L’atrofia muscolare spinale bulbare, meglio nota malattia di Kennedy, è una malattia che compare intorno ai 30-40 anni con una lenta progressione e su cui si stanno ancora conducendo ricerche per trovare una cura efficace.
Per sapere di più sul tema delle distrofie muscolari e, più specificatamente, sulla malattia di Kennedy ne abbiamo parlato con il Presidente Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM) Marco Rasconi e con il Professor Massimiliano Filosto, Vice Presidente della Commissione Medico – Scientifica UILDM, Professore Associato di Neurologia presso il Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali dell’Università degli Studi di Brescia, Direttore Clinico del Centro Clinico NeMO Brescia.
Marco Rasconi (Presidente UILDM): ‘UILDM ha l’obiettivo di far incontrare, creare scambi e condivisioni fra persone con la distrofia muscolare’
La distrofia muscolare racchiude un gruppo di malattie genetiche che portano alla perdita di massa muscolare (con progressiva degenerazione dei muscoli cardiaci, lisci e scheletrici) e alla debolezza.
In Italia la lotta alla distrofia muscolare è portata avanti dalla UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), fondata nell’agosto del 1961 da Federico Milcovich.
L’associazione si prefigge, come obiettivi, quello di favorire l’inclusione sociale delle persone con disabilità e promuovere la ricerca scientifica e l’informazione sanitaria sulle distrofie muscolari progressive e sulle altre patologie neuromuscolari.
Prima di affrontare la malattia di Kennedy con il Professor Massimiliano Filosto, Vice Presidente della Commissione Medico – Scientifica UILDM, abbiamo parlato di consapevolezza sul tema della distrofia muscolare e dell’attività della UILDM con il suo attuale Presidente, Marco Rasconi.
Buongiorno, vorrei intanto partire dai numeri e dal tema della consapevolezza sul tema generale della distrofie muscolari, che sono molte e molto diverse tra loro. Quante persone soffrono oggi di distrofie muscolari? Quanta consapevolezza c’è fra le persone comuni, dalla sua prospettiva, su questo argomento?
Le distrofie e le altre malattie neuromuscolari sono circa 200 patologie ereditarie di origine genetica che in Italia colpiscono circa 40.000 persone. Le distrofie muscolari sono tra le più diffuse e se ne conoscono circa 80 forme diverse, che interessano circa 20.000 persone. Sono malattie ereditarie causate da mutazioni in diversi geni che determinano perdita di funzione, riduzione o assenza di proteine necessarie per la stabilità muscolare, con conseguente progressivo impoverimento del tessuto muscolare e deficit di forza di entità, distribuzione ed epoca di comparsa variabili.
Con le nostre attività cerchiamo di fare formazione e informazione ai nostri soci, alle famiglie, ai medici e agli operatori sanitari in generale su queste patologie e sui diritti delle persone con disabilità, perché è importante conoscere tutti gli aspetti per poter affrontare il percorso di vita e di cura più serenamente.
La UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) è stata fondata nel 1961 da Federico Milcovich con l’intento, come riportato sul vostro sito, di ‘favorire l’inclusione sociale delle persone con disabilità’ e per ‘promuovere la ricerca scientifica e l’informazione sulle distrofie muscolari progressive e sulle altre patologie neuromuscolari’. A che punto siamo sul tema dell’inclusione e della ricerca scientifica?
Nel 1961 le distrofie erano malattie poco note. Non si sapeva molto degli aspetti clinici e medici legati alla trasmissione, comparsa e sviluppo di queste patologie. UILDM è nata 60 anni fa in primis con l’obiettivo di far incontrare, creare scambi e condivisioni fra persone con la distrofia muscolare.
Il secondo obiettivo riguarda invece il sostegno e il finanziamento della ricerca scientifica su queste patologie che sono comprese tra le malattie rare. Siamo un’associazione molto radicata sul territorio con 66 Sezioni locali presenti in 16 regioni italiane. Le nostre Sezioni offrono servizi di assistenza, trasporto, Segretariato sociale in rete con le strutture e le associazioni del territorio. La capillarità della nostra presenza è la forza di UILDM perché possiamo rispondere direttamente ai bisogni dei nostri soci – siamo circa 10.000 – e dei 30.000 utenti che ogni anno ci contattano. Tutto questo ci permette di attivare percorsi di autonomia e autodeterminazione nelle persone con disabilità e di sensibilizzazione della comunità. L’obiettivo è l’inclusione delle persone con disabilità, ma siamo consapevoli che anche se tanta strada è stata fatta, c’è ancora molto da fare in termini soprattutto di inclusione lavorativa e scolastica.
Sul fronte della ricerca negli ultimi decenni sono stati fatti molti passi in avanti. La scoperta della distrofina alla fine degli anni ’80 è stata una grande iniezione di fiducia perché ha aperto nuovi fronti di ricerca, in particolare sull’analisi dei meccanismi che stanno alla base di queste patologie al fine di identificare possibili strategie terapeutiche. Ricerca di base e ricerca clinica sono due facce della stessa medaglia che vanno portate avanti insieme per ottenere risultati che diano benefici alla persona.
