Bere vino senza solfiti per evitare l’hangover?

Cosa sono i solfiti e perché ci fanno male? I consigli della microbiologa per evitare le cattive abitudini legate al consumo di vino.

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    Troviamo spesso la dicitura “Vino Naturale” e la prima cosa che si pensa è che sicuramente ci faccia più bene del vino su cui non troviamo tale etichettatura.

    Ma perché parliamo di  vino naturale?

    “La definizione di vino naturale è impropria da un punto di vista scientifico poiché il vino artificiale non esiste. Il vino si ottiene da un processo di fermentazione che è sempre naturale.”

    Afferma Maddalena Lattari, microbiologa e nutrizionista che ormai da anni si occupa di sicurezza alimentare con esperienza nella gestione degli standard di qualità di svariate aziende della Grande Distribuzione, fra le quali anche un’azienda vinicola. Dopo averle chiesto cosa ne pensasse del vino naturale mi ha spiegato subito che la vera differenziazione sta nel vino che contiene solfiti (espressi in etichetta) e il vino che non ne contiene o che comunque ha una bassa percentuale di questa sostanza. La credenza più comune, infatti, è che il vino naturale, un vino a solfiti zero ad esempio, possa essere meno nocivo del vino contenente solfiti e che addirittura, a livello di digestione, non sia portatore dei classici sintomi della sbronza. Mal di testa, scarsa concentrazione, mal di pancia e annebbiamenti sono i tipici sintomi che ci stendono il giorno dopo la baldoria e che ci fanno pentire di aver alzato troppo il gomito la sera prima. Per questo ho fatto un po’ di domande a Maddalena per scoprire se davvero consumare il vino a solfiti 0 possa allontanarci da quelle tipiche sensazioni dell’hangover che noi tutti conosciamo.

    Quali sono le caratteristiche biochimiche che differenziano il vino con e senza solfiti?

    “Il vino che contiene i solfiti, ovvero quello che sul mercato troviamo con la dicitura in etichetta “contenente solfiti” indica che queste sostanze sono presenti in concentrazione superiore a 10 mg per kg. infatti per legge se la concentrazione di solfiti supera questa misura, è dovere del produttore specificarlo in etichetta, poiché i solfiti sono sostanze allergizzanti, quindi chi ha sviluppato allergie ai solfiti potrebbe essere vittima di reazioni avverse. C’è un regolamento, stipulato dalla Comunità Europea nel 2011 (regolamento 1169) secondo il quale, se in un alimento sono presenti determinati allergeni devono essere indicati. Anche nel vino, in quanto alimento, se contenente solfiti, deve indicare in etichetta la presenza di questi.”

    In realtà non è detto che se non leggiamo sul l’etichetta di una bottiglia di vino “contiene solfiti” questi davvero non ci siano. Infatti potrebbero essere presenti, ma sotto i 10 mg per kg.

    “Tutti i vini contengono solfiti, poiché questi si formano naturalmente dopo il processo di fermentazione, ma se la presenza è riducibile a quantità millesimali, che l’organismo tollera alla grande, allora è come se non fossero presenti e quindi non importa scriverlo in etichetta.”

    Maddalena ci dice che solitamente più l’uva è buona e meno solfiti ci saranno e che la bontà di un vitigno dipende dall’altitudine, dal tipo di vigneto e dal terreno.

    “I solfiti vengono inoltre in parte aggiunti dal produttore come conservanti quindi più il vino è ossidabile (a contatto con l’ossigeno si hanno delle reazioni chimiche per cui questo vino si trasforma in aceto) più vengono aggiunti solfiti come conservanti.”

    Ma cosa sono chimicamente i solfiti e cosa succede nel nostro stomaco quando li ingeriamo?

    “Chimicamente esistono due composti diversi, solfiti e anidride solforosa, entrambi hanno zolfo e ossigeno, però la quantità di atomi che costituiscono i due composti sono differenti: i solfiti hanno formula SO³ e l’anidride solforosa SO², quindi l’anidride solforosa ha un atomo in meno di ossigeno. Quando si ingerisce qualcosa che contiene solfiti a livello dello stomaco si generano degli acidi gastrici i quali reagiscono con il solfito e si forma anidride solforosa. Quest’ultima è dannosa e causa dei danni a livello dell’organismo.”

    Quali sono quindi le ripercussioni dei solfiti sulla salute?

    “I solfiti hanno una pericolosità più che altro a livello polmonare, cioè causano in chi già soffre di asma o bronchite, un peggioramento del quadro clinico. Infatti i solfiti agiscono a livello dei bronchioli e quindi possono causare asma e altre patologie polmonari in persone già affette da malattie respiratorie. Oltre ad essere tossici a livello polmonare sono tossici anche a livello dello stomaco. L’anidride solforosa nello stomaco può causare ulcere e quindi lesioni gastriche che potrebbero predisporre poi il paziente anche a patologie tumorali.”

    Riassumendo il vino con solfiti ha delle ripercussioni a livello localizzato perché può causare danni alla mucosa gastrica, mentre a livello sistemico (polmonare) può peggiorare i casi di asma e le patologie respiratorie.

    Il vino a solfiti 0 quindi può essere definito più salutare?

