Miostatina: più muscoli mettendola in pausa?

Effetti e prospetti dell'inibizione della miostatina

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    La società si sa, ormai è divisa tra sostenitori della “pancetta” e cultori del bel fisico, con  annessi cambi di fazione stagionali (come a dicembre, in cui intravediamo le P della trinità natalizia: panettone, pandoro, panforte), ma la domanda su come poter incrementare la propria massa muscolare, facendo poca o nessuna fatica, è un tema sempre attuale. 

    Fin da quando si osservavano le prime réclame sugli elettrostimolatori, con persone dagli enormi sorrisi e addominali che si adoperavano alla nobile arte del far nulla, ci siamo chiesti: “funzionerà?”.

    Parziale risposta è fornita da un ormone che sta suscitando discreto scalpore: la miostatina.

    Una panoramica

    Già osservando il nome, possiamo intuirne l’azione: è una combinazione tra le parole greche “μῦς” (mûs) e “στάσις” (stásis), letteralmente “muscolo, muscolare” e “cessazione, arresto”.

    Infatti, il ruolo della miostatina è proprio quello di regolare l’omeostasi nello sviluppo dei muscoli, dove è maggiormente espressa. Non a caso, il nome alternativo di questa proteina è GDF-8 (growth differentiation factor 8), appartenente alla famiglia TGF-β (fattori di crescita trasformanti). Essa viene codificata dal gene MSTN, sotto forma di precursore di 375 aminoacidi, che dopo opportune modificazioni post-traduzionali viene trasformato nella forma attiva. 

    Fu proprio studiando questo gene che si venne a conoscenza dell’effetto della miostatina: si osservò che topi knock-out, quindi privi di esso, erano quasi il doppio di stazza rispetto agli altri, con un notevole incremento in massa muscolare. Questo effetto è stato riscontrato anche in altre specie animali, come bovini, cani e maiali, in cui una naturale mutazione del gene dà vita ad esemplari particolarmente “fisicati”.

    In altre parole, la miostatina esercita una vera e propria down-regulation a livello muscolare: la cascata di eventi innescata dopo il suo legame recettoriale, influenza step critici come proliferazione e differenziazione dei mioblasti.  La sua inibizione o malfunzionamento, di conseguenza, porta a iperplasia e ipertrofia.

    Generazioni di Hulk?

    Le foto dei casi sono veramente impressionanti.

    Da cani esili e slanciati (whippet) alla loro controparte “culturista” (denominata “bully whippet”), bovini di dimensione spropositata, come la razza Belgian Blue o la nostra Piemontese, dove l’ipertrofia è diventato tratto caratteristico (doppia coscia o fassone). Forse uno dei casi più intriganti fu la nascita di un bambino, in Germania, nel 2004. Tale “scricciolo” nacque con massa muscolare di gran lunga superiore rispetto ai coetanei, seppur fisiologicamente a posto, il che spinse ad ulteriori indagini: risultò infatti avere mutazioni non funzionali dei geni codificanti la proteina. Con questo e altri casi, si ebbe riprova del ruolo della miostatina anche nell’uomo.

    Come si fa a non proiettarsi con la mente all’interno di scenari in cui si creano muscolosi mostri, o super individui con forza immane? Però dovremo aspettare ancora un po’ prima di vedere le strade popolate da energumeni verdi. 

    In prima battuta, l’interesse per queste mutazioni è stato mostrato proprio nel campo degli animali da allevamento: più muscoli, più massa, più carne. Una teoria niente male. Il problema sta nella realtà, dove gli animali mutati (si pensa addirittura ad esemplari knock-out per allevamento) o trattati (con inibitori) hanno difficoltà dovute proprio alla stazza, per esempio a livello riproduttivo o dietetico, con costi che potrebbero sopraffare l’eventuale guadagno.

    Anche a livello sportivo, il tema è caldo: bodybuilder che cercano ulteriori strade per implementare muscoli, atleti che cercano prestazioni sempre migliori. Però, oltre alle varie controindicazioni che potrebbero esserci dietro (stress su fibre muscolari, tendini etc.), rientrerebbero a tutti gli effetti nelle pratiche di doping.

    In clinica

    Domanda di rito: ma quindi, oltre a farci pensare di poter concorrere per Mister Olympia, può esserci una certa utilità?
    Proprio qua si concentrano le sfaccettature più interessanti, alla luce di varie situazioni in cui interdire l’azione della miostatina può portare a benefici non indifferenti:

    • cachessia: progressivo e intenso indebolimento, spesso in seguito a cancro, HIV/AIDS, o BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva);
    • sarcopenia: graduale perdita di massa muscolare, associata anche all’avanzare dell’età;
    • obesità;
    • diabete di tipo II.

    Le ultime due patologie purtroppo hanno bisogno di ben poche presentazioni, ma mostrano come la miostatina sia il punto focale di varie omeostasi, oltre a quella muscolare. 

    Le varie interconnessioni sono di tipo biochimico: da un lato lo stimolo diretto di proliferazione anche a livello di adipociti e precursori, dall’altro l’aumentato metabolismo basale, con conseguente riduzione di adipe e glucosio nel sangue, in seguito all’inibizione. 

    Tutto ciò spiega il motivo per cui ci sia tanto studio dietro a questa proteina, cercando di bloccarne l’azione o scovare ulteriori implicazioni (come nei processi infiammatori o nello sviluppo cardiaco) dal momento che sono stati ottenuti risultati interessanti anche in vivo, oltre che in vitro

    L’elevata variabilità riscontrata però sull’uomo, rimane ancora un grosso limite. Ad ora sono stati individuati vari lead su cui lavorare, come anticorpi monoclonali, proteine (come la follistatina, inibitore della miostatina matura) o altri inibitori contenuti in vari alimenti, con rosee aspettative ma ancora in fase di studio, proprio per capire a pieno gli esiti a cui possono condurre.  Le prospettive sono molto promettenti, soprattutto perché vedono coinvolte gravi patologie che hanno, nel loro progredire, complicazioni e sofferenze anche protratte nel tempo.

    Attenderemo speranzosi i risultati, per il momento continuando ad andare in palestra

    Fonti

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