La pillola abortiva, per gli addetti ai lavori “Mifepristone”, ormai conosciuto come RU 486, è la sostanza principale nel trattamento per stimolare l’aborto chimico-farmacologico; è tra le molecole che evocano più polemiche nell’ambito delle discussioni politiche e sociali, in riferimento alla necessità di doverne o meno regolamentare la vendita.
Dibattiti politici a parte, la pillola abortiva è un principio estremamente potente, la cui assunzione deve essere contestualizzata solo ed esclusivamente all’interno di un consulto medico.
Come tutte le più importanti molecole della storia, questo composto è stato sintetizzato per svolgere altri ruoli: una casa farmaceutica francese lo implementò come farmaco anti glucocorticoide, accorgendosi solo in seguito delle sue particolari proprietà di azione a livello dei recettori ormonali femminili, che lo portò a essere sperimentato con successo come farmaco abortivo. Vediamo di approfondire la questione.
L’aborto farmacologico
L’aborto è una pratica medica che consiste nel provocare l’interruzione della gravidanza attraverso due principali pratiche, quella chirurgica; operata per raschiamento o asprirazione; e quella farmacologica, che si avvale di principi attivi molto potenti in grado di andare a interferire con il pattern ormonale della gestazione.
L’aborto farmacologico, quindi, è una procedura di interruzione della gravidanza eseguita tramite assunzione di farmaci specifici.
Il principio attivo principale contenuto nella pillola abortiva è il Mifepristone, o RU 486, uno steroide derivato dalla modificazione chimica di ormoni steroidei femminili, a cui si vanno ad aggiungere, a seconda del periodo di gestazione in cui si trova la gravidanza, anche altri farmaci.
In generale possiamo definire due interventi farmacologici diversi:
- Gravidanza entro le prime 7 settimane: 600 mg di Mifepristone (cioè 3 compresse da 200 mg) associato a Misoprostolo, un farmaco di derivazione prostaglandinica
- Gravidanza entro le 10 settimane: Mifepristone associato a Metotrexato, un farmaco antitumorale ma con evidenti proprietà a livello della mucosa uterina.
Un ulteriore caso in cui viene usato il Mifepristone è quando è necessario indurre il parto in presenza di una conclamata morte del feto in utero.
La pillola abortiva: funzionamento e farmacodinamica
L’inizio della gravidanza, dal momento in cui l’embrione inizia a interfacciarsi con l’utero, la madre assiste a una vera e propria rivoluzione ormonale; nel periodo di non gravidanza, il bilancio ormonale femminile è un continuo alternarsi di picchi di ormoni steroidei quali l’Estradiolo e il Progesterone, che si rincorrono con periodicità di 28 giorni, influenzando tramite le loro proprietà biochimiche il ciclo ovarico: nei periodi successivi alla fecondazione questo ciclo si arresta lasciando spazio al solo Progesterone, che “monopolizza” lo scenario endocrinologico dell’apparato genitale femminile durante la gestazione. Il Progesterone quindi è un ormone che è necessario alla gravidanza, è il fondamento chimico stesso della gestazione.
Il Mifepristone presente nella pillola abortiva è una sostanza steroidea, simile al Progesterone, ma non del tutto identica ad esso; la sua attività risiede nel fatto che riesce a interagire coi recettori del Progesterone, senza attivarli, e impedendo allo stesso tempo che il Progesterone possa legarvisi, in un fenomeno che in farmacologia prende il nome di “Antagonismo”: in questo modo l’ormone della gravidanza, pur essendo prodotto dalle ovaie è come se non esistesse e di conseguenza tutto l’apparato genitale femminile fa un passo indietro, ritornando al suo ritmo precedente al concepimento.
Nella fattispecie questo blocco da parte del Mifepristone induce l’utero a riacquisire le caratteristiche del periodo di non gravidanza, che sono:
- Degenerazione della parete decidua dell’utero (l’utero ogni mese rinnova il suo strato più esterno, espellendo sotto forma di grumi di sangue il rivestimento precedente)
- Dilatazione della cervice uterina
- Aumento della sensitività del miometrio alla contrattilità muscolare
Potete immaginarvi che tutti questi cambiamenti sono come un uragano per l’embrione, che viene di fatto soppresso e staccato dalla parete uterina.
Solitamente, viene formulato in pastiglie contenenti 200 mg di principio attivo.
La pillola abortiva viene spesso formulata insieme al Misoprostolo, poichè quest’ultimo ha un’efficace azione di contrazione della muscolatura involontaria dell’utero, permettendo di espellere l’embrione.
Farmacocinetica della pillola abortiva
La farmacocinetica di una sostanza è “ciò che il corpo fa al farmaco” ossia come riesce a metabolizzarlo e a eliminarlo.
Dopo somministrazione orale di una dose unica di 600 mg, il mifepristone viene assorbito rapidamente. Il picco di concentrazione di 1,98 mg/l viene raggiunto dopo 1,30 ore (media di 10 soggetti). 17 La risposta dose-correlata non è lineare. Dopo una fase di distribuzione, l’eliminazione è dapprima lenta, la concentrazione infatti si riduce del 50% tra le 12 e le 72 ore circa, e poi più rapida, dando una emivita di eliminazione di 18 ore. Attraverso le tecniche di indagine con radiorecettori, l’emivita terminale è superiore a 90 ore, inclusi tutti i metaboliti di mifepristone in grado di legarsi ai recettori del progesterone.
Effetti indesiderati e rischi
L’EMA, l’agenzia europea del farmaco, mette in risalto una serie di rischi ed effetti spiacevoli, alcuni anche indesiderati o gravi dopo l’assunzione della pillola abortiva:
- Sanguinamento delle vie uro genitali nel 5% dei casi, che però non è assolutamente riprova dell’avvenuto aborto, anzi, un prolungamento di tale condizione è in linea con una probabile inefficacia del trattamento.
- Contrazioni uterine, estremamente comuni, dal 10 al 45% dei casi
- Infezioni successive ad aborto, in meno del 5 % dei trattamenti
- Nausea, vomito, diarrea, crampi intestinali
Particolarmente degno di nota è anche il rischio di inefficacia del farmaco che si manifesta con un tasso assolutamente non trascurabile, ossia tra l’1 e il 1,5 % dei casi.
Sempre facendo riferimento al report emanato dall’agenzia dell’Unione Europea, si raccomanda di non sottoporre al trattamento suddetto, chi è affetta dalle seguenti condizioni:
- insufficienza surrenalica cronica
- ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti
- asma severa non trattata
- porfiria ereditaria
- gravidanza non confermata da esame ecografico o test di laboratorio
- gravidanza oltre i 63 giorni di amenorrea
- sospetta gravidanza extrauterina
- controindicazioni all’analogo della prostaglandina scelto.
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