L’endometriosi, una malattia difficile da diagnosticare, ma che colpisce 1 donna su 10. Si tratta di un accumulo anomalo di cellule endometriali fuori dalla cavità uterina. Questa anomalia causa uno stato di infiammazione cronica dell’apparato genitale, che colpisce spesso anche vescica e intestino, che comporta tendenzialmente un forte dolore a livello pelvico, ma non solo.
Abbiamo parlato con Michela Masat che, a causa della malattia e di una mancata diagnosi, da quando aveva 28 anni è invalida all’85%.
Che cos’è l’endometriosi?
L’endometriosi è una malattia molto diffusa quanto ignorata. Si stima che in Italia ci siano circa 3.000.000, in Europa 14.000.000 e nel mondo 176.000.000 donne che ne soffrono. Non è il solito mal di pancia per le mestruazioni. È molto di più di “un terribile crampo”. Io la immagino come se dentro al mio addome tanti ninja cercano di colpirmi. Si tratta di una patologia femminile, cronica, invalidante ed invisibile (perché se non si vede non esiste) che molto spesso la società tende a minimizzare, ignorare o addirittura a deridere. Viene sottovalutata anche dai medici che banalizzano i nostri dolori, ci considerano delle malate immaginarie. Ci fanno credere che il dolore durante il ciclo sia normale.
È causata dalla crescita del tessuto anomalo al di fuori della cavità uterina (ovaie, tube, vagina, intestino, vescica, reni, ureteri, nervi, legamenti utero sacrali, diaframma, polmoni, ecc.). Questo tessuto, oltre a causare molto dolore, si attacca ad altri organi creando cisti, aderenze, fibrosi, focolai.
Quali sono stati i primi campanelli d’allarme della malattia? Come si è manifestata?
Ho iniziato a star male a 13 anni con i primi dolori durante il ciclo mestruale e con il passare del tempo sempre peggio, il dolore ha iniziato ad essere costante e non solo durante tale periodo. Avevo mestruazioni molto abbondanti, emorragie, che mi duravano anche 2/3 mesi. Non mi reggevo più in piedi, è successo anche che svenivo. Mi davano le pastiglie per il ferro o facevo le flebo ma tutto ciò il mio corpo non lo tollerava e vomitavo. Ero sempre chiusa in casa imbottita di antidolorifici e con la borsa dell’acqua calda.
Mi ricordo che con le mestruazioni avevo molta difficoltà a urinare, dolori che mi facevano urlare e piangere, motivo per il quale i miei genitori mi portavano in pronto soccorso dove i medici mi svuotavano la vescica con i cateteri.
La mia vita sessuale è sempre stata condizionata dal dolore, fin da ragazza. Quello che per le mie amiche era una cosa normale e bella, per me era un incubo, un vero dramma.
Quali sono gli ostacoli più grandi che ti sei trovata ad affrontare?
Nella nostra società, nella maggior parte dei casi, non ci sono problemi se una malattia colpisce un uomo, ma se ce l’ha una donna, allora non è una malattia: è una scusa, è una finzione, vuole dire essere pigra, un’ipocondriaca, un’egocentrica. Il non essere creduta, la non comprensione, l’aver lottato per ben 13 anni prima che il mio dolore avesse un nome. E nel frattempo è stato banalizzato, sottovalutato, deriso da chi mi stavo attorno, fortunatamente non dalla mia famiglia, loro non hanno mai dubitato, ma da amici, medici ed insegnanti… loro sono stati gli ostacoli più grandi che ho dovuto affrontare. E potete capire che per una ragazzina tutto questo non è assolutamente facile. La mia vita è stata totalmente segnata dall’endometriosi e da tutte le sue conseguenze. Ma non mi sono mai arresa nonostante tutto, ho continuato la mia battaglia, anche se non è stato per nulla facile: dolore cronico, gli interventi, le cicatrici (anche quelle del cuore), le mutilazioni, la denervazione, innumerevoli visite ed esami anche invasivi, diverse terapie ormonali e del dolore, la stomia, il peristeen (irrigatore transanale) con 2 lassativi, autocateterismo, il neuromodulatore sacrale, le 8 patologie correlate a lei, le incomprensioni, la solitudine, i pregiudizi, le derisioni, le paure ecc. Tutto ciò può portare questa bastarda malattia, da fuori non si vede ma lei esiste! È un male che si fa fatica a descrivere e far comprendere, ma ti condiziona la vita. Sono invalida al 85% ma per le altre persone io sto bene.
Si può considerare ancora una malattia tabù? Perché non se ne parla ancora come si dovrebbe?
