Pharmercure, ecco l’azienda e-commerce che porta i farmaci a casa

Ne abbiamo parlato con il CEO Maurizio Campia: ‘Siamo la tavola da surf per cavalcare l’onda dell’innovazione farmaceutica’

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    Quattro teste che si mettono insieme e un’idea che dai banchi dell’Università  di Torino esplode in un progetto di cui, probabilmente, sentiremo parlare sempre di più. Parliamo di Pharmercure, la piattaforma che si pone come un ponte fra persone e farmacie, dall’animo giovane, proiettata nel futuro e ben consapevole delle esigenze delle parti, in un mondo l’e-commerce di prodotti health e pharma è sempre più in crescita. Ho raggiunto telefonicamente il giovane CEO Maurizio Campia, con il quale ci siamo fatti una lunga chiacchierata, a partire dalla nascita di Pharmercure fino alle prospettive che attendono l’azienda.

    Ciao. Vorrei partire dalle origini di Pharmercure che risalgono ad appena tre anni fa ed è la storia di quattro ragazzi (Maurizio Campia, Gianluca Abate, Federico Mecca e Thomas Pullin), studenti dell’Università  di Torino, che vincono con il professor Dario Peirone il progetto torinese Start up Creation Lab. Ti va di raccontarmi come è nata l’idea?

    L’idea nasce dall’osservazione del mercato. Vedevamo soluzioni di delivery nelle principali categorie merceologiche come il food, dove c’era la possibilità  di ordinare online e vedersi garantita una rapida consegna a domicilio. Nella terza grossa categoria merceologica di consumo, quella dei farmaci, non avevamo ancora visto questo tipo di innovazione, ad esclusione di una simile negli Stati Uniti che poi, poco dopo, abbiamo visto essere stata acquisita da Amazon, diventando di fatto Amazon Pharmacy (e di cui noi vi abbiamo parlato lo scorso mese).

    Abbiamo, quindi, capito che il mercato era interessante, che c’era un’esigenza crescente di innovazioni nell’ambito delle farmacie, in Italia e in Europa, e abbiamo dunque deciso di cogliere questa opportunità  e di fare la nostra parte per cercare di innovare il settore creando benefici, tanto per gli utenti, con soluzioni di ordini online e delivery, a cui sono stati abituati in altri settori, quanto per i farmacisti, dando loro degli strumenti per digitalizzarsi e soddisfare delle nuove esigenze dei clienti; senza stravolgere la loro professione e senza sostituirci come avrebbero fatto invece i players più grandi e stranieri.

    Quali sono stati i primi passaggi per metterla in pratica?

    Il primo passo è stato quello di un grandissimo studio del contesto normativo e legislativo; siamo in un ambiente estremamente delicato in cui noi portiamo in rete la farmacia ma, in Italia, è illegale vendere farmaci online. Per questo abbiamo lavorato per creare un’esperienza d’uso per l’utente simile a quella di un e-commerce, garantendo quindi una piattaforma ma senza incappare in quelle che sono le normative di vendita online. Noi, infatti, permettiamo di ordinare ma non vendiamo direttamente il prodotto; sono sempre le farmacie a cui arriva l’ordine che decidono se erogare, cosa e quando. Dall’altra parte, ovviamente, ci siamo messi a testare il servizio, prima su Asti che è una piazza molto più piccola, di cui io sono peraltro originario, con due farmacie sul territorio, facendo noi in primis le consegne.

    Abbiamo visto chi era che ci apriva la porta, che tipo di clientela stessimo servendo e perché le farmacie volevano il nostro servizio; soprattutto ci siamo resi conto di come funzionava una farmacia da dietro. Questo ci ha permesso poi di arrivare a fine del 2017, agli ultimissimi giorni dell’anno, a fondare l’azienda, la società . Dal 2018 in poi abbiamo sviluppato le tecnologie, i primi accordi commerciali con le farmacie, quelli con i corrieri e pian piano abbiamo creato un business che adesso è un’azienda effettiva, stabile sul mercato, in crescita.

    Per chi non conoscesse il vostro servizio o non lo avesse mai utilizzato (al momento è attivo in 22 comuni), come funziona?

    Il servizio permette all’utente di ordinare sulla nostra piattaforma Pharmercure.com un qualsiasi prodotto acquistabile in farmacia, compresi i farmaci con ricetta. Questa è una delle principali differenze che abbiamo rispetto ad altri player già  presenti sul mercato. Ricercando per nome, per sintomo, per casa produttrice, all’interno del nostro database si possono selezionare prodotti, visualizzarne tutte le informazioni (il famoso bugiardino, il prezzo stimato, etc.) e comporre il carrello. A questo punto si sceglie la farmacia su una selezione basata tra quelle partner, disponibili sulla zona in cui ci si trova, e l’utente è libero di selezionare quella che preferisce.

