Farmaci biologici: cosa sono?

I farmaci non vengono prodotti solo con la sintesi chimica ma anche con applicazioni biotecnologiche: scopriamo insieme i farmaci biologici

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    Un farmaco è una molecola che grazie a delle azioni di tipo chimico riesce a modificare alcuni processi patogenetici della malattia permettendo la reversione del quadro clinico associato.
    Sebbene la maggior parte delle preparazioni farmaceutiche siano delle molecole organiche ottenute per processi di sintesi chimica o per estrazione a partire da materiale biologico come fonti vegetali, oggi sta prendendo campo un nuovo concetto di farmaco che è nato dall’applicazione delle biotecnologie al campo farmaceutico: stiamo parlando dei farmaci biologici.

    I farmaci: chimica o biologia?

    Lo sviluppo di un farmaco è stato, fino a un decennio fa, un’attività incentrata quasi totalmente sull’applicazione della chimica organica alla farmacologia. Tutt’oggi i farmaci convenzionali sono prodotti apportando delle modifiche a molecole trovate in fonti animali o vegetali come piante velenose, veleni di insetti, aracnidi o pesci.

    In seguito alla scoperta di un composto naturale avente una spiccata attività biologica si valuta in un primo momento la presenza di effetti a livello di reazioni biochimiche coinvolte nella patogenesi di una malattia, se queste sono presenti il composto suddetto viene inserito nell’ambito di linee di ricerca volte alla modifica della sua struttura chimica finalizzate a:

    • aumentare la sua stabilità;
    • migliorare la metabolizzazione e l’escrezione del composto;
    • migliorare la sua capacità di oltrepassare le barriere biologiche;
    • implementare gli effetti dell’attività biologica associata, trasformandolo in un vero e proprio principio attivo;
    • eliminare eventuali caratteristiche tossiche.

    L’intero processo dura molti anni e richiede una notevole quantità di risorse economiche a causa della complessità degli esperimenti e delle ferree normative che regolamentano la sicurezza di un farmaco.
    Tuttavia non c’è solo la chimica nella ricerca farmaceutica: da quando la biologia molecolare ha iniziato ad essere usata per scopi tecnologici sono nate le biotecnologie, importantissime risorse anche nell’ambito farmacologico, grazie alle quali è stata possibile l’introduzione di una nuova categoria di farmaci, i cosiddetti “farmaci biologici” o “biotecnologici”.

    La rivoluzione dei farmaci biologici

    Un farmaco biologico è fondamentalmente un farmaco proteico, cioè una formulazione farmaceutica laddove la molecola che riveste il ruolo di principio attivo è una proteina.
    Le proteine sono delle molecole molto complesse che non possono essere ottenute per sintesi chimica, infatti il processo di sviluppo di un farmaco biologico è completamente diverso da quello di un farmaco diverso e si “serve” della biologia molecolare piuttosto che della chimica organica.

    I farmaci biologici non nascono da reazioni chimiche ma dalla manipolazione di processi biologici come le fermentazioni o le tecnologie del DNA ricombinante.
    L’ingegneria genetica è stata fondamentale per lo sviluppo di questa importante classe di farmaci.

    Una delle metodologie più comuni è quella di isolare il gene che codifica per una proteine di interesse farmaceutico, e inserirla con l’aiuto di enzimi all’interno di segmenti circolari di DNA batterico chiamati “plasmidi”; questi anelli di DNA vengono inseriti all’interno delle cellule batteriche grazie a delle scariche elettriche: a un batterio non fa differenza avere all’interno del proprio patrimonio genetico un gene in più, quindi inizierà a trascrivere quel gene come se fosse proprio, producendo la relativa proteina. Immaginate questo procedimento ripetuto per una colonia batterica: avremo miliardi di cellule capaci di produrre quantità enormi di molecole proteiche altrimenti impossibili da produrre grazie alla sintesi chimica.

    La maggior parte dei farmaci biologici sono molecole proteiche umane, che hanno un ruolo biochimico nel nostro organismo e pertanto il loro impiego è sottinteso a quelle patologie che nascono da situazioni di carenza o assenza della loro sintesi: l’apporto esterno della molecola in questione determina la reversione del quadro clinico e la guarigione del paziente, o quantomeno un miglioramento della sua condizione.

    Il primo composto ad essere stato ottenuto su scala industriale grazie a questo processo è stata l’insulina: precedentemente i pazienti diabetici usavano insulina ricavata tramite estrazione a partire da pancreas di suino, scarto della macellazione. L’uso dell’insulina porcina poteva generare, in alcuni pazienti, delle reazioni allergiche, inoltre i costi erano particolarmente elevati.

    L’introduzione delle tecnologie del DNA ricombinante ha permesso di superare questi problemi.
    L’insulina ricombinante ha aperto la strada alla produzione biotecnologica di altri numerosi farmaci come l’ormone della crescita, l’eritropoietina (tristemente famosa per essere stata usata come composto dopante), fattori ricombinanti del sangue, ma anche anticorpi monoclonali utili alla cura di infezioni e, primi tra tutti, vaccini.

    Attualmente i vaccini sono in gran parte ottenuti con metodi “biologici” o “biotecnologici”: prima che le biotecnologie entrassero nel campo della vaccinologia, l’immunizzazione era portata avanti grazie a sieri contenenti patogeni uccisi o attenuati, che evocavano una dose di rischio notevole; oggi i vaccini vengono prodotti grazie all’impiego di tecniche di biologia molecolare in cui si riesce a produrre formulazioni contenenti solo le molecole in grado di indurre la risposta immunitaria, senza le componenti virulente del patogeno.

     

    Fonti

    Biologia molecolare – Karp. Concetti ed esperimenti.

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