Perché certi rumori danno fastidio?

Cause, sintomi e soluzioni della misofonia

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    Sarà capitato a tutti di provare un certo fastidio di fronte a persone che masticano a bocca aperta o al passare del gessetto sulla lavagna. Perché, però, il pianto di un bambino o il rumore di un motorino non fanno a tutti lo stesso effetto? La risposta sta in un disturbo molto diffuso: la misofonia.

    Cos’è la misofonia?

    La misofonia (spesso erroneamente chiamata misofobia) è un disturbo neurologico che si manifesta attraverso un’intolleranza a uno o più suoni, generalmente ripetuti e più o meno intensi. Il tipo di suono che scatena la reazione negativa varia da persona a persona e può suscitare rabbia, nervosismo, disgusto, ansia o addirittura panico in modo (apparentemente) ingiustificato.

    I rumori avvertiti come insopportabili possono anche indurre chi li soffre a spostarsi lontano dalla fonte o a litigare con chi li produce. La misofonia può colpire persone di qualsiasi età e sesso, anche se, tendenzialmente, è chi soffre di acufeni a esserne particolarmente soggetto.

    Che differenza c’è fra misofonia, iperacusia e fonofobia?

    Molto (e troppo) spesso, la misofonia viene confusa con l’iperacusia, o con la fonofobia, ma fra i tre fenomeni ci sono differenze sostanziali.

    Al contrario della misofonia, l’iperacusia è una sensibilità maggiorata a suoni di debole intensità dovuta a un’alterazione del sistema di elaborazione dei suoni a livello cerebrale. Le persone iperacusiche, in buona sostanza, sono ipersensibili a livelli di volume che altre persone trovano del tutto normali. Viceversa, in caso di poca sensibilità a rumori deboli, si parla di ipoacusia. Per individuare la cura più efficace per entrambe le patologie è opportuno consultare un otorinolaringoiatra.

    La fonofobia, è ancora un’altra storia: è la paura di alcuni suoni. Le persone affette da questa patologia hanno paura a esporsi ad alcuni suoni perché credono possano danneggiare l’udito. Si tratta di suoni comuni che riempiono la vita quotidiana o di rumori a bassa intensità. Il trigger alla base di questa fobia è ciò che il suono evoca nella mente. Se una notte ci siamo soffermati ad ascoltare il ticchettio dell’orologio e abbiamo avuto difficoltà a prender sonno, probabilmente eviteremo sempre di avere un orologio sul comodino per paura di non riuscire a dormire.

    Il meccanismo fisiologico alla base della misofonia

    La ricerca inserisce la misofonia fra i disturbi di natura neurologica. La causa che le viene attribuita più spesso fa riferimento a un’esperienza negativa vissuta durante l’infanzia che viene associata al suono percepito come insopportabile. Per questo la misofonia è diagnosticabile fin dall’infanzia. La scienza la vede come una condizione idiopatica, come uno stato fisiopatologico potenzialmente inducibile in qualsiasi soggetto che può presentarsi accompagnata da disturbi psichiatrici associati. Ma qual è il meccanismo fisiologico che scatena questo fastidio per certi rumori?

    Le fibre nervose che collegano l’orecchio con la corteccia cerebrale hanno un ruolo cruciale nella regolazione della sensibilità ai suoni: situate nel nervo acustico, veicolano i rumori dall’orecchio alle aree uditive del cervello, dove avviene la presa di coscienza del suono. Durante questo percorso, le onde sonore vengono elaborate dai neuroni che, per prima cosa, estrapolano i messaggi rilevanti dal brusio di sottofondo.

    Il ripetersi di suoni che provocano fastidio portano all’esordio di un riflesso subconscio protettivo. Quando un misofonico è esposto a un suono da lui percepito come fastidioso, l’amigdala attiva una risposta di attacco-fuga. Il corpo rilascia adrenalina e cortisolo (ormoni che aumentano la frequenza cardiaca e i livelli di vigilanza) e si prepara a reagire allo stimolo minaccioso (e razionalmente inesistente). È l’amigdala a tradurre il suono in un pericolo.

    Lo stato d’animo può accentuare la misofonia?

    Certamente. Il mood in cui ci troviamo può inasprire l’intolleranza verso i suoni trigger. In particolare, stress, ansia e tensione sono emozioni che ci fanno notare più prontamente le potenziali minacce. Sono proprio questi cambiamenti emozionali ad alterare la percezione soggettiva di intensità sonora e a incrementare la suscettibilità nei confronti di suoni a cui siamo già sfortunatamente ipersensibili.

    Quali sono i suoni che possono dar fastidio?

    Non esiste una legenda esaustiva dei rumori che possono dar fastidio, proprio perché ognuno di noi ha avuto esperienze diverse in età infantile e di conseguenza associa i rumori a sensazioni e ricordi diversi. Esistono tuttavia alcuni suoni che sono comunemente ritenuti fastidiosi da molte persone. Fra questi:

    • Suoni orali: qualcuno che mangia, sgranocchia, mastica un chewing gum, si mangia le unghie, ride in modo particolarmente sonoro; il pianto dei neonati
    • Suoni nasali: qualcuno che russa, singhiozza, tira su col naso per non soffiarselo
    • Suoni della fauna: gracchiare delle rane, cinguettio di alcuni uccelli, ronzio di zanzare e mosche
    • Suoni generati dal corpo: articolazioni che scricchiolano, rumori provenienti dalla bocca, rumori generati da tic particolari
    • Suoni ambientali: rumore dei motorini, notifiche del cellulare o del pc, rumore dei treni, ticchettio dell’orologio, voci all’altoparlante

    Altre volte, invece, i rumori fastidiosi sono generati direttamente all’interno del nostro corpo, proprio come quando ci fischiano le orecchie.

    Come si cura la misofonia?

    Ammettere di avere un problema di questo tipo e parlarne apertamente, non solo è liberatorio, ma è fondamentale per non sentirsi soli e dirigersi verso la terapia più adeguata. Nei casi più gravi, se trascurata, la misofonia può trasformarsi in fonofobia. Diventando una vera e propria paura, questa patologia potrebbe portare chi ne soffre a evitare ogni situazione in cui teme di avvertire il suono trigger. Alcuni, magari, potrebbero smettere di mangiare in compagnia o evitare altre occasioni socializzanti.

    Attualmente sono la terapia del suono e quella cognitivo-comportamentale a essere utilizzate per mitigare questo tipo di disturbi, soprattutto se in comorbidità con altre patologie a carico dell’apparato uditivo, come l’iperacusia e gli acufeni. Tuttavia la ricerca sta ampliando il campo d’indagine a fenomenologia, epidemiologia e fondamenti neurofisiologici.

    Se hai altri fastidi al canale uditivo potresti trovare la soluzione nella nostra pratica guida Cosa posso prendere contro il mal d’orecchio?

    Fonti

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