In sintesi
- il freddo non è la causa di raffreddori e influenze: stare al caldo è importante ma non ci pone al riparo dalle malattie da raffreddamento
- a farci stare male sono dei virus che colpiscono principalmente l’apparato respiratorio come i virus del raffreddore e dell’influenza
Come tutti sanno, l’inverno è la stagione del raffreddore e dell’influenza, la stagione in cui ci si ammala. Si abbassano le temperature ed ecco che uno starnuto ci fa preparare a una settimana di mal di gola e naso che cola. Sarà capitato anche a voi, no?
Secondo l’idea comune, il freddo e gli sbalzi di temperatura sono i principali responsabili di queste malattie. Passare dal caldo al freddo, uscire senza cappotto, non mettersi la sciarpa o girare scalzi possono “ci fanno raffreddare” o “prendere un accidente”. Alcuni propongono dei rimedi come ad esempio i mirtilli rossi.
Peccato però che i rimedi a base di frutta possano fare ben poco, anche se contengono vitamina C. Il freddo infatti non è la causa diretta delle malattie da raffreddamento. I responsabili di queste malattie sono dei virus, in particolare i rhinovirus per il raffreddore e gli orthomyxoviridae per l’influenza. Questi microrganismi penetrano nell’organismo tramite le vie respiratorie e danno inizio all’infezione, con i sintomi che ben conosciamo.
Ma perché ci ammaliamo di più durante la stagione fredda? Per rispondere a questa domanda sono stati condotti numerosi studi. Gli scienziati non sono però arrivati a una conclusione definitiva, anche se hanno fatto diverse ipotesi più o meno verificate.
Freddo e influenza, un rapporto problematico
Cominciamo da un dato di fatto. L’influenza è una malattia stagionale. Ha un picco durante la stagione invernale e diminuisce durante i mesi estivi.
Lo confermano le statistiche: l’influenza e il raffreddore esplodono durante il periodo compreso tra settembre e aprile, e hanno un picco agli inizi di febbraio, per poi diminuire a partire dalla primavera.
Per spiegare questa stagionalità è stato ipotizzato che il freddo, pur non essendo la causa diretta della malattia, ne favorisca in qualche modo la diffusione in vari modi. Fra le ipotesi fatte si è pensato che il freddo indebolisse le difese immunitarie dell’organismo o che rendesse più facile la trasmissione dei virus.
Per quanto riguarda la prima ipotesi è stato ormai dimostrato che il freddo non solo non indebolisce le difese immunitarie, ma le rafforza. Studi recenti hanno dimostrato che in condizioni di freddo la risposta del sistema immunitario è più forte, rendendo più facile proteggerci dalle malattie.
Ma che il freddo non fosse il primo responsabile delle malattie da raffreddamento era già noto da diversi decenni.
Nel 1958 alcuni ricercatori provarono a verificare questa ipotesi. Dopo aver inoculato il virus direttamente nel naso di alcuni volontari, li suddivisero in 3 gruppi omogenei. Poi li distribuirono in stanze a temperature diverse. Un primo gruppo di persone fu messo in una stanza a -12 °C, con le persone vestite di cappello, cappotto e guanti; un secondo gruppo fu messo in una stanza a 15 °C; un terzo gruppo fu messo in una stanza a 26° C. Gli ultimi due gruppi avevano indosso solo l’intimo.
Che la temperatura fosse alta o bassa, le persone dei diversi gruppi avevano le stesse probabilità di ammalarsi. In altre parole, in questo esperimento, la temperatura da sola non faceva ammalare le persone.
Uno studio di 10 anni dopo confermò i risultati di questo studio. Anche in questo caso alle persone fu inoculato il virus nel naso e furono poi divise in gruppi posti in ambienti con temperature diverse. E anche in questo caso i risultati mostrarono che la bassa temperatura, da sola, non dava più possibilità di ammalarsi.
Ambienti chiusi? No grazie
La domanda quindi rimane: perché ci si ammala principalmente durante la stagione fredda?
