Covid, Ricciardi: “Fuori pericolo solo nel 2022. I nuovi lockdown? Una sconfitta politica. Il vaccino, la vera speranza”

Quando questa pandemia potrà dirsi davvero finita? Parola a Walter Ricciardi, consulente scientifico del ministro della salute e referente dell'OMS.

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    Mentre l’Unione Europea “sigla” l’accordo per la fornitura di 300 milioni del vaccino anti-Covid sviluppato dalle due aziende, tedesca e americana, BioNTech/Pfizer, il più promettente finora sul panorama sanitario internazionale (secondo i dati intermedi della fase 3, arriverebbe al 90% di efficacia nell’uomo), arrivano, come una benedizione, le dichiarazioni del presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli il quale, ospite in una trasmissione televisiva, assicura che da metà gennaio saranno disponibili le prime dosi anche in Italia. Il 13,51% del totale, ovvero 27 milioni di dosi. “La ripartizione viene fatta in base alla popolazione di ciascuno stato membro, rispetto al totale degli abitanti della Ue”, precisa Bruxelles che ha già dato il benestare all’acquisto. “Ma le prime dosi – sottolinea Walter Ricciardi, consulente scientifico del ministro della Salute Roberto Speranza e referente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – andranno a coprire le sole esigenze di operatori sanitari, di quelli di pubblica utilità e delle persone più fragili. Poi, una volta che aumenterà la capacità produttiva, la vaccinazione sarà eseguita a macchia d’olio e potremo stare tutti più sereni”.

    Professor Ricciardi, quando potremo sentirci veramente al sicuro da questo virus?

    Se le cose andranno come devono, solo nel 2022 potremo chiamarci tutti fuori pericolo dalla pandemia da Covid-19. Per adesso, bisogna pensare seriamente al collasso degli ospedali italiani, ai posti letto oramai saturi, al rinvio di ricoveri e interventi elettivi (che richiedono il post operatorio in terapia intensiva, come sostituzioni di valvole cardiache o interventi oncologici per debellare i tumori) che sta facendo aumentare del 10% la mortalità per malattie oncologiche e cardiovascolari. Nell’attesa del vaccino, bisogna tentare di tutto per frenare la crescita della curva epidemica. Bene i lockdown stabiliti dal Dpcm, anche se rappresentano una sconfitta personale e politica.

    Perché parla di sconfitta?

    Noi esperti, avevamo avvisato che sarebbe arrivata la seconda ondata del virus. Non ci hanno dato retta.

    La sua è una specie di denuncia, a chi si riferisce?

    Alla politica, ai governi. Il ritorno del coronavirus era previsto. Abbiamo proposto tutta una serie di misure e siamo stati inascoltati. Non solo io, ma un po’ tutti i colleghi in tutto il mondo. Avevamo avvertito, pregato di stare attenti, bisognava prepararsi. In molti hanno minimizzato la situazione e la popolazione si è lasciata andare… .

    Sta dicendo che questa nuova ondata, così disastrosa, poteva essere evitata?

    Dico che potevamo avere una condizione diversa, meno pesante di quella che stiamo vivendo. Si potevano rafforzare gli ospedali Covid, potenziare i pronto soccorso e i sistemi di tracciamento.
    Ma anche i cittadini avrebbero potuto dare di più, per stare meglio adesso. Alla popolazione era stato chiesto di essere più responsabile, più prudente. Anche questa richiesta è stata ignorata. Abbiamo visto immagini di persone nelle piazze, nelle strade, nei lungomare senza mascherine e senza distanziamento. Ci siamo dimenticati del Covid, ma il Covid ha continuato a lavorare indisturbato.

    La delega di alcune funzioni alle regioni ha giocato a favore o a sfavore?

    Il non avere un controllo unico in Italia non ha aiutato di certo! Ci sono Stato, Regioni, in alcuni casi i Comuni a doverci mettere la bocca prima di prendere decisioni. Con tempi di attesa incredibili. Si è perso del tempo prezioso, sono stati vanificati gli sforzi del vecchio lockdown nazionale. E molte persone hanno continuato e continuano a pagare.

    E siamo tornati in trincea…

    Non c’è dubbio. Quella contro il Covid è una guerra ancora in atto, per questo vanno rafforzate le aree più carenti di medici e infermieri, vanno sostituiti i professionisti che si stanno reinfettando. Va cercata ogni possibile soluzione per affrontare questa epidemia, temