Sindrome X Fragile: quando una malattia rara è anche genetica ereditaria

La nostra intervista ad Alessia Brunetti, presidentessa dell'Associazione italiana Sindrome X Fragile

Associazione Sindrome x fragile

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    Tutti noi conosciamo il cromosoma X in quanto uno dei due cromosomi, insieme al cromosoma Y, responsabile della determinazione del sesso negli esseri umani.

    Quello che pochi sanno, però, è che il cromosoma X è ricco di geni, tra cui il gene FMR1, fondamentale per la produzione della proteina FMRP la quale assolve importanti compiti per regolare i processi neuronali, ossia tutte quelle funzioni legate al trasporto di messaggi tra le sinapsi, fondamentali per le nostre capacità cognitive. 

    Quando all’interno del gene FMR1 si ha un aumento eccessivo di ripetizioni di triplette nucleotidiche CGG o, detto in altre parole, i mattoncini che compongono il DNA diventano troppi all’interno del gene, avviene una mutazione del cromosoma X, che smette di funzionare causando la Sindrome X Fragile.

    Sindrome X Fragile

    Questa Sindrome, detta X Fragile proprio perché in presenza di questa mutazione il cromosoma X risulta quasi spezzato, è una malattia genetica a trasmissione ereditaria che si manifesta in varie forme a seconda della sua gravità.

    Tra le sintomatologie più comuni troviamo disabilità intellettiva, problematiche di tipo comportamentale, autismo e particolari tratti somatici come la scarsa tonicità muscolare e orecchie grandi e sporgenti. Tali sintomi sono molto più evidenti nei maschi che nelle femmine, che avendo due cromosomi X possono compensare anche totalmente.

    La prima descrizione della FXS risale al 1943 e la si deve a Martin e Bell, ma è solo nel 1991, grazie all’isolamento del gene FMR1 da parte di Verkerk che sono stati possibili i test molecolari della sindrome e le prime diagnosi ufficiali. 

    Dal 2001, inoltre, vista la sua particolare incidenza, la FXS si trova anche nell’elenco delle malattie rare con una casistica che conta 1 caso su 4000 nella popolazione maschile e 1 caso su 7000 in quella femminile, 

    Ma come si affronta una malattia che, oltre ad essere genetica ed ereditaria è anche rara? Ne abbiamo parlato con Alessia Brunetti, presidentessa dell’Associazione Italiana Sindrome X Fragile.

    Ciao Alessia, innanzitutto raccontaci un po’ dell’Associazione, di com’è nata e di cosa si occupa.

    L’associazione nasce nel 1993, quindi due anni dopo l’isolamento della molecola FMR1. Inizialmente si trattava di una semplice unione di medici interessati allo studio della sindrome con le famiglie dei pazienti. 

    Da questa sinergia è poi nata una Associazione, poi divenuta Onlus e ora ODV che ad oggi conta 8 sezioni territoriali e 5 gruppi territoriali.

    Per quanto riguarda le attività svolte, ci occupiamo di dare supporto alla ricerca, grazie anche ai nostri partner e soprattutto diamo supporto alle persone con questa sindrome e alle loro famiglie e ci impegniamo per sensibilizzare e far conoscere il più possibile la malattia, per poter avere più diagnosi sempre più tempestive.

    Quindi, nonostante si tratti di una malattia genetica ereditaria, le diagnosi sono tardive?

    Purtroppo in Italia l’attenzione per questa malattia è ancora molto poco efficace. Nonostante sia classificata come unica causa monogenica di autismo, verificabile con un semplice test, le diagnosi arrivano in genere non prima dei 4/5 anni e questo perché molto spesso si sottovalutano i sintomi legati ai ritardi della crescita oltre che per una più diffusa ignoranza rispetto alla componente ereditaria della X Fragile.

    È quest’ultimo infatti, uno degli aspetti più cruciali per la conoscenza di questa condizione.

    La Sindrome X Fragile infatti si sviluppa quando la ripetizione di triplette nucleotidiche CGG supera i 200, quello che molti non sanno però è che queste ripetizioni vengono classificate in 4 gruppi:

    • normale (5-45 ripetizioni)
    • intermedio (45-55 ripetizioni)
    • premutazione (55-200 ripetizioni)
    • mutazione (200+ ripetizioni)

    Trattandosi di una malattia ereditaria, avere una diagnosi di premutazione significherebbe già essere un passo avanti rispetto alla malattia: i soggetti con premutazione infatti, hanno il 50% di possibilità di avere figli con la FXS. Va da sé quindi, che riuscendo a identificare la premutazione ci sarebbero molte più diagnosi precoci della Sindrome X Fragile e soprattutto si darebbe a molte coppie la consapevolezza rispetto alla pianificazione di future gravidanze.

    Come si fa a sapere di essere un soggetto con premutazione?

    Per sapere se si è un portatore di premutazione è necessario fare un test X Fragile. Ciò a cui dobbiamo fare attenzione sono i sintomi e le patologie, spesso legate alla premutazione e che dovrebbero fungere da campanello d’allarme. Si tratta di problemi legati alla fertilità, patologie come la menopausa precoce e tremori intenzionali con atassia cerebrale: sintomi apparentemente scollegati, ma che con un semplice test ci possono identificare come portatori della premutazione X Fragile.

    Oltre alla ricerca e alla sensibilizzazione, l’associazione si occupa anche dell’aspetto relazionale e inclusivo delle persone affette da FXS, c’è un progetto particolare di cui ci vuoi parlare?

    Attenzionare l’aspetto sociale delle persone con Sindrome X Fragile è fondamentale per noi. La ricerca genetica sta evolvendo e potrebbe effettivamente portare ad una cura, ne sono più che sicura, ma nel frattempo queste persone devono poter avere una vita piena e fiorente.

    Per questo è necessaria una rete sociale, che sostenga sia le persone con X fragile, sia le loro famiglie. Si tratta di persone che affrontano percorsi psicologici non facili, che fanno fatica ad integrarsi,  e per questo motivo tramite l’associazione promuoviamo la creazione di itinerari e progetti che permettano l’inserimento in contesti di inclusività che funzionino non solo per gli X Fragile ma per tutti i soggetti più fragili e spesso tenuti ai margini della nostra società. Ed in questi percorsi le nostre famiglie, spesso affaticate, sono le prime a dover essere sostenuto perché a loro volta possano sostenere. 

    Se penso ad un progetto di cui sono molto fiera ma che ci ha dato anche tanto da pensare è il progetto Erasmus. 

    ragazzo con sindrome x fragile lavora in un ristorante

    Circa un mese fa due ragazzi della nostra associazione hanno intrapreso un’esperienza post diploma a Malta dove hanno lavorato presso un ristorante. Sono partiti accompagnati da due educatori con i quali hanno condiviso un appartamento.

    Una vera e propria sfida che si è conclusa il 16 Novembre, che ha messo in luce le enormi potenzialità di questi ragazzi. Certo non è stato semplice pensare che si potesse fare, ma come tutte le grosse sfide, la soddisfazione nel vincerla è stata grande: non tanto per noi, quanto per questi meravigliosi ragazzi che ci dimostrano che, quando apriamo itinerari di possibilità, le strade diventano percorribili. 

    Sa quando ho capito che la prova era veramente riuscita? All’inizio ci sentivamo su Zoom tutte le sere, dopo una settimana alla mia richiesta di sentirci di venerdì sera mi è stato risposto un sonoro NO! 

    Erasmus sindrome x fragile

    Fonti

    www.xfragile.net

     

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