Un fattore di rischio è il fatto che in inverno passiamo più tempo al chiuso.
I virus dell’influenza e del raffreddore passano da una persona all’altra per via aerea. Significa che per essere contagiati dobbiamo respirare il virus proveniente da una persona infetta. Tosse, starnuti e altre emissioni sono il perfetto canale di trasmissione di queste malattie.
Ogni volta che starnutiamo emettiamo nell’aria un aerosol fatto di milioni di particelle infette di muco e saliva. Uno studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha dimostrato che l’emissione di uno starnuto può arrivare molto lontano, molto più di quanto si pensasse. I ricercatori sono riusciti a catturare in video la diffusione delle particelle di saliva, normalmente non visibili a occhio nudo:
Ora, immaginate di essere in un ambiente chiuso. Migliaia di goccioline vengono immesse nell’aria della stanza, pronte per essere respirate da un organismo ospite e infettarlo.
Gli effetti del freddo sul naso
Il nostro organismo però non è del tutto indifeso. Non basta che una gocciolina infetta entri a contatto con l’apparato per respiratoria per scatenare un’infezione. Il nostro corpo è infatti dotato di difese che riescono a tenere lontani i microrganismi pericolosi nella maggior parte dei casi. Prima che i virus penetrino nell’organismo devono superare il complesso sistema di difesa che protegge le nostre vie respiratorie e in particolare le mucose del naso. Se qualcosa però impedisce a questo sistema di funzionare a dovere siamo più esposti alle infezioni.
Com’è noto il freddo ha cioè un effetto vasocostrittore, cioè causa il restringimento dei vasi sanguigni. Questo provocherebbe minore afflusso di sangue alle mucose del naso, indebolendo quindi la capacità dei sistemi di difesa lì presenti di difenderci. Potrebbe essere questa la spiegazione del perché ci raffreddiamo durante la stagione invernale.
Gli studiosi però non sono tutti d’accordo. Effettivamente, gli studi effettuati hanno permesso di allargare la prospettiva, e di analizzare quello che succede in altre parti del mondo. Il risultato è che adesso il freddo non è più considerato l’unico fattore da prendere in considerazione.
L’umidità potrebbe essere un altro responsabile
Gli scienziati hanno infatti notato un fatto curioso. Mentre in Italia e nell’emisfero Settentrionale, a cui questa appartiene, il picco dei contagi è raggiunto durante la stagione più fredda, nelle zone tropicali, come ad esempio in Africa Centrale, il picco è raggiunto durante la stagione delle piogge, cioè durante la stagione più calda, che è anche quella più umida.
Questo particolare ha portato gli scienziati a ipotizzre che l’umidità abbia un ruolo determinante nella trasmissione del virus.
Uno studio effettuato nel 2013 ha messo a confronto i risultati di 78 pubblicazioni scientifiche in cui si studiava il rapporto tra condizioni ambientali e incidenza delle malattie influenzali. È emerso che indubbiamente sia la temperatura che l’umidità concorrono a favorire la diffusione del virus dell’influenza e del raffreddore. Il freddo quindi non agisce da solo: conta anche l’umidità.
C’è però un problema. I risultati dello studio hanno mostrato che mentre nell’emisfero settentrionale il picco di infezioni si raggiunge quando la temperatura bassa e il clima è secco, ai tropici si raggiunge quando la temperatura è alta e il clima umido.
Come spiegare questa contraddizione? Una delle ipotesi proposte dagli scienziati è che diversi ceppi di virus si sono adattati a diverse condizioni climatiche.
Insomma, dopo tanti studi, siamo ancora al punto di partenza. Sicuramente ne sappiamo di più su come si trasmettono i virus del raffreddore e dell’influenza. Gli scienziati hanno capito che non è solo il freddo ma anche l’umidità a contribuire alla diffusione del virus. Tuttavia, ancora non hanno capito i dettagli di come questo avvenga. Come si dice, la ricerca va avanti.
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