    Inserite le eventuali specifiche, caricate la ricetta se ce n’è bisogno o con il codice della ricetta NRE, si può richiedere consegna al mattino o al pomeriggio, appuntando eventuali note, inserendo come si vorrà  effettuare il pagamento che è alla consegna e che può essere fatto sia con mezzi elettronici che in contanti. L’ordine viene poi ricevuto dalla farmacia selezionata tramite una sua interfaccia che si mette in contatto con l’utente, solitamente tramite una telefonata in cui gli conferma il prodotto e il prezzo, o gli propone un cambiamento nel caso quel farmaco non sia presente. Nel caso la persona abbia bisogno di un prodotto preciso, l’interfaccia gli propone la consegna il giorno successivo, così da avere il tempo di ordinarlo.

    Il sistema fa quello che solitamente fa un farmacista al banco quando gli si presenta una richiesta, rispondendo in relazione alla sua disponibilità e dando il suo consiglio professionale. Quando l’ordine è completato il nostro corriere alla data e all’ora indicata si presenta in farmacia a ritirare il prodotto, si reca al domicilio, fa la consegna e incassa il pagamento, in contanti o con moneta elettronica. Le consegne, ogni giorno, sono solitamente effettuate in due diversi slot, tarda mattinata e tardo pomeriggio. Ma esiste anche una seconda modalità …

    Cioè?

    È quando la farmacia riceve una richiesta fuori dalla nostra piattaforma direttamente dalla persona. A quel punto il dottore non fa riferimento a una propria auto-organizzazione ma si avvale dei nostri servizi. Le persone anziane, ad esempio, possono avere difficoltà  a utilizzare la tecnologia, magari non conoscono il nostro brand o non sanno utilizzare la piattaforma, e comunque le serviamo noi, nella modalità che ti ho detto.

    Leggendo altre interviste che vi hanno fatto, ho letto che all’inizio c’era un po’ di diffidenza presso i farmacisti rispetto al servizio che proponete. Come siete riusciti a superarla?

    Sicuramente facendo capire ai farmacisti che siamo dalla loro parte, nel senso che tutto il nostro sviluppo si è basato sul voler diventare loro alleati e mai sostituirci; mettiamo in risalto la farmacia, il fatto che collaboriamo con loro, e non tendiamo mai a oscurarli. Ovviamente c’è poi la qualità  logistica che garantisce il portare la faccia della farmacia a domicilio con un servizio di qualità, con persone selezionate, formate e ben inquadrate, anche rispetto ad altri delivery. Poi certamente c’è il fattore tempo; le tendenze di consumo dei consumatori, dei privati cittadini, vanno sempre più nella direzione dell’online e del delivery, anche sulla farmacia, che l’emergenza coronavirus ha accellerato.  Considera che se un anno fa parlavamo con una farmacia avevamo ancora risposte, talvolta, del tipo: ‘ma…no…secondo me non serve…non funzionerà così’. Oggi ormai quasi nessuno ci dice ‘no, il servizio a domicilio non serve’ e chi lo fa la usa spesso come scusa perché è indaffarato in altre cose, ha altre priorità.

    I farmacisti che vediamo più innovativi e più attenti verso la sostenibilità futura del loro business sanno che devono avvicinarsi al cliente, servendolo per come si comporta, e noi siamo esattamente questo: uno strumento atto alla soddisfazione dei clienti e che ovviamente mira anche a portarne di nuovi in farmacia grazie alle nostre piattaforme online. Queste componenti ci hanno sicuramente un po’ aiutato, oltre al fatto che sempre più farmacie sono presenti sulla piattaforma e le collaborazioni con alcune aziende o associazioni importanti hanno dato ancora più credibilità  al servizio, cosa che magari nel 2018 non avevamo.

    Le consegne sono cresciute nel tempo, a partire dalle 15.000 del primo anno. Poi è arrivato il Covid-19 in cui Pharmercure è esploso. Come avete gestito, da un punto di vista di riorganizzazione interna del servizio, le prime fasi dell’emergenza sanitaria?

