Coronavirus in Cina: qual è la situazione?

Andiamo nel paese dove tutto è iniziato con una testimonianza diretta.

Situaizone attuale del covid19 in CIna

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    Il Coronavirus sta circolando ancora in tutto il mondo. In tutto il mondo, tranne in Cina. I media statali e i giornali internazionali parlano di una vittoria definitiva sul virus e cercano di esaminare come sono andate le cose per capire dove gli altri paesi stanno sbagliando e quali insegnamenti trarre dalla strategia cinese. Ma come si vive adesso dove tutto è iniziato?

    La situazione attuale in Cina

    Già l’8 settembre il presidente cinese Xi Jinping aveva annunciato che la Cina era Covid-free. A Wuhan, epicentro del Coronavirus, dal 18 maggio non si registrano nuovi contagi interni. La penultima settimana di ottobre, gli unici 12 casi rilevati erano persone provenienti dall’estero. Anche le cifre totali parlano chiaro: il numero di casi confermati è 84.951, con 4.634 morti; contro i 5.7 milioni di contagiati e i circa 176.200 morti in USA (fino a oggi). In Cina, i ristoranti, i negozi, i cinema e persino le discoteche sono aperte. Indossare la mascherina non è più un obbligo e la scuola è iniziata a pieno regime con grandi cerimonie inaugurali.

    La Golden Week è stata celebrata come da tradizione dall’1 al 7 ottobre, con 673 milioni di persone che hanno attraversato il paese senza restrizioni, né aumento dei contagi. I media statali ci dicono che, durante questa settimana speciale, il 46% dei cinesi hanno speso 69 miliardi di dollari in vacanze, visite ai parenti, matrimoni e shopping. Qui non si parla di recessione, anzi, l’economia cresce del 4.9%.

    Nonostante questo scenario piuttosto roseo, il governo e il popolo cinese non rinunciano a un atteggiamento cauto, continuando a vigilare sulla situazione e a imporre misure di controllo in alcune situazioni in cui sono presenti dei turisti e riducendo la capacità di spazi per eventi e ristoranti in alcune città.

    Come ha gestito la pandemia la Cina?

    Se il primo paese ad aver conosciuto il virus adesso può dichiarare di averlo vinto, come mai gli altri paesi non ci sono ancora riusciti? Ci sono scienziati che ritengono che la Cina abbia saputo gestire meglio l’emergenza sanitaria perché aveva già avuto un’esperienza simile con la SARS nel 2003. Ma questo non è tutto. La prima cosa che notano gli esperti è la serietà con cui è stato rispettato il lockdown. Tra il 23 gennaio e l’8 aprile, Wuhan è stata blindata come nessun’altra città al mondo. I locali rammentano i 72 giorni di quella durissima quarantena con l’espressione fengcheng, “città sigillata”.

    In secondo luogo, l’importanza del tracciamento rapido e metodico. Dalla metà di gennaio in diecimila, soltanto a Wuhan, hanno lavorato alle indagini epidemiologiche e al tracciamento dei contatti. Gli operatori sanitari hanno soggiornato per mesi in albergo e molte strutture sono state riorganizzate per ospitare i contagiati in isolamento. I positivi, infatti, venivano subito diretti in centri adibiti per la quarantena o in ospedali vicini, senza correre il rischio di contagiare i propri cari. Le strutture ospedaliere extra venivano costruite in pochi giorni, le visite venivano fatte online e ogni ospedale aveva un’ala riservata ai casi di Covid-19. In tutte le città dove venivano registrati nuovi casi si procedeva con blocchi sistematici, durante i quali le autorità locali facevano visita a casa dei contagiati per controllare che completassero il periodo di quarantena.

    Q&A con un testimone diretto da Shanghai

    Per questo articolo ho avuto il piacere di fare qualche domanda a un mio collega cinese. Luca lavora in Italia, ma attualmente è in smart working dalla Cina. Adesso si trova a Shanghai e mi ha raccontato come si vive lì adesso.

    G: Come funziona la quarantena per chi arriva adesso in Cina da altri paesi?

