Sindrome di Prader-Willi: conoscere la malattia

Abbiamo intervistato Franca di Pierro, presidente della sezione Toscana dell’associazione che si occupa di aiutare i soggetti - e le loro famiglie - affetti da questa rara patologia genetica. 

Intervista all'associazione italiana sindrome prader willi

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    “La malattia comporta che i soggetti non siano in grado di percepire la sazietà, pertanto l’istinto di cibarsi è costante; la costante ricerca del cibo è poi accompagnata da difficoltà nel consumo calorico dovuto a difetti nel metabolismo. Il soggetto è pertanto nella maggioranza dei casi obeso o iper obeso”. Così Franca di Pierro, presidente della sezione regionale Toscana dell’associazione che si occupa dei malati della Sindrome di Prader-Willi, riassume esaustivamente i sintomi di una delle 7.000 malattie rare che, nel nostro paese, interessano circa 2 milioni di persone.

    La Prader-Willi è una malattia genetica e democratica che colpisce in egual misura sia maschi che femmine, in rapporto 1 a 30.000 nati. Si manifesta già alla nascita con una grave e insolita ipotonia (ovvero, la riduzione del tono muscolare) che comporta problemi alla deglutizione e all’allattamento. Successivamente – intorno circa ai due anni di età – i bambini affetti dalla sindrome mostrano iperfagia (costante assenza di sazietà) che, se non controllata, può portare a obesità grave, la causa più importante di morbilità e mortalità dei pazienti. Chi è affetto dalla sindrome manifesta anche difficoltà nell’apprendimento, sviluppo anomalo del linguaggio, disturbi comportamentali (ossessivo-compulsivo oppure manipolativo) e psicologici di entità variabile. Ci sono poi elementi fisici peculiari che evidenziano la presenza della malattia: occhi a mandorla, fronte stretta, mani e piedi piccoli, bocca rivolta verso il basso e labbro superiore sottile, bassa statura e sviluppo puberale incompleto.

    Di questa malattia – studiata a fondo solo in epoca recente – sappiamo solo che è dovuta a un’anomalia genetica a livello del cromosoma 15 (più precisamente, alla mancanza del contributo paterno in un tratto del cromosoma stesso) che comporta una disfunzione a livello di una parte del cervello, chiamata ipotalamo, che regola le sensazioni di fame e sazietà: ad oggi, non esiste una cura specifica e gli unici trattamenti terapeutici mirano a tenere sotto controllo e limitare i sintomi (come l’obesità), contenere alcuni comportamenti anomali e, in generale, migliorare il tenore di vita dei pazienti.

    Con sezioni regionali, opera sul territorio la Federazione Italiana Prader-Willi. Abbiamo intervistato la dott.ssa Franca di Pierro, presidente della sezione toscana.

    Quali sono gli obiettivi che si prefigge l’Associazione?

    A livello regionale, la nostra associazione ha il compito di coordinare le famiglie nella gestione della malattia, attraverso il confronto costruttivo tra genitori sulle esperienze vissute. Inoltre, vi è la necessità di far conoscere alle istituzioni, soprattutto alle aziende sanitarie in genere, la malattia, ad oggi quasi sconosciuta dagli operatori del settore. La situazione di generale “incompetenza” fa sì che i pazienti siano mal gestiti, che non vi siano percorsi sanitari idonei allo svolgimento dei giusti controlli periodici. La stessa difficoltà si riscontra anche nelle istituzioni scolastiche e nel mondo del lavoro, oggi praticamente inaccessibile dai soggetti affetti da PW.

    Quali sono le limitazioni più evidenti nella vita di una persona affetta da PWS? Come si convive con la malattia?

    Tra le limitazioni più evidenti della malattia ci sono la convivialità, lo stare insieme, lo svolgimento delle più semplici mansioni. Tutto è legato alla gestione del cibo: si pensi ad andare a cena a un ristorante, a un bar per colazione, attività impraticabili dai soggetti PW poiché la malattia riguarda proprio questo, il rapporto con il cibo. La gestione della malattia a livello familiare poi comporta il coinvolgimento di tutti i soggetti appartenenti al nucleo, dovendo tutti limitarsi nel cibo, sia in termini di quantità che di tipologia. 

    Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per la sindrome? 

    Attualmente non esiste alcuna cura per la malattia. 

    La diagnosi precoce può aiutare? 

    La diagnosi precoce è fondamentale, prima di tutto per comprendere quali siano le complicazioni della malattia. La gestione attenta del cibo si rivela fondamentale per la salute del paziente, sin da bambino. Inoltre i soggetti PW più giovani hanno potuto assumere l’ormone della crescita che ha aiutato lo sviluppo muscolare; oggi numerosi bambini affetti da PW non sono obesi grazie proprio al rafforzamento degli ormoni nella fase di sviluppo.

    A che punto è la ricerca?

    La ricerca, seppur con affanno, prosegue ma attualmente non vi sono sperimentazioni valide da poter porre in atto.

    Nel nostro paese, quanta attenzione viene data alle malattie rare? 

    La nostra associazione ha intrapreso un percorso con la Regione al fine di poter realizzare un piano sanitario per tutti i soggetti PW (cosiddetto PDTA). Ad oggi infatti nella nostra regione non esiste alcun centro di riferimento per la malattia e nessun referente effettivamente formato a livello generale. Ciò comporta che i pazienti siano costretti a muoversi in altre regioni per fare i controlli di routine. Con l’avvento del Covid-19 le attività sono state sospese e spero che possano riprendere a breve. Tra i maggiori timori delle famiglie vi è proprio la sensazione di incapacità nella gestione della malattia, per mancanza di supporto e conoscenza da parte del sistema sanitario, nonostante vi siano numerosi operatori volenterosi e capaci. 

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