    Nella primissima fase pre-lockdown ci siamo concentrati sulla richiesta che era più acuta rispetto a prodotti come mascherine e disinfettanti, cercando di approvigionarci per conto dei nostri clienti. Avevamo tanta richiesta di questi prodotti e noi siamo riusciti a garantire un po’ di disponibilità, seppur limitata, soddisfacendo quella domanda che era importante. Poi ci siamo resi conti che il mondo stava cambiando, non solo per la richiesta di certi prodotti, ma anche perché si stava andando verso una limitazione alla circolazione e quindi il nostro servizio da utile diventava essenziale, fondamentale in quel periodo. Quindi abbiamo un po’ lasciato stare quei prodotti, dicendo: ‘Ok, quello che abbian fatto lo abbiamo fatto. Adesso concentriamoci a far scalare il modello perché avremo sempre più richieste del nostro servizio core, ovvero la consegna di farmaci, perché le persone avranno difficoltà  ad andare in farmacia’.

    Così dal 7 marzo in poi ogni giorno é stata un’avventura fino ad aprile. Eravamo tutti in remoto e inizialmente abbiamo scalato con le persone, quindi assumendo nuovi collaboratori, in particolare nella parte di customer care per gestire un volume mostruoso, quantomeno paragonato ai volumi precedenti, poi sviluppando le tecnologie necessarie a rendere sostenibile quel tipo di crescita, implementando nuove tecnologie che automatizzavano dei lavori interni che facevamo ancora manualmente; questo ci ha permesso di sostenere volumi sempre crescenti fino a maggio, quando lentamente si é sgonfiato tutto. Ovviamente non siamo riusciti, nei giorni più caldi, a portare a termine tutte le consegne che ci sono state richieste e ci sono stati ritardi ma molto contenuti, stando su una media di ritardo delle consegne al massimo di meno di mezza giornata; contando che invece players molto grandi come Amazon, o Esselunga, facevano aspettare dieci giorni o due settimane, per gli ordini, siamo rimasti molto soddisfatti.

    È stata la prova che il modello di business che stavamo costruendo, con tutti gli errori e gli aggiustamenti che abbiamo poi fatto, era corretto. Quella di marzo e aprile è stata una lezione per correggere il tiro, soprattutto su cose che pensavamo costruite bene e che invece con un po’ di volumi sono andate in sofferenza. Siamo migliorati molto dal punto di vista della maturità , delle persone e delle tecnologie e dei processi aziendali che impieghiamo ormai ogni giorno.

    Pharmercure ha fatto la sua parte anche dal punto di vista della solidarietà  durante l’emergenza. Per Torino City Love avete garantito, ogni giorno, un certo numero di consegne gratuite. Come è nata questa collaborazione?

    Nel primo lockdown, dopo la prima settimana in cui abbiamo pensato soprattutto come strutturarci, abbiamo un pochino alzato la testa e detto: ‘Ok, siamo in una situazione in cui il nostro servizio è essenziale e quindi come primo focus dobbiamo garantirne il buon funzionamento. Però siamo anche imprenditori che credono fortemente nel ruolo sociale che la nostra impresa può avere, al di là del profitto, del business e delle metriche’. Abbiamo quindi deciso di fare la nostra parte quantomeno sulla città  di Torino che è la nostra sede ed è la città che ci ha dato molto e a cui volevamo dare indietro almeno un po’; abbiamo deciso di garantire il nostro servizio in maniera gratuita fino a un determinato numero di consegne ogni giorno per tutti i cittadini che ne volessero usufruire, senza distinzioni di alcun tipo, né di età , né di condizioni patologiche, né di nient’altro. Un servizio veramente per tutti, perché eravamo tutti in difficoltà.

    Questo lo abbiamo fatto in parte auto-finanziando l’iniziativa, in parte collaborando con altre nostre farmacie partner che hanno sposato l’iniziativa. Noi abbiamo deciso di informare le farmacie di quello che stavamo facendo e alcune si sono fatte avanti, dimostrando solidarietà  nella solidarietà . Questo secondo me è stato un gesto molto bello di cui hanno usufruito migliaia di cittadini in quel periodo e per quanto piccolo è stato un contribuito di cui andiamo sicuramente fieri.

    Ad oggi il servizio Pharmercure è attivo, come detto, in 22 comuni in tutta Italia e 13 città principali (Asti, Biella, Ivrea, Milano, Napoli, Novara, Parma, Roma, Torino, Udine, Vercelli, Ferrara e Genova). In base a quali criteri decidete di aprire in una determinata città? Nel medio-lungo periodo state pensando a qualche altra città?

