Da autoreferenziale, a magica e divina per arrivare alla fase empirica ippocratea: la storia della medicina ha attraversato varie fasi. Forse Ippocrate non avrebbe pensato però che il paziente sarebbe arrivato a domandare sintomi e malattie direttamente al Dottor Google, il web oracolo divino che ha scombinato l’approccio dialogico paziente-medico. In questi tempi il ruolo del paziente si sta profondamente trasformando: egli sta diventando sempre più un partner del medico nella ricerca della cura migliore.
Nella prefazione del suo libro “La medicina ai tempi del web”, Maria Giovanna Ruberto, Docente di Bioetica, parla del cambiamento del rapporto tra medico e paziente: come vede questa nuova dinamica?
«Il web ha creato una relazione a tre, medico / paziente / mondo intero. Non è necessariamente un dato negativo, perché costringe il medico a rimanere aggiornato e a togliersi di dosso i panni di quello che sa tutto. Tuttavia introduce anche un elemento di potenziale sfiducia e di aiuto per il paziente a negare ciò che ha o l’utilità della terapia che gli viene proposta. È chiaro che chi sta male preferisce credere a ciò che lo rassicura e questo non sempre va bene.»
Quando nasce la Medicina sul Web
I contenuti web dedicati alla salute si fanno strada nell’anno 1993, quando praticamente in parallelo vanno on-line sia l’archivio di Medline della National Library of Medicine (NLM) che ERIC, l’Educazione Resource Information Center: si tratta di un momento storico per il settore medico e informatico. Significa rendere accessibili a tutti contenuti medico-scientifici nella più grande biblioteca medica del mondo, con un database che ha più di sette milioni di libri, rapporti tecnici, manoscritti, periodici specializzati, video, foto e immagini sulla medicina e le scienze correlate, incluso alcune tra le opere più antiche e rare. Nel 1994 viene attivata in Inghilterra pharmweb.net, la prima comunità on line di professionisti della salute e in Italia nacque il portale Dica33.
L’informazione è vera?
Il problema riguarda la veridicità scientifica dell’informazione medica sul web, dato che ci troviamo di fronte a un mare magnum di informazioni: una semplice ricerca con la parola chiave “febbre” può originare una selezione di informazioni che vanno dalla sindrome influenzale al linfoma. Per un utente inesperto, questo può essere, più che inutile, dannoso, contribuendo a creare smarrimento e ansia. Negli Stati Uniti il 76% su un totale di oltre 1000 persone adulte intervistate ha dichiarato di cercare informazioni mediche sul web. Per gli scienziati, Internet non va considerato come causa di un disturbo, ma come una forma di manifestazione o amplificazione di una tendenza già esistente.
Cybercondria
I medici specializzati analizzano con accuratezza i sintomi, considerando molte caratteristiche demografiche, tra cui l’età e il sesso del paziente, per arrivare a determinare quale è la probabilità delle varie motivazioni relative ai sintomi riportati. Per l’utente inconsapevole che cerca su internet, partendo da sintomi innocui, non è facile comprendere le mille sfumature del quadro clinico complessivo. La maggior parte dei pazienti, tornando dal medico specialista con il nome della patologia riscontrata, cominciano a cercare sui motori di ricerca sintomi e possibili cure, fomentando la propria ansia. Purtroppo le ricerche che i pazienti fanno su internet non li rendono più informati, ma più ansiosi. Il crescente utilizzo del web ha creato infatti una nuova patologia chiamata Cybercondria, un neologismo che indica una nuova forma di ipocondria generata dall’uso smodato delle ricerche su internet inerenti problemi di salute. In Germania ad esempio è stato coniato anche un altro nome per indicare tale condizione: cioè Morbus Google.
Può essere una risorsa il web per il paziente consapevole? Come si può destreggiare senza cascare nelle fake news?
«Il web è una risorsa per costruire una relazione migliore” afferma Maria Giovanna Ruberto “nel senso che costringe gli interlocutori ad una comunicazione vera, reciproca, di parola e di ascolto bidirezionale. Ci sono siti costruiti molto bene , quelli istituzionali o prodotti da società scientifiche. E questo risponde un po’ anche alla seconda parte della domanda. La fake news ci sono sempre state – si andava dai guaritori o dallo stregone – avevano solo meno risonanza. I vari casi di prodotti miracolosi alimentano il loro potere sul paziente perché creano speranza, come le notizie di guarigioni miracolose o di non funzionamento di alcune terapie. In questi giorni ho visto girare video che invitano a bere acqua calda per uccidere il Coronavirus e sono certa che qualcuno lo fa, perché l’idea che basti stare in casa e lavarsi spesso le mani è troppo semplice. Non potremo mai eliminare le fake news ed il loro potere, però possiamo usare gli stessi strumenti – siti, social,ecc – per dare spazio a messaggi correttivi.»
Google e la medicina narrativa
La scienza del comprendere, cioè l’ermeneutica, non cambia con l’avvento di internet. L’autore del libro “Solitudine digitale” Manfred Spitzer spiega che soltanto chi ha già imparato a comprendere bene il mondo naturale riesce a usare gli schermi: solo chi già possiede delle conoscenze non rischia di sprofondare nel vasto mare delle informazioni. Quando si cerca di comprendere qualcosa, l’ideale è partire da un determinato evento e provare per mezzo di regole e schemi a collegarlo ad altri fatti, con lo scopo di costruire una “visione di insieme”: questo è solo l’inizio di un continuo processo di conoscenza, che non finisce mai.
È una risorsa il racconto delle storie di malattia e guarigione in rete? Che problematiche etiche o conflitto di interesse può portare?
«La cosiddetta medicina narrativa è una risorsa straordinaria sia per chi scrive che per chi legge” conclude Maria Giovanna Ruberto “perché non è un esperto che ti parla, ma una persona che ha fatto o sta facendo lo stesso percorso che hai intrapreso e quindi non ti senti solo. Io stessa sono stata operata anni fa per un tumore maligno, ho fatto la chemioterapia, ne ho parlato in aula e fuori e mi rendo conto che questo cambia il rapporto che in quel momento ho con gli studenti o il pubblico. Perché racconto un pezzo della mia vita e quindi tutti sono consapevoli che su questo non posso mentire. Esaltare la guarigione invece mi pare inappropriato, perché non sempre capita e chi legge può sentirsi relegato nella categoria degli sfortunati o dei cattivi. Le malattie capitano, le guarigioni capitano, anche i peggioramenti e la morte, ma su questo abbiamo tanta strada da fare anche nell’uso delle parole. E conflitti di interesse ce ne sono tanti in giro per il web, nei racconti di guarigione o di miracolosi miglioramenti che in calce riportano nome e cognome del medico curante con numero di telefono o mail. Con la dieta e la meditazione non ti ammali di nulla, puoi invecchiare senza mai sembrare davvero vecchio, insomma una lista infinita che porta clienti a privati ed a venditori di prodotti poco utili. È chiaro che è una specie di fishing poco etico, tipo quello che ti chiede il tuo Iban come conferma per rubarti i dati del tuo conto. Eppure sono chat che si trovano un po’ ovunque. Se vogliamo trarre almeno un dato positivo dalla pandemia in cui siamo immersi è che il ruolo della competenza è tornato ad essere prevalente, anche sul web. Fino alla prossima volta, temo.»
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