nessuno ne era immune all’inizio della pandemia. Capire che aspetto ha l’immunità del singolo individuo al virus e quanto tempo dura è fondamentale per comprendere se è possibile raggiungere l’immunità di gregge in poco tempo. La durata dell’immunità, inoltre, potrebbe incidere anche sulla posologia del vaccino, indicando se è da somministrare solo una volta nella vita oppure una volta ogni anno, come quello antinfluenzale.

    Per approfondimenti sull’immunità di gregge puoi leggere la nostra intervista al virologo Fabrizio Pregliasco.

    Come si diventa immuni al Coronavirus?

    Il sistema immunitario è il nostro scudo contro le infezioni e provoca due tipi di risposta. La prima, la risposta immunitaria innata, entra in azione non appena viene rilevato un agente non identificato nel corpo, rilasciando sostanze chimiche che causano un’infiammazione e innescano la circolazione di globuli bianchi per distruggere le cellule infette. Questa risposta, purtroppo, non sa riconoscere il nuovo Coronavirus e non ci renderà immuni. É la risposta immunitaria adattativa, o specifica, quella su cui dobbiamo contare. Questa può essere acquisita in modo naturale, quando il sistema immunitario memorizza una malattia avuta in passato, oppure può essere indotta con la somministrazione di un vaccino. Nel caso di questa risposta immunitaria, si parla di immunità cellulo-mediata, perché prevede l’intervento delle cellule T nel giro di circa 10 giorni. Resta da capire se le persone asintomatiche o con sintomi lievi svilupperanno una risposta immunitaria adattativa sufficiente. Lo studio del ruolo delle cellule T è ancora in via di sviluppo, ma da un recente studio sappiamo che le persone che risultano negative agli anticorpi per il Coronavirus possono ancora esserne immuni. Inoltre, sembra che le cellule T siano piuttosto resistenti e riescano a produrre una risposta specifica duratura.

    Quanto dura l’immunità?

    La memoria del sistema immunitario ricorda chiaramente alcune infezioni, mentre altre le dimentica. Alcuni virus, come il morbillo o l’epatite A, ci danno la cosiddetta “immunità sterile”, che di solito dura tutta la vita. Ancora non sappiamo per certo quanto duri l’immunità al Covid-19, ma possiamo farci un’idea analizzando l’immunità ad altri sei tipi di Coronavirus umani. Quattro producono i sintomi del raffreddore e hanno un’immunità di breve durata. Uno studio del King’s College di Londra suggerisce che i livelli di anticorpi che uccidono il Coronavirus sono diminuiti nelle persone analizzate nell’arco di tre mesi. Ma anche se gli anticorpi scompaiono, le cellule che li producono potrebbero essere ancora in circolazione. Le cellule B per l’influenza Spagnola sono state trovate nelle persone 90 anni dopo la fine di quella pandemia. Le cellule T contro la Sars, invece, sono state rilevate 17 anni dopo. Se lo stesso discorso fosse confermato anche per il Covid-19, allora un’ipotetica reinfezione sarebbe più lieve della prima.

    Se ho anticorpi, sono immune?

    Questo non è certo. In tutti i pazienti sono presenti alcuni anticorpi, ma non tutti sono in grado di contrastare il Covid. Solo gli anticorpi neutralizzanti sono quelli che si attaccano al Coronavirus e gli impediscono di infettare altre cellule. Uno studio condotto su 175 pazienti guariti in Cina ha mostrato che il 30% presentava livelli molto bassi di questi anticorpi neutralizzanti. Inoltre, anche se protetti dagli anticorpi, non è detto che non possiamo trasmettere il virus ad altre persone. Per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità è preoccupata per i paesi che usano il “passaporto di immunità” per far accedere stranieri all’interno del loro confini.

    Il “passaporto di immunità”

    L’OMS ha pubblicato un documento con le linee guida e una serie di misure sociali per la fase di convivenza col Coronavirus. Alcuni governi hanno suggerito che il rilevamento di anticorpi contro SARS-CoV-2 potrebbe servire come base per un “passaporto di immunità” che consentirebbe alle persone di viaggiare o di tornare al lavoro presupponendo che siano protette dalla reinfezione. Ancora purtroppo non ci sono prove sufficienti sull’efficacia dell’immunità mediata da anticorpi per garantire l’accuratezza di un “passaporto dell’immunità”. Non appena saranno disponibili nuovi studi, l’OMS aggiornerà questo documento scientifico.

    Come si misurano gli anticorpi contro il Covid-19?

    Lo sviluppo dell’immunità contro un agente patogeno attraverso l’infezione naturale è un processo che dura in genere 1-2 settimane. I test di laboratorio che rilevano gli anticorpi contro la SARS-CoV-2 nelle persone, compresi i test immunodiagnostici rapidi, necessitano di un’ulteriore convalida per determinarne l’accuratezza e l’affidabilità. Test immunodiagnostici imprecisi possono classificare erroneamente le persone infettate come negative e le persone sane come positive. I test devono anche distinguere accuratamente tra le infezioni passate da SARS-CoV-2 e quelle causate dall’insieme noto dei sei coronavirus umani. Le persone infette da uno di questi virus possono produrre anticorpi che reagiscono in modo incrociato con anticorpi prodotti in risposta all’infezione da SARS-CoV-2.

    I casi di reinfezione da Covid-19: un evento epidemiologico?

    Dopo essere state infettate, molte persone abbassano la guardia perché credono di essere immuni o incapaci di trasmettere il virus ad altri. Non c’è convinzione più sbagliata: questi soggetti mettono in pericolo la propria salute e quella delle persone vicine. Casi recenti ci hanno insegnato che la reinfezione è possibile. Di fronte a questi casi abbastanza rari, i medici ipotizzano che qualcuno pensava di essersi ripreso quando invece il virus non era completamente neutralizzato; che dopo il decorso della malattia i test abbiano dato un falso negativo; che il loro sistema immunitario abbia mantenuto il virus a livelli troppo bassi per essere rilevato dal test; che al momento del tampone nel naso non fosse presente una gran quantità di virus. Le spiegazioni sono molteplici.

    Tuttavia, la Dott.ssa Joshua Schiffer, esperta in malattie infettive presso il centro di ricerca sul cancro Fred Hutchinson negli Stati Uniti, sostiene che i casi fino ad oggi accertati non costituiscano un evento epidemiologicamente significativo e che ogni reinfezione richiederebbe un esame dettagliato. Per dimostrare che esiste una correlazione tra prima e seconda infezione serve un sequenziamento del primo e del secondo virus per verificare che siano geneticamente diversi.

    Conclusioni: quindi si può prendere il Covid-19 due volte?

    La risposta è sì (come per altri virus), ma con una bassa probabilità. A confortare gli esperti c’è il fatto che il virus ha iniziato a circolare in Cina quasi otto mesi fa e in Italia non molto tempo dopo. Quindi, se la reinfezione fosse stata possibile su larga scala, avremmo già assistito a un evento epidemiologico rilevante. Di fondamentale importanza per limitare il contagio e prevenire nuove infezioni rimangono le stesse misure sanitarie. Ad oggi, senza un vaccino ancora disponibile e con ancora tante incertezze riguardo l’immunità di gregge, la prevenzione, il tracciamento e l’isolamento dei casi sono cruciali nella lotta comune al Covid-19.

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