L’olio di cocco è un ingrediente dall’aspetto solido o semi-liquido e si ottiene dalla polpa essiccata del cocco. È presente in molti prodotti per la bellezza e l’igiene, come shampoo, balsamo e creme e può essere usato anche puro. Se per corpo e capelli ha un’azione idratante ed emolliente, il suo impiego in cibi confezionati e in generale in cucina è più controverso. Andiamo a vedere perché e in quali casi è consigliato il suo utilizzo.
Cos’è l’olio di cocco
Della noce di cocco non si butta via niente, anzi, dalle sue parti viene ottenuta una grande quantità di prodotti diversi: latte di cocco, olio di cocco, acqua di cocco solo per citarne alcuni.
L’olio di cocco in particolare è un grasso vegetale estratto dalla polpa essiccata della noce di cocco; ha un aspetto solido o semi-liquido e si scioglie a una temperatura di 24-25°.
In base al metodo di produzione sono disponibili in commercio due tipi di olio di cocco:
- Vergine, cioè non raffinato. Mantiene il sapore e l’odore tipici del cocco.
- Raffinato, cioè sottoposto a un processo per cui il prodotto risultante perde il sapore e l’odore del cocco, e, da punto di vista nutrizionale, le proteine.
L’etichetta bio che si trova su alcuni oli di cocco in commercio, invece, si riferisce al metodo di coltivazione della palma da cocco anziché a quello di produzione dell’olio stesso.
La palma da cocco, della quale esistono diverse tipologie, è originaria delle regioni tropicali del Sud-est asiatico, e ancora oggi viene coltivata nei paesi della fascia tropicale, non solo in Oriente ma anche in America Centrale e Latina.
Le popolazioni di questi luoghi conoscono da tempo gli utilizzi possibili dell’olio di cocco e dei suoi benefici, mentre nel mondo occidentale è un ingrediente che ha acquisito successo più recentemente. Ma quali sono caratteristiche che lo rendono così versatile?
L’olio di cocco nella cosmesi
L’olio di cocco è un ingrediente molto usato nella cosmesi e si può trovare fra gli ingredienti di prodotti pronti, come shampoo, balsamo, crema per il corpo e crema solare.
L’olio di cocco, se usato per pelle e capelli, ha un effetto emolliente e idratante, grazie all’alto contenuto di acidi grassi saturi, come l’acido laurico, che ha un effetto antisettico ed è perciò utilizzato per esempio nei deodoranti.
Oltre a un ingrediente molto frequente nei prodotti industriali per la cura del corpo, può essere utilizzato anche da solo, per impacchi pre-shampoo, come olio dopo la doccia e come struccante. In questi casi l’unica accortezza è di applicarlo sulla pelle e sui capelli bagnati, altrimenti rischia di dare un effetto opposto e causare secchezza invece di donare idratazione. Come tutti gli oli, infatti, su pelle e capelli asciutti crea una patina che unge e non nutre.
Se l’olio di cocco nella cosmesi è un ingrediente e un prodotto prezioso e utile soprattutto in caso di capelli fragili e disidratati e pelle secca o con acne, il suo uso alimentare è ben più dibattuto. Vediamo quindi quali sono ritenuti i rischi e i benefici dell’olio di cocco in cucina.
L’olio di cocco in cucina
L’olio di cocco, a differenza degli altri oli vegetali e di pesce, ha un alto contenuto di acidi grassi saturi, che causano l’aumento nel sangue del colesterolo cosiddetto “cattivo”, i cui livelli, se troppo alti, possono essere causa di molte patologie cardiovascolari.
L’olio di cocco, però, contiene anche sostanze come la vitamina E e tracce di ferro, sodio e potassio; per questo alle volte può essere consigliato in caso di:
- diabete;
- malattie cardiovascolari;
- morbo di Crohn;
- sindrome dell’intestino irritabile;
- problemi alla tiroide;
- obesità.
Gli studi scientifici in merito non hanno presentato però prove sufficienti a promuovere l’utilizzo dell’olio di cocco come sostituto di altri grassi vegetali (ad esempio l’olio d’oliva) proprio perché composto per la maggior parte da acidi grassi saturi.
Se fino a non molto tempo fa l’olio di cocco godeva di un’ottima reputazione, a differenza di altri, ad esempio l’olio di palma, un paper dell’American Heart Association pubblicato sulla rivista “Circulation” ha cambiato le carte in tavola.
Secondo questa ricerca, infatti, nonostante gli acidi grassi saturi contenuti nell’olio di cocco siano a catena media, sono pur sempre grassi saturi e il loro consumo dovrebbe essere inferiore al 10% dell’introito calorico giornaliero.
Ad oggi la percentuale di grassi saturi è nella maggior parte delle diete maggiore di questo 10%, anche per il loro utilizzo come additivi e conservanti nei prodotti confezionati, ad esempio brioches, snack, insaccati.
Dal punto di visto delle lavorazioni industriali, infine, l’olio di cocco presenta il vantaggio di avere un punto di fumo più alto degli altri grassi animali e vegetali, rendendolo particolarmente adatto.
Olio di cocco sì o no?
L’olio di cocco è quindi un ingrediente che spicca per la sua versatilità, e, soprattutto in quelle regioni dove è diffusa la coltivazione della palma da cocco, è molto presente anche nei piatti tipici. Anche in occidente l’uso dell’olio di cocco è oggi abbastanza frequente, dalla cura del corpo alla cucina.
Abbiamo visto, però, che, se le proprietà cosmetiche dell’olio di cocco lo rendono un ingrediente prezioso e addirittura un sostituto di creme e balsami, nell’alimentazione non è così.
Le sue proprietà nutrizionali, infatti, ne fanno una delle poche fonti vegetali di grassi saturi, nocivi soprattutto per il sistema cardiovascolare.
Se per pelle e capelli ha solo benefici, soprattutto in caso di secchezza, in tavola sarebbe meglio limitarlo, come tutte le altre fonti di grassi saturi, così come facciamo per fritture, formaggi come il mascarpone, carni grasse come la pancetta e prodotti confezionati, preferendo fonti di grassi “buoni”, ad esempio l’olio d’oliva.
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