    L: Appena arrivato devi andare in un albergo riservato alla quarantena selezionato dallo Stato e rimanerci per tre settimane. Rientrare in Cina per me non è stata una passeggiata: il costo dei voli è aumentato e l’albergo è a spese di chi rientra, anche se, vista la situazione, le tariffe giornaliere sono dimezzate. In più, se non hai il passaporto cinese o il permesso di soggiorno non puoi entrare nel paese.

    G: Quanti controlli ti hanno fatto prima di farti uscire dalla quarantena?

    L: In queste 3 settimane mi hanno fatto 5 tamponi e 2 test sierologici… tutto pagato dallo Stato. Anche al di là della quarantena, qui fare il test è molto semplice: il risultato arriva in 2 ore; il test costa 3 euro se non hai sintomi, è gratis se invece li manifesti. Per chi risulta positivo, adesso la vita è tornata alla normalità.

    G: La mascherina è obbligatoria adesso?

    L: No, non lo è più da aprile, ma la maggior parte delle persone continua a indossarla nei luoghi chiusi, soprattutto nella metro e sugli autobus. In realtà, anche per strada il 40% delle persone la indossa. Fin dall’inizio i cinesi hanno preso molto seriamente le regole restrittive: io vengo da Luzhou, a febbraio lì c’erano solo 13 casi ma tutti indossavano la mascherina.

    G: Come funziona il sistema di tracciamento in Cina?

    L: Usiamo Alipay o Wechat. Tutti abbiamo un QR code, rosso se dobbiamo essere in quarantena, verde se siamo risultati negativi ai test e siamo quindi liberi di uscire. Ho sentito che qualche mese fa il codice veniva chiesto in ogni situazione, adesso lo devi esibire solo se prendi il treno o l’aereo.

    G: Cos’è che ti rende più sicuro in Cina adesso? Ti saresti sentito più sicuro lì anche durante il picco dei contagi?

    L: Sì, adesso qui mi sento più sicuro perché in quasi tutto il territorio della Cina non ci sono casi interni da aprile e perché il governo ha adottato molte misure per prevenire i casi importati, come la quarantena centralizzata e i test multipli alle persone che rientrano dall’estero. Ci sono stati pochi piccoli focolai in alcune città di confine (per gli immigrati clandestini), ma ogni volta il governo ha agito in modo rapido ed efficiente, testando e mettendo in quarantena per 14 giorni il 100% dei cittadini dell’area coinvolta anche se c’era soltanto un contagiato. Per questo sono fiducioso. Il governo ha saputo monitorare i casi nel migliore dei modi: penso che questo sia fondamentale per fermare la diffusione del virus.

    G: in Cina c’era già l’abitudine di indossare la mascherina per lo smog?

    L: No, non credo che indossare la mascherina fosse un’abitudine qui prima della pandemia, però lo era in altri paesi asiatici come il Giappone.

    G: E situazione scolastica? Com’è stata gestita?

    L: Nel periodo più critico, il governo ha chiuso tutte le scuole e ha sviluppato rapidamente un’app standard nazionale per le lezioni online. Ma da aprile, quando i nuovi casi giornalieri sono diminuiti fino ad arrivare a 0, la didattica è tornata a essere in presenza: prima sono rientrati gli studenti dell’ultimo anno che dovevano dare l’esame d’ingresso all’università, poi tutti gli altri. Comunque, nessuno poteva rientrare a scuola (studenti e personale) senza un test negativo. E anche se non c’era nessun contagiato, durante i primi mesi di lezioni in classe tutti dovevano indossare la mascherina.

    G: Vorresti aggiungere qualcosa in particolare?

    L: Molti cinesi vivono in Europa e in altri paesi, ma solo pochi degli espatriati stati contagiati nel corso della pandemia. Credo che questo derivi dal fatto che ci siamo attenuti seriamente alle istruzioni degli enti sanitari locali e dell’OMS. Inoltre, l’ambasciata cinese ci ha inviato mascherine, disinfettanti e farmaci già mesi prima che la situazione si aggravasse così tanto in Europa. E il governo lavorato ha supportato molti ospedali cinesi: Alipay fornisce un servizio medico online 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per i cinesi iscritti, tutti possono chiedere aiuto e alcuni suggerimenti immediatamente in caso di contagio o quando sospettano di essere stati contagiati.

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