Chi sente il bisogno interiore di partire alla scoperta di nuovi angoli del mondo potrebbe essere affetto dalla sindrome di wanderlust: si tratta di una vera e propria ossessione per i viaggi, intesi in modo del tutto diverso da una semplice vacanza. La wanderlust può però tradursi anche in una nostalgia eccessiva di ciò che, spostandosi continuamente in posti sempre diversi, lasciamo, e in irrequietezza, quando è un modo per sfuggire alle frustrazioni e alle incombenze. Quali sono le caratteristiche di chi prova wanderlust?
Cos’è la wanderlust?
La parola wanderlust è di origine tedesca e non esiste una parola italiana corrispondente: possiamo tradurla con l’espressione “desiderio di viaggiare” o con la parola di origine greca “dromomania”, che toglie molto, però, alla poeticità del termine.
Wanderlust infatti si compone di due parole:
- wandern: un verbo tedesco che significa girovagare, camminare, peregrinare
- Lust: un sostantivo sempre tedesco che significa desiderio, con una sfumatura erotica (come conferma anche l’utilizzo inglese di “lust”); si tratta quindi di un desiderio viscerale, un vero e proprio istinto
Anche per la sua origine di parola composta e semanticamente così pregnante, è molto difficile tradurla, non solo in italiano, ma anche nelle altre lingue; per questo viene usata come un prestito linguistico.
Storicamente si afferma con il Romanticismo tedesco e la figura del viandante, ma il bisogno di viaggiare alla scoperta di mondi nuovi e per superare i confini di ciò che è conosciuto possiamo dire sia connaturata all’essere umano: a partire dal lungo periodo in cui la specie umana era nomade, fino all’epoca dei grandi esploratori, come Colombo o Vespucci, e alla consuetudine dell’aristocrazia europea di intraprendere un Grand tour nell’Europa continentale a partire dal XVIII secolo.
E non va dimenticata la figura che forse più di tutte è simbolo della necessità di viaggiare e racchiude in sé, anche se anacronisticamente, il significato della parola wanderlust: Ulisse, emblema dell’ingegno e della curiosità umana, spinto a viaggiare da forze più grandi di lui (nel suo caso il volere degli dei); Ulisse viaggia perché non può sottrarsi al bisogno di andare oltre i confini di ciò che è conosciuto.
Anche oggi il desiderio di viaggiare è diffuso, ma diversamente da quello che si pensa non è una moda influenzata dalle foto seducenti e incantevoli dei molti travel blogger che “abitano” Instagram; sembrerebbe infatti che il bisogno di partire sia scritto nel nostro DNA.
Una ricerca pubblicata sulla rivista “Evolution and Human Behaviour”, ripresa dal giornalista statunitense David Dobbs (che scrive di scienza e natura per “National Geographic”), individua infatti un gene, recettore della dopamina, un ormone che regola la curiosità e la sensibilità agli stimoli esterni, fra le altre cose; la presenza di questo gene determinerebbe la wanderlust. Si riscontra in circa il 20% della popolazione, una persona su cinque, ed è più frequente in quei gruppi che hanno una storia caratterizzata da migrazioni e spostamenti frequenti.
Soffri della sindrome di Wanderlust?
Quali sono le caratteristiche di una persona che soffre della sindrome di wanderlust? In primo luogo il desiderio di viaggiare, ma anche:
- la curiosità, che porta a conoscere luoghi, persone, culture e stili di vita diversi dal nostro
- amore per l’avventura: l’ignoto non spaventa, perché rappresenta una nuova possibilità di scoperta
- dare la priorità, anche economica, ai viaggi
Insomma, sono persone che, quando non viaggiano, sognano e progettano già la prossima meta. Come dice il proverbio, però, “Sai quello che lasci ma non sai quello che trovi”: partire significa sempre lasciare una parte di sé nel posto da cui ce ne stiamo andando, e con questa rapporti umani e ricordi.
Wanderlust e Fernweh
Per quanto possa apparire entusiasmante la vita di chi mette al primo posto il viaggiare, pone anche di fronte a separazioni difficili da affrontare, e che possono causare una nostalgia acuta e debilitante. Si tratta di “Fernweh”, letteralmente “nostalgia della lontananza”.
Viaggiare significa partire, e chi lo fa sa che spesso implica dividersi da ciò che si è incontrato e che rappresenta ormai una parte della propria vita; Fernweh è quindi la nostalgia di qualcosa che è lontano, ma che non è casa (si parla in questo caso di Heimweh), e che continua a influenzare il presente, tanto da mancarci perché assente.
Possono essere le persone incontrate, spesso chi soffre di sindrome di wanderlust ha amici ai quattro angoli del mondo, ma anche le abitudini, i luoghi visitati o il panorama che ha fatto da sfondo all’ultimo viaggio: la sensazione è che una parte di sé sia sempre altrove.
Vivere viaggiando
Ci sono persone che hanno fatto del viaggiare il proprio stile di vita a tempo pieno, da soli, con i propri partner o con tutta la famiglia: persone che hanno lasciato un lavoro sicuro, una casa e una vita già avviata per partire all’avventura, molto spesso.
Soprattutto all’inizio, molti partono sfruttando piattaforme in cui si offre vitto e alloggio in cambio del proprio lavoro, ma la tecnologia aiuta a rendere questo stile di vita sostenibile sul lungo periodo: i cosiddetti nomadi digitali possono lavorare ovunque nel mondo e spesso il loro lavoro si lega al viaggio stesso, raccontato attraverso i social.
Chi vive così il viaggio è del tutto estraneo al concetto di “vacanza” come momento di riposo e relax, durante il quale saranno gli altri ad occuparsi di noi, cucinando, pulendo e lavorando al posto nostro.
E se negli anni di pandemia le condizioni sanitarie hanno imposto a molti di questi nomadi digitali di fermarsi, hanno anche dato ad altri la motivazione necessaria per lasciare tutto e partire. Quello che serve è un biglietto di sola andata, un’assicurazione sanitaria e tutta la propria voglia di vivere un’avventura.
Lascia il tuo commento