Purtroppo sì, è ancora considerata tale. Troppi tabù ed ignoranza circondano tale patologia. Bisogna educare le persone a superare stigma e vergogna, e i tabù culturali legati alle mestruazioni, rapporti sessuali, corpo e femminilità.
Com’è cambiata la tua vita da prima a dopo la diagnosi?
Ho varie malattie croniche e queste mi hanno stravolto la vita. Tutto è partito dall’endometriosi, ancora quando ero una ragazzina pur non sapendo di averla, la diagnosi è arrivata a 26 anni e nel tempo sono arrivate anche le altre 8. Quando ho ricevuto la diagnosi di endometriosi ricordo che da una parte ero sollevata perché finalmente il mio dolore aveva un nome ma dall’altra avevo tanta rabbia per quelle persone, tra cui anche medici ed insegnanti, che non mi avevano mai creduta e compresa.
Non ho mai avuto una vita come quella dei miei coetanei e fino a pochi anni fa me ne vergognavo. Poi ho capito che non era colpa mia, e cerco ogni giorno di fare del mio meglio per ricordare a me stessa che non è qualcosa di cui vergognarsi. Ho sempre combattuto il dolore ma solo negli ultimi anni ho compreso che lui non è mio nemico ma un maestro di vita.
Come convivi quotidianamente con l’endometriosi?
Io ormai la vivo come un’amica, una compagna che sarà con me per tutta la vita, spesso ci scherzo sopra perché piangermi addosso significherebbe farla vincere, ed io non voglio perché sono più forte di lei; a volte come una nemica che non vuole farmi respirare nemmeno un attimo, non esiste un momento di pace. È un’odiosa intrusa che mi rovina tutti i piani, ma soprattutto da 9 anni a causa sua sono impossibilitata a lavorare. Altre volte me ne dimentico o voglio credere che sia così per poter avere un momento di vita normale come i miei coetanei pur essendo consapevole di pagarne poi le conseguenze, spesso racconto per spiegare i miei comportamenti.
Comunque mi è stata rubata la vita: la mia quotidianità l’ho dovuta riadattare, ho dovuto accettare e rispettare i cambiamenti. L’energia che una volta era infinita si è trasformata in una stanchezza costante e limitante che ha interferito molto nella mia qualità di vita.
Qual era e qual è il rapporto con il tuo corpo (in relazione alla malattia)?
La malattia e le terapie mettono in discussione anche il rapporto con il proprio corpo, debilitato, mutilato, spento.
Io mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo più, facevo fatica ad accettare l’immagine riflessa nello specchio. Facevo il paragone con altre donne e non mi sentivo all’altezza ma inadeguata. Mi vergognavo delle mie cicatrici, soprattutto quando ero in costume, ma poi ho capito che fanno parte di me e ne sono fiera perché mi ricordano quanto forte sono stata quando la vita ha cercato di spezzarmi ma non ce l’ha fatta. Ho capito che non devo sentirmi inadeguata, non ho nulla in meno.
Un consiglio che dò: dovete imparare a vivere il vostro corpo in modo più naturale possibile senza nascondere niente perché siete belle così come siete. Non permettete alle vostre cicatrici di tenervi prigioniere e di farvi vivere nella paura.
Quali possono essere i modi per migliorare la condizione delle donne che soffrono di questa malattia?
Bisogna rivolgersi ad un centro specializzato dove si troverà un’equipe multidisciplinare in grado di seguire le donne con endometriosi nel modo migliore: possono consigliare le giuste terapie e l’iter terapeutico più adatto alla propria condizione. Il ginecologo è la figura più importante ma la presenza di altri specialisti (come ad esempio urologo, proctologo, gastroenterologo, radiologo, nutrizionista, terapista del dolore, ecc.) è necessaria!
C’è qualcos’altro che vuoi aggiungere o un messaggio che credi sia importante trasmettere?
Non è normale soffrire così tanto durante le mestruazioni e che queste interferiscono con le attività quotidiane. Non è normale essere così stanche 24 ore su 24 e non riuscire a svolgere nemmeno le semplici cose. Non è normale non avere il controllo sulle proprie funzionalità viscerali. Non è normale non riuscire a camminare. Non è normale avere dolori durante i rapporti sessuali. Tutti questi sono dei campanelli d’ allarme, non sottovalutateli solo perché vi viene detto che è normale e andate a fare una visita in un centro.
Grazie Michela per aver condiviso con noi la tua testimonianza che speriamo possa essere un aiuto per qualcuno e un passo verso una maggiore consapevolezza di questa malattia per tutti.
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