Travaglio: inizio, segnali e fasi

Quante volte, in questi nove mesi, vi siete immaginate questo momento? Cosa succede davvero nella fase finale della gravidanza? Ecco tutto quello che c’è da sapere

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    Il travaglio è il momento finale della gravidanza: si apre con la fase prodromica e si conclude con la nascita del bambino. Impossibile sbagliare: quando una donna entra in travaglio lo sa. È la fase del parto, infatti, che si annuncia con segnali (fin troppo!) chiari. Ma cosa succede esattamente durante il travaglio? Cosa deve aspettarsi la futura mamma? Ecco una mini-guida per capire come inizia e come si svolge questo percorso di avvicinamento al parto vero e proprio.

    Fase prodromica: cosa sapere?

    Il momento tanto atteso è finalmente arrivato. State per conoscere il vostro bambino! Tuttavia, se non è stato programmato un cesareo per motivi medici, perché ciò avvenga dovrete prima passare dalle varie fasi del cosiddetto parto naturale, ovvero quello che avviene senza per via vaginale senza interventi medici. E la prima fase del viaggio è proprio il travaglio, che ha ufficialmente inizio con contrazioni preparatorie, irregolari, più o meno intense ma sopportabili (simili al dolore mestruale, per intendersi). Può accompagnarsi con altri segnali, come ad esempio qualche episodio di dissenteria e spossatezza o – il più significativo – la perdita del tappo mucoso (sostanza gelatinosa che “ostruisce” il collo uterino).

    Generalmente, la futura mamma affronta tutto questo nel comfort di casa: il dolore non è ancora intenso e non c’è alcuna fretta di correre all’ospedale. Per altro, i tempi di questa fase possono variare: da qualche ora a qualche giorno (soprattutto se le contrazioni, con il passare del tempo, anziché aumentare diminuiscono fino a sparire).

    Cosa sta succedendo al corpo della donna? Il collo dell’utero sta lavorando per appiattirsi e accorciarsi.

    Rottura delle acque: ci siamo!

    Due sono i segnali incontrovertibili che le future mamme sono entrate (finalmente) in travaglio vero e proprio. Il primo è quello che, comunemente, chiamiamo “rottura delle acque”. In realtà, quella che si rompe è la sacca che contiene bambino e liquido amniotico (il cosiddetto sacco amniotico): la partoriente se ne accorge poiché sentirà distintamente scendere dalle parti basse abbondante liquido caldo, trasparente e inodore. Se la rottura spontanea avviene a casa, occorre raggiungere subito l’ospedale.

    L’altro segnale è l’arrivo delle famose contrazioni, quelle “buone” per intendersi, laddove per buone si intende contrazioni ravvicinate, ritmiche (ogni 10 minuti almeno) e percepibili chiaramente a livello lombare e ai fianchi: anche in questo caso, se la mamma è sempre a casa dovrà recarsi prontamente in ospedale.

    Le fasi del travaglio

    Nello stadio iniziale, in cui le contrazioni sono ancora deboli e distanziate, la cervice inizia il suo percorso di dilatazione che, in questa fase, può raggiungere i 3 cm.  Quando le contrazioni accorciano la frequenza e si fanno più dolorose (fase cosiddetta attiva) la cervice continua a dilatarsi fino a 4 cm e oltre. La stessa cosa che succede nella fase di transizione che termina al raggiungimento dei 10 cm di dilatazione: a quel punto la mamma inizierà a spingere per far uscire il bambino. Nell’ultima fase del travaglio –  secondamento le contrazioni proseguono per far espellere la placenta. Definire la durata di ciascuna fase è difficile: tendenzialmente, nelle donne al primo parto, l’inizio del travaglio vero e proprio potrebbe partire anche 6-8 ore dopo le primissime contrazioni (quelle deboli e ancora sopportabili).

    Da tenere presente che da quando ha inizio lo stadio attivo del travaglio (contrazioni forti e sempre più ravvicinate), la cervice dovrebbe dilatarsi di almeno 1 cm all’ora.

    Fase attiva e di transizione: che succede?

    La fase attiva, abbiamo detto, è quella in cui la cervice è dilatata di almeno 4 cm. Le contrazioni, che si ripetono più o meno ogni 2/5 minuti con una durata compresa tra i 25 e i 60 secondi, sono molto dolorose.

    E’ a questo punto che la partoriente può richiedere l’epidurale, ovvero il più comune tipo di anestesia utilizzata per alleviare il dolore durante il travaglio (seppur sia il medico anestesista ad avere l’ultima parola sul suo effettivo impiego). La fase attiva sfocia poi nella fase di transizione, quella in cui la cervice continua a dilatarsi (probabilmente avrà raggiunto i 7/8 cm di dilatazione), il bambino preme e si fa sempre più impellente la voglia di spingere (a cui però non bisogna cedere se l’ostetrica non ha dato l’ok; il rischio di lacerazioni è purtroppo molto alto senza una dilatazione completa). Le contrazioni a questo punto non danno più praticamente tregua: si presentano in tutta la loro forza ogni 2/3 minuti e durano 60/90 secondi.

    Inutile nasconderlo: è il momento più difficile per la partoriente, in cui al dolore, si possono sommare sintomi quali nausea, vomito, voglia di defecare, tremori, stanchezza, brividi o calore: tutto totalmente nella norma. Quando la dilatazione ha raggiunto gli agognati 10 cm, si passa dal travaglio al parto vero e proprio, ovvero la fase di espulsione, quella che ci consentirà di abbracciare, finalmente, il bambino.

     Si può facilitare il travaglio?

    Se il travaglio è fisiologico, la futura mamma potrà affrontarlo nella propria stanza (o in spazi appositi) e fare tutto ciò che le consente di alleviare il dolore e favorire la dilatazione: camminare, cambiare posizione, fare una doccia calda, ascoltare la musica sono le attività più comuni per cercare di distrarsi.

    Gli esperti sono concordi sul fatto che posizione eretta e deambulazione velocizzano il processo di dilatazione.

    La futura mamma può anche prendere cibi e bevande zuccherate per recuperare un po’ di energia. La famosa respirazione, di cui senz’altro le donne in procinto di partorire avranno sentito un gran parlare, è molto utile (per non dire fondamentale) in fase di espulsione. Esistono, infatti, veri e propri esercizi per una respirazione corretta, necessaria per ridurre il dolore, allentare la tensione ed aiutare la donna a spingere in maniera efficace. Per questo, e altri aspetti, può essere consigliabile affidarsi ad un’ostetrica già durante la gravidanza e/o frequentare un corso preparto.

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