    Il prossimo anno noi abbiamo in programma l’apertura di decine e decine di nuove città . Non posso ancora condividere il numero effettivo ma moltiplicheremo per vari multipli il numero delle zone coperte. Questo perché sappiamo che il servizio ha un’importanza sempre crescente e ci viene richiesto, anche per zone dove la densità  è più bassa, dove magari non ci sono neanche servizi simili in forma autorganizzata e dove le farmacie sono magari più distanti e la popolazione è più anziana.  Abbiamo costruito un sistema di valutazione delle priorità  su tutte le città  del territorio italiano basate su variabili che noi definiamo esogene (densità  abitativa, numero di farmacie per popolazione, morfologia del territorio e altri fattori) e sulle richieste di collaborazioni. Diverse farmacie ci hanno già  manifestato il loro interesse per zone dove non siamo ancora, dicendoci: ‘Quando ci siete, chiamate’.

    Abbiamo poi un nostro responsabile logistica che ogni giorno è a lavoro per contattare nuovi fornitori e una parte sales che si occupa di individuare nuove farmacie per crescere, in maniera continuativa, su nuovi territori, diffondendo il nostro servizio. Ormai sappiamo che la scala nazionale è la misura su cui dobbiamo confrontarci e non siamo più l’azienda che testa il servizio ad Asti o Torino.

    Passata la pandemia, cosa vi aspettate dal futuro? Quali sono i vostri programmi e le vostre speranze?

    Passata la pandemia, speriamo il prima possibile, ci aspettiamo sicuramente una maggior consapevolezza del digitale. L’approvvigionamento di farmaci a domicilio e più genericamente di prodotti mai come in questo periodo storico, nella nostra storia moderna, ha subito un cambiamento così rapido e così repentino e i farmacisti lo stanno accettando, comprendendo che innovazione non vuol dire distruzione. In tanti settori, purtroppo, molti players stranieri hanno rinnovato distruggendo scavalcando o sostituendo e noi, così come tante altre aziende in Italia, stiamo perseguendo un modello di innovazione che aggiunge un pezzo alla torta, la famosa filosofia americana “grow the pie” invece che la filosofia “grab the pie”, cioè prendi un pezzo della torta, togliendola a qualcuno.

    Noi lavoriamo per aggiungere un pezzo alla catena del valore e crediamo che i farmacisti accetteranno sempre di più questa innovazione, non soffrendola ma prendendola in braccio, cavalcandola. Quello che noi diciamo è che siamo uno strumento che, come se fosse una tavola da surf, deve essere usato per cavalcare un’onda di innovazione che arriva. L’unica cosa che ci infastidisce è chi nega che questa cosa possa arrivare. Io dico sempre che ci sono due soluzioni: o prendere la tavola da surf e quindi provare a cavalcarla e ottenerne il giusto vantaggio anche competitivo oppure stare fermi, negarla e a un certo punto farsi travolgere. Quest’ultimo è il modello da cui noi cerchiamo di allontanarci e cerchiamo attraverso il nostro lavoro di far allontanare anche le farmacie che nella nostra filosofia non possono e non devono essere sostituite, rese estremamente commerciali o cambiate nel dna.

    Per concludere vado sul personale. C’è un episodio, una situazione, un commento o una qualsiasi cosa che ti ha colpito in questo ultimo periodo di attività?

    Ce ne sarebbero mille, ti dico l’ultimo che è quello che ho più in mente ed è di stamattina (21 dicembre 2020, ndr), fresco fresco. Sono arrivato in ufficio e ho trovato un pacco con dentro una decina di panettoni. Ho chiesto ai colleghi se qualcuno li avessi ordinati, per portarseli a casa, visto che l’ufficio si usa ormai anche come un centro, un hub (ride, ndr), e invece mi hanno detto che è stato un nostro corriere che ha deciso come ringraziamento per la collaborazione quest’anno, per tutto quello che abbiamo affrontato insieme, per il fatto che lui ha lavorato e si è sostenuto anche grazie a noi e al nostro sviluppo, di fare questo gesto che è del tutto inaspettato, visto che solitamente i panettoni li mandano le aziende ai propri collaboratori e non il contrario, tanto meno in un ambito delivery dove le polemiche mi sembra che siano ancora tantissime, tra lavoratori e aziende.

    È un episodio, però intanto è una cosa che ci ha veramente stupito e ci conferma che il mondo in cui stiamo portando avanti le cose anche in termini etici, di rapporto, di come vogliamo sviluppare le relazioni che costruiamo con i nostri fornitori, i nostri corrieri, le nostre farmacie, i nostri clienti, alla fine è premiante. Non esistono solo le metriche, siamo un’azienda di persone anche se c’è tantissima tecnologia e alla fine questi gesti ripagano di tutto. Ci ha fatto molto piacere, soprattutto alla fine di un anno dove i corrieri hanno avuto un ruolo così fondamentale, anche difficile, esposti in prima linea.

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