Myriam Mazza con la cosmetica oncologica fa sentire le donne sempre belle

Farmacista cosmetologa, la dottoressa Mazza porta avanti il progetto ‘Ricomincio da me’, dove mette cuore e grande preparazione.

Myriam Mazza estetica oncologica

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    La dottoressa Myriam Mazza cresce professionalmente in Campania, sotto la guida seria della madre, titolare di una farmacia storica e con decenni di esperienza alle spalle. Un episodio della sua vita, però, all’improvviso la destabilizza e sceglie di gettare il cuore oltre l’ostacolo: dà vita a “Ricomincio da me”, un progetto innovativo che offre laboratori gratuiti di cosmetica ed estetica oncologica e che le è valso il premio CosmoFarma Exhibition come miglior farmacista dell’anno 2019. Oggi, a 8 anni da quell’inizio, è pronta per una seconda ripartenza e presto sentiremo parlare di “Mi sento bene”, un’iniziativa che sarà dedicata all’estetica sociale.

    Come nasce Ricomincio da me?

    «Otto anni fa sono stata invitata a una sfilata in ospedale, ero lì come sponsor, in qualità di SPA manager. A fare da modelle, ho trovato delle pazienti, mie coetanee; ero già destabilizzata da quella scena, poi loro, quando hanno saputo che ero specializzata in dermocosmesi, hanno iniziato a chiedermi consigli, mi chiedevano suggerimenti per potersi sentire ancora belle, ancora donne, chi per il compagno, chi per i figli, chi per se stessa. Io mi sentivo ignorante, non potevo aiutarle e allora ho ricominciato a studiare per loro, per poter fare qualcosa. Sono andata anche all’estero e ho fatto tanto volontariato negli ospedali, ma non mi piacevano le attività per le pazienti così come erano organizzate, spesso vedevo le donne trattate come fenomeni da baraccone. Allora mi sono immedesimata e mi sono chiesta cosa vorrei io se fossi nella loro posizione: vorrei sentirmi ancora donna, ecco, perché il cancro deve essere una parentesi, non il centro della vita».

    Come funzionano i tuoi laboratori di cosmetica ed estetica oncologica?

    «Io ho cercato di riformulare in chiave professionale il concetto di bellezza, facendo vedere il cosmetico come curativo e come mezzo per contenere i danni delle terapie oncologiche. Gli incontri organizzati da “Ricomincio da me” sono vere e proprie lezioni educative alla paziente per insegnare come prendersi cura della propria pelle, ai laboratori spieghiamo che la bellezza è un concetto di prevenzione e che se sta bene la pelle, allora si sta in salute. Prima quindi educhiamo, poi c’è il momento della coccola, dove regaliamo i trattamenti estetici; anche questi si basano su una solida preparazione scientifica e sono specifici per ogni paziente: cambiano in base alla terapia in corso e al problema che ha, così come i prodotti non sono universali, non c’è il prodotto, ma un prodotto adatto a quella particolare persona e che tu farmacista consigli».

    Come hai fatto conoscere “Ricomincio da me”?

    «Non è stato semplice, all’inizio c’è stato tanto ostracismo, alle porte dove ho bussato ho avuto tanti no, perché sembrava strano che offrissi dei laboratori gratuiti, ero vista con sospetto. Ora accade il contrario, sono io che vengo contattata e siamo attivi in 10 città italiane: sul posto ho attivato gruppi di lavoro con professionisti come medici oncologi, nutrizionisti, psico-oncologi, estetiste specializzate, perché alla base di tutto c’è la preparazione, non si scherza con la salute delle persone. Ci ho creduto, perché se non ci credi e non lo fai con il cuore, non vai da nessuna parte. Soprattutto ci hanno creduto due persone in particolare, in Sicilia, dove sono riuscita a tenere i primi incontri: il Presidente di Federfarma Messina, Giovanni Crimi, che ha capito che il progetto sarebbe stata una buona cosa per il cittadino, e Grazia Di Blasi. Questo a dimostrazione che dalle difficoltà più forti nascono delle opportunità. Da questa esperienza alla fine sono riuscita a portare dei casi a due recenti congressi di medicina.»

    Come hai fatto durante il lockdown? Si è fermato tutto?

