Come prendere in affido un bambino?

Come funziona l’affido di un bambino e quali sono i compiti della famiglia affidataria?

come prendere un bambino in affido

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    Sono molti i minori che non possono vivere la loro infanzia in luoghi familiari dove regna serenità e dove tutti i loro diritti sono assicurati dalle figure genitoriali o da chi se ne prende cura. Purtroppo i fattori che portano alla negazione dei diritti fondamentali dell’infanzia sono molti e tuttora colpiscono un bambino su 3. Come riporta Save The Children, sono circa 690 milioni i minori, nel mondo, a cui è stata negata una delle fasi più importanti e formative della vita. Ecco perché, da molti anni ormai, esistono varie modalità di aiuto per salvare i minori da condizioni di vita non idonee: adozione e affidamento sono le principali.

    La fondamentale differenza è che l’affido prevede una durata temporanea della permanenza del bambino presso la famiglia affidataria, che non potrà considerarsi una sostituzione legale e/o sociale della famiglia d’origine del minore, bensì un aiuto parallelo che dovrà assicurare il mantenimento, l’educazione e istruzione e tutti i bisogni di cui necessita il bambino.

    Affido: cos’è e come funziona

    In Italia l’affidamento è disciplinato dalla Legge n.184, modificata poi dalla Legge n.149 del 28 Marzo 2001.
    Si parla di affidamento quando un minore, quindi dai primi anni di nascita fino ai 18 anni di età, di nazionalità italiana o straniera, si trova in una situazione di difficoltà familiare, tale che la famiglia d’origine non riesce a provvedere al corretto mantenimento del minore o non gli garantisce i diritti fondamentali dell’infanzia. Tali condizioni vengono stabilite dall’assistente sociale che determina se è il caso di affidare temporaneamente il minore ad un’altra famiglia o ad una comunità di assistenza.

    Come prendere un bambino in affido e chi può fare domanda

    Per prima cosa bisogna chiarire che i requisiti per prendere in affido un bambino non sono gli stessi dell’adozione. In effetti, si tratta di un percorso sicuramente più “facile” rispetto all’adozione, che ha una regolamentazione molto più ferrea. Nonostante ciò va chiarito che, anche se per un periodo limitato, l’affido è nondimeno una grande responsabilità a carico di chi decide di prendersi cura del minore, poiché non solo dovrà prendersene cura, ma anche essere consapevole del distacco che ci sarà alla fine del periodo di affidamento.

    Possono fare richiesta di affido:

    • Coppie con o senza figli: nonostante la legge dia la preferenza alle famiglie con figli è possibile prendere in affido un bambino anche se non se ne hanno di propri. La coppia inoltre non deve essere per forza sposata per chiedere l’affidamento;
    • Single: una persona sola, vedova o divorziata o semplicemente single, può chiedere l’affido;
    • Una comunità di tipo familiare: le persone che vivono sotto lo stesso tetto, che non hanno particolari legami di sangue o matrimoniali possono fare domanda per l’affido.
    • Coppie dello stesso sesso: la realtà giuridica del nostro Paese non ha ancora permesso a coppie dello stesso sesso, ma anche ai single, di poter adottare un bambino. Diversamente accade per l’affido, che può essere richiesto anche da coppie legate da unione civile o conviventi dello stesso sesso. Uno dei casi più acclamati in Italia è stato quello di Alessandro Savona, palermitano e convivente con il proprio compagno, i quali, nel 2013 hanno preso in affido Marco, un bambino di 10 anni che adesso vive con loro da sei anni.