Un altro aspetto che negli ultimi decenni ha migliorato notevolmente la qualità della vita delle persone con una distrofia è stata la stesura e il continuo aggiornamento degli standard di cura (“standard of care”), ovvero l’insieme delle raccomandazioni per la presa in carico della persona con una malattia neuromuscolare, che considerano ogni singolo aspetto – per esempio cardiologico, neurologico, motorio, nutrizionale, psicologico – in un approccio multidisciplinare. Questo, insieme allo sviluppo di nuovi trial terapeutici e nuove molecole, ha permesso di “spingere sempre più in là” l’aspettativa di vita di chi convive con una distrofia o altra malattia neuromuscolare.
Siete stati protagonisti di progetti di inclusività sociale sui vari temi, dalla scuola allo sport, passando per la musica, il lavoro, il semplice gioco.Quali sono le prossime iniziative che avete in cantiere?
In questi ultimi anni una grossa fetta del nostro impegno è stata dedicata al diritto al gioco per i bambini con disabilità, attraverso due distinti progetti: “Giocando si impara” e “A scuola di inclusione: giocando si impara”.
Da sempre crediamo nell’importanza di dialogare con le nuove generazioni: quest’anno, dopo lo stop dovuto alla pandemia, ripartiremo con il progetto “Diritto all’eleganza” che parla di moda accessibile alle persone con una disabilità motoria entrando e collaborando con le scuole ad indirizzo moda. Il tema della moda inclusiva è un territorio ancora poco esplorato dai marchi di abbigliamento, ma che offre opportunità interessanti. Noi vogliamo fare cultura anche in questo ambito e offrire idee e spunti per il suo sviluppo.
Direi, in generale, che i nostri progetti si sviluppano a 360 gradi, coinvolgendo tutti gli aspetti della vita di una persona.
Professor Massimiliano Filosto (Vice Presidente Commissione Medico – Scientifica UILDM): ‘Alcuni trials clinici sono già stati effettuati’
Entrando nel merito della malattia di Kennedy e dei progressi sulla ricerca abbiamo raccolto anche le parole del Professor Massimiliano Filosto, Vice Presidente della Commissione Medico – Scientifica UILDM, Professore Associato di Neurologia presso il Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali dell’Università degli Studi di Brescia, Direttore Clinico del Centro Clinico NeMO Brescia, che si è reso disponibile ad aiutarci ad approfondire l’argomento.
Buongiorno, per prima cosa vorrei chiederle di spiegarci cos’è e come si manifesta l’atrofia muscolare spinale e bulbare o Malattia di Kennedy con sue parole, forma di atrofia muscolare molto rara e poco conosciuta.
L’atrofia muscolare spino-bulbare (SBMA) o Malattia di Kennedy è una malattia genetica legata al cromosoma X, caratterizzata da degenerazione dei motoneuroni spinali e del tronco encefalico. Dal punto di vista clinico è caratterizzata da crampi e faticabilità, debolezza ingravescente della muscolatura degli arti e anomalie delle funzioni bulbari (disartria e disfagia).
Si manifesta intorno ai 30-40 anni e colpisce il sesso maschile (le donne sono portatrici sane oppure paucisintomatiche). L’aspettativa di vita non differisce generalmente da quella della popolazione generale eccetto che nei casi in cui vi è un importante coinvolgimento respiratorio. Una severa insufficienza respiratoria è tuttavia molto rara in questi pazienti. La progressione di malattia è usualmente lenta e la perdita della deambulazione è infrequente. Oltre al quadro neurologico, i pazienti possono presentare anche segni e sintomi correlabili probabilmente a una insufficienza androgenica quali ginecomastia e disordini della sfera sessuale, ma anche intolleranza al glucosio e osteopenia.
Un recente studio dell’Istituto Mario Negri e dell’Università di Trento ha spiegato come grazie all’Intelligenza Artificiale si potrebbe diagnosticare l’insorgerere della Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) e predirne l’andamento. Può essere anche questa una strada per quanto riguarda la malattia di Kennedy? Quanto e come è diagnosticabile?
A differenza della SLA (una malattia degenerativa che solo in una piccola percentuale dei casi ha oggi un substrato genetico noto e che viene diagnosticata sulla base dell’esame clinico, della storia e degli esami strumentali), la Malattia di Kennedy è una malattia genetica di tipo monogenico, ovvero causata sempre da alterazioni in un singolo gene specifico. Il gene mutato codifica per una proteina che funziona da recettore degli androgeni (ormoni sessuali maschili). La mutazione consiste nell’espansione di una tripletta CAG che viene tradotta a livello proteico in una catena poliglutaminica (poli-Q). Nei soggetti sani si riscontra un numero di ripetizioni variabile da 5 a 36 mentre nei pazienti affetti il numero di ripetizioni è superiore a 38.
La diagnosi definitiva della malattia si ottiene mediante analisi genetica che conferma la presenza della suddetta anomalia nel DNA del paziente.
Quali sono al momento le cure disponibili per quanto riguarda la malattia di Kennedy e quali sono le speranze per il futuro?
Nonostante gli avanzamenti della ricerca nel campo della terapia per le malattie neuromuscolari, al momento non è ancora disponibile una cura efficace per la malattia di Kennedy. Tuttavia, il mondo della ricerca si sta occupando attivamente delle malattie genetiche rare come la Malattia di Kennedy e alcuni trials clinici sono già stati effettuati.
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