Come funziona l’autosvezzamento?

C’è chi è favorevole e chi preferisce l’approccio classico: ma in cosa consiste davvero l’autosvezzamento? Ecco tutto quello che c’è da sapere

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    Uno dei primi cambiamenti che un genitore si trova ad affrontare col proprio bambino è il passaggio da un’alimentazione basata esclusivamente sul latte (materno o artificiale) ad una più varia, che contempla gusti, sapori e consistenze del tutto nuove per il piccolo. Quella fase, cioè, che porta il nome di svezzamento e che parte, più o meno, al compimento del sesto mese di vita. Se, generalmente, è il pediatra a indicare la tabella di marcia alimentare che i genitori dovranno seguire – quali alimenti inserire, quando e in quali quantità – questi potrebbero anche decidere di scegliere di praticare il cosiddetto autosvezzamento. Secondo questo approccio, non si reputa necessario seguire ricette precise né tanto meno acquistare pappe pronte, ma si propone al bambino quello che lui vuole assaggiare, prendendolo direttamente dalla tavola dei genitori. In modo del tutto naturale e autonomo, il bambino passerà così gradualmente e spontaneamente dal latte ad una dieta varia e “adulta”. Gli esperti – e i genitori stessi – sono divisi sul tema tra chi è favorevole all’approccio e chi, invece, si mantiene su posizioni più tradizionaliste: per lasciare anche a voi la possibilità di farvi un’opinione in merito, ecco qua una panoramica esaustiva su tutto ciò che si deve sapere sull’autosvezzamento.

    Cos’è l’autosvezzamento

    L’autosvezzamento è un’alimentazione complementare a richiesta: se, nel metodo classico, al raggiungimento dei 5-6 mesi, è il pediatra a fornire ai genitori una tabella dettagliata e scadenzata degli alimenti che, in base all’età, possono essere somministrati ai bambini, essenzialmente per scongiurare il timore di allergie, con l’autosvezzamento si supera questa paura e si fa assaggiare al piccolo più o meno tutto ciò che mangiano gli adulti. La differenza con lo svezzamento tradizionale non è tanto il tipo di cibo dato al bambino (che, vedremo, è sostanzialmente lo stesso) quanto piuttosto il fatto che gli alimenti non sono somministrati sotto forma di purea o omogeneizzati ma in piccoli pezzi, accuratamente sminuzzati per abituarlo alla masticazione e per prevenire il rischio di soffocamento da cibo. I bambini saranno liberi di prendere il cibo e portarlo alla bocca, in modo tale da sviluppare anche le proprie capacità motorie (ovviamente, tutte operazioni che devono essere seguite con la supervisione di un adulto). Svezzamento o autosvezzamento dovranno comunque essere affiancati dall’allattamento materno o artificiale almeno fino al compimento del primo anno di età.

    Autosvezzamento: i pro

    Tra i sostenitori dell’autosvezzamento, viene riconosciuto come primo vantaggio il fatto che il bambino è il protagonista assoluto della sua nutrizione: non solo imparerà prima a masticare ma anche a scegliere sapori e consistenze preferite. Rispettando le sue scelte – e anche i suoi rifiuti – avrà quindi un atteggiamento entusiastico e proattivo nei confronti del cibo. Notevoli i vantaggi anche per la famiglia: dal momento che il bambino mangerà gli stessi cibi degli adulti – seppur, ricordiamolo, ridotto in piccoli pezzi e sotto una costante supervisione – per i genitori sarà più agevole organizzare i pasti e, soprattutto, saranno incentivati ad osservare una dieta sana ed equilibrata (se già non lo facevano). Infine, con l’autosvezzamento il bambino inizierà a mangiare fin da piccolissimo con il resto della famiglia, trasformando di fatto i pasti in un momento di convivialità condivisa.

    Autosvezzamento: i contro

    Seppur, in realtà, non ci siano vere e proprie controindicazioni all’approccio dell’autosvezzamento, esistono oggettivi limiti e problematiche che potrebbe far desistere i genitori. Il peso che gli svantaggi dell’autosvezzamento hanno rispetto allo svezzamento tradizionale devono essere valutati personalmente da ogni famiglia. Prima di tutto, con il metodo classico il bambino riesce più velocemente a passare dal latte ad un pasto completo. Secondariamente, c’è il timore di non riuscire a far assumere al piccolo tutti i nutrimenti di cui ha bisogno, oltretutto nelle giuste quantità (timore che nello svezzamento classico non sussiste, visto che è il pediatra stesso a fornire alle famiglie una tabella alimentare con dosi e alimenti da seguire). I più scettici lamentano anche una difficoltà oggettiva nello strutturare un menù equilibrato che non si discosti eccessivamente da quello dello svezzamento tradizionale. È indubbio, inoltre, che più autonomia significa più disordine: un bambino così piccolo lasciato libero di sperimentare con il cibo sporca (e si sporca) di più di uno imboccato. Infine, i genitori dovranno comunque essere molto vigili per scongiurare il rischio di soffocamento: il bambino potrà sì mangiare da solo ma il genitori non sarà comunque del tutto libero perché il suo pasto dovrà essere sempre controllato e monitorato.

    Autosvezzamento: cosa cucinare?

    L’autosvezzamento può partire con quegli alimenti, né troppo duri né troppo morbidi, che possono essere sminuzzati prima dall’adulto e afferrati poi dal bambino con facilità. Tra le verdure, troviamo carote a bastoncino, zucchine, patate broccoli e fagiolini cotti al vapore mentre tra la frutta vanno bene pera, mela, albicocca e pesca, melone. Va bene anche la pasta (penne, fusilli con condimenti vari, quali pomodoro o olio e formaggio) il pane (se i pezzi sono facili da ingerire), carne, pesce, uova e formaggi. Un no secco allo zucchero, al miele, alimenti industriali e bibite zuccherate.

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