    Per chiedere l’affido occorre rivolgersi ai servizi sociali territoriali di residenza, offrire la propria disponibilità e la scelta di prendere parte al progetto:

    • Dopo aver fatto domanda, la futura famiglia affidataria verrà contattata dagli assistenti sociali per cominciare un percorso conoscitivo;
    • Gli incontri serviranno alla famiglia affidataria per capire come funziona l’affido, a tal proposito anche i Servizi Affidi, oltre che i servizi sociali, hanno il compito di informare e dare sostegno alle famiglie o ai singoli che decidono di chiedere l’affidamento;
    • Gli incontri serviranno invece agli psicologi e agli assistenti sociali per determinare se la famiglia affidataria è la candidata idonea ad accogliere un bambino e soprattutto per stabilire quale bambino affidare al richiedente;
    • Sarà stabilito anche un incontro fra assistenti sociali e famiglia affidataria presso l’abitazione di residenza di chi ha richiesto l’affido per valutare la situazione familiare e le condizioni in cui vive; 
    • Saranno gli assistenti sociali a disporre l’affido, quando anche la famiglia d’origine sarà d’accordo, presa coscienza delle proprie difficoltà e di aver bisogno d’aiuto. L’accordo può intercorrere anche fra gli assistenti sociali e il minore, qualora abbia compiuto 12 anni di età o abbia comunque capacità decisionali;
    • Il giudice tutelare renderà poi esecutivo l’affido emesso dai servizi sociali;

    Nei casi in cui la famiglia biologica non sia d’accordo o si opponga all’affido è compito del tribunale dei minori decretare l’affido a livello esecutivo.

    Quanto dura l’affido?

    Nel provvedimento di affido sarà stabilita la durata presumibile di quest’ultimo. Il bambino può essere dato in affidamento per pochi mesi, per anni oppure per un periodo non determinato. Il cosiddetto sine die è un affidamento senza termine, mirato ad accogliere il minore fino al raggiungimento della maggiore età. Per legge, i minori dai 2 ai 17 anni possono essere dati in affido fino ai 24 mesi, mentre per i neonati si dispone solitamente un tempo più breve. Purtroppo spesso si tende a pensare che prendere in affidamento un bambino, proprio per la durata di permanenza che avrà nelle vite della famiglia affidataria, sia solo una sofferenza se si pensa al futuro distacco. Non è però decisivo l’allontanamento, anzi, è stato stabilito che i legami affettivi costruiti durante l’affido possono e devono essere continuativi nei tempi utili per il minore.

    Prendere in affidamento un bambino: quali sono i compiti principali?

    La famiglia affidataria ha una serie di responsabilità da rispettare che saranno decisive per lo sviluppo e la crescita del bambino all’interno del nuovo ambiente familiare:

    • Accoglienza del minore: garantendo il suo mantenimento, alla sua cura, istruzione ed educazione. La famiglia affidataria deve provvedere alle necessarie attenzione psicologiche, affettive e materiali;
    • Rispettare la storia del minore, le sue relazioni significative, i suoi affetti, la sua identità culturale, religiosa e sociale. Specialmente nei casi di affido di minori stranieri sarà per loro un percorso importante per ambientarsi in una nuova realtà culturale;
    • Riservatezza: la famiglia affidataria dovrà preservare le informazioni del minore e della sua famiglia d’origine;
    • Agevolare i rapporti con la famiglia d’appartenenza: il bambino non dovrà cessare i rapporti con la propria famiglia biologica, sarà cura della famiglia affidataria il mantenimento di essi per agevolare la futura reintroduzione del bambino nel nucleo familiare d’origine;
    • Non mancare agli incontri di verifica disposti dai servizi sociali secondo le modalità del progetto di affido;

    Sono molti i casi degli adolescenti che, una volta raggiunti i 18 anni decidono di continuare a vivere con la famiglia affidataria. Non è però sicuro che la scelta prenda tale risvolto, per questo bisogna pensare all’affidamento come uno dei modi più utili per aiutare quei bambini che non hanno la possibilità di vivere in modo sicuro e spensierato uno dei periodi più importanti della loro vita. L’affido ci rende parte integrante nel percorso di sviluppo e crescita di un minore, che sarà per sempre riconoscente dell’appoggio ricevuto, sul quale potrà contare anche in fase adulta.

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