    “Sì sicuramente sì, sia da un punto di vista microbiologico, sia nutrizionale. Un vino a solfiti 0, o con percentuale di solfiti bassa, è migliore da un punto di vista di qualità microbiologica, perché significa che le uve da cui si parte hanno una carica microbica molto più bassa e quindi non necessitano dell’aggiunta di conservanti. Inoltre è ottimo anche da un punto di vista di qualità nutrizionale, poiché crea meno danni alla salute del nostro organismo.”

    Non dobbiamo dimenticare però che tutto il vino contiene alcol, principale causa di molti danni che infliggiamo al nostro corpo. Infatti anche un ottimo vino, che però ha un’alta percentuale di alcool, si fa sentire lo stesso ai danni del fegato.

    Il vino a solfiti 0 agisce in modo diverso sulla digestione?

    “No. Consideriamo che l’alcool, presente in qualsiasi tipo di vino, è visto come un nemico dall’organismo. Tutto ciò che è nemico va a finire nel fegato, poiché questo organo, svolge proprio il compito di rimuovere questo tipo di nemici. E cosa succede nel fegato? Succede che l’alcool viene trasformato in acetaldeide, la sostanza più cancerogena dopo la benzina, da acetaldeide poi viene trasformato in acetato e alla fine in anidride carbonica. È così per tutti i vini, a livello di digestione i solfiti non influiscono in questo senso, nonostante siano poco salutari sotto molti altri punti di vista.”

    Quindi sentiremo lo stesso i sintomi dell’hangover anche dopo aver consumato vino a solfiti 0?

    La spiegazione è molto semplice :

    “Ogni volta che l’alcool subisce il processo di trasformazione suddetto all’interno del fegato il nostro organismo utilizza degli enzimi, proteine che per funzionare hanno bisogno di “aiutanti”. In questo caso l‘aiutante principale si chiama NAD+, Il problema è che questo aiutante nel nostro corpo avrebbe un altro compito, ovvero quello di metabolizzare gli zuccheri. Ma quando beviamo un alcolico tutto l’organismo è concentrato sulla trasformazione dell’alcool e l’agente NAD+ viene chiamato dal fegato per risolvere e aiutare gli enzimi in questo compito, di conseguenza lo zucchero non viene più metabolizzato non permettendo più allo zucchero di raggiungere il cervello e i muscoli.”

    Così arrivano l’assenza di concentrazione, gli sbandamenti, la vista annebbiata e la scarsa capacità di movimento. Tutti i meccanismi della sbornia sono quindi legati a questo, al fatto che l’organismo in quel momento è concentrato solo sulla digestione dell’alcool e quindi non è più in grado di utilizzare quello che generalmente utilizza per distruggere il glucosio che ci dà energie. Più si beve alcool più si deve metabolizzare e meno zucchero ci arriva al cervello.

    È vero invece che mangiando di più è possibile attenuare i sintomi della sbornia?

    “Certo. Una tecnica per non avere i sintomi della sbornia è proprio quella di mangiare il più possibile prima di bere, perché mangiando tanto, un po’ di zuccheri entrano in circolazione prima di bere e quindi la sbornia non si fa sentire come si farebbe sentire a stomaco vuoto.”

    È da sfatare invece il fatto che il vino a solfiti 0 non dia i sintomi della sbornia. Maddalena mi spiega che i solfiti possono dare noia, generare vampate di calore, aumentare asma e dare problemi di stomaco ma la classica sbronza è generata dalla gradazione alcolica. Un vino che però presenta elevate quantità di solfiti può causare fermentazione, quindi un individuo che soffre di intestino irritabile, se consuma tanto vino con solfiti, può essere vittima di forti episodi di diarrea.

    Quanto può essere consumato il vino senza solfiti? Quotidianamente sì o no?

    “Sì il vino senza solfiti può essere consumato quotidianamente. Si consiglia più che altro il vino rosso per la presenza di tannini, che sono ottimi antiossidanti, di cui il vino bianco invece è totalmente privo. Nel buon vino rosso invece troviamo il resveratrolo, una sostanza antiossidante, che la pianta della vite utilizza per difendersi dalla muffa.”

    Queste muffe ricercano i climi temperati, quindi sono molto tipiche delle viti coltivate in regioni molto miti e le uve che nascono e crescono in regioni climatiche simili tendono a sviluppare maggiormente il resveratrolo per ripararsi da questo agente fungino. Il vino francese ne è un esempio, è vero sì che ha una gradazione alcolica solitamente molto alta, ma fa anche molto bene per l’elevata presenza di resveratrolo.

    “Io consiglio sempre ai miei pazienti, un bicchiere di vino rosso al giorno, possibilmente senza solfiti, perché permette di avere questa dose alta di antiossidanti senza però consumare una quantità eccessiva di alcool. Il vino bianco invece è sconsigliabile proprio perché non presenta resveratrolo, nonostante sia senza solfiti, non apporta qualità benefiche all’organismo.

    Bioscketch Maddalena Lattari

    Biologo magistrale in Biologia Ambientale e Nutrizionista. Svolgo l’attività di Consulenza in igiene degli alimenti e Sicurezza alimentare ormai da dieci anni. Redigo manuali di buona prassi, scrivo procedure operative e collaboro con aziende per la gestione degli Standard di qualità richiesti dalla Grande Distribuzione. Organizzo corsi, eventi formativi, sia per l’igiene alimentare che per la valutazione rischio Legionella. Nutrizionista da 10 anni, collaboro anche con una cooperativa in cui mi occupo di formazione relativa ad educazione alimentare per bambini e ragazzi. Collaboro con AIDI (associazione igienisti dentali italiani)

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