    «Ho continuato a dare il mio contributo, anche se in forma diversa, naturalmente. Ho seguito le mie donne a distanza, ho mandato loro dei prodotti e le ho aiutate nel quotidiano a contenere gli effetti collaterali della chemioterapia. Con questo sistema seguo ora anche delle pazienti più lontane, dalla Germania alla Francia. Queste persone hanno bisogno di essere ascoltate, di avere qualcuno che le accompagni per mano, che le dedichi il proprio tempo e le faccia sentire preziose e importanti. Tuttora lavoro ponendomi questa domanda: se io avessi il loro problema, cosa vorrei?

    Tutti meritano trattamenti specifici e tutti meritano di essere ascoltati, sempre. La parola ascoltare fa parte della mia giornata, anche quando chiudo la farmacia: durante la settimana dedico alcune sere proprio all’ascolto, dove dalle nove a mezzanotte leggo le mail o rispondo alle richieste di consiglio su WhatsApp e in questo modo posso seguire tutta Italia».

    Il tuo modo di operare ti è valso anche il premio come migliore farmacista dell’anno nel 2019; cosa ha significato per te?

    «Da CosmoFarma Exhibition ho ricevuto il riconoscimento per l’accudimento dermocosmetico del paziente oncologico anche al banco della farmacia, primo sportello di ascolto. Non me l’aspettavo, all’inizio ero spaesata, ricordo ancora la telefonata del segretario nazionale di Federfarma, il dottor Roberto Tobia, una persona che io stimo molto. Il premio ha semplicemente ufficializzato qualcosa che già facevo: pensa che subito dopo averlo ritirato, ho preso un premio per correre a Firenze, dove avrei tenuto un incontro con l’associazione Totta x Tutti, di Carlotta Filardi. Devo dire, però, che è stata una gratificazione, ha aumentato il senso di responsabilità e mi sento ancora più osservata, per questo serve sempre più preparazione».

    Il tuo progetto non segue solo pazienti oncologiche, ma è anche laboratorio di estetica sociale: a chi si rivolge?

    «Vengo da una farmacia “di trincea”, come la definisco io, e sono napoletana, quindi so bene che ci sono realtà di periferia che non sono ascoltate. Queste sono realtà in cui non si hanno possibilità di comprare prodotti costosi, per questo, con un’associazione del territorio, insegnerò alle persone a truccarsi, non come camouflage, ma per valorizzare la persona. Non a caso il progetto si chiamerà “Mi sento bene”. I prossimi 4 appuntamenti sono fissati per novembre».

    A proposito di farmacia, cosa significa per te essere farmacista? Che ruolo ha avuto questa professione nel 2020?

    «Io sono figlia orgogliosa di una farmacista storica campana, che tra un paio di anni avrà la medaglia alla professione per i 50 anni di laurea. Mia mamma è stata ed è un esempio di integrità, serietà e responsabilità, ci ha insegnato da sempre che la farmacia è un presidio, uno sportello di ascolto, questa è un’idea che ho sempre avuto, perché la nostra è una farmacia collocata in una zona povera, dove davanti ti trovi un interlocutore che non ha molte possibilità e non puoi pretendere di vendere e basta. Mia madre mi ha trasmesso l’etica e il valore della relazione umana, l’importanza di mettersi dall’altra parte dal banco, dove qualcuno sta affrontando un proprio problema.

    Il nostro punto di forza, quindi, anche prima di questa emergenza, è sempre stato il consiglio qualificato. La ricetta su WhatsApp? Noi lo facciamo da due anni ormai, così come in pausa pranzo giro le case per portare a domicilio i medicinali agli anziani. Stare vicino al cittadino è qualcosa che ho sempre messo in pratica».

    La stessa attenzione la metti in “Ricomincio da me”, ma come lo descriveresti in tre parole?

    «Ricomincio da me è cuore, testa e cura. Cuore perché serve passione, non si può e non si deve pretendere di fare il business con il paziente oncologico. Testa perché la preparazione è la base di tutto. Cura perché ogni volta che ascolto una paziente mi metto al posto suo e penso: cosa mi aiuterebbe?

    Io vengo ringraziata continuamente, ma io voglio ringraziare tutte le donne che ho incontrato, perché sono loro che accompagnano me e mi dicono costantemente “non ti fermare”. La verità è che la forza le donne l’hanno dentro, non devono andarla a cercare altrove, hanno solo bisogno di qualcuno che dica loro “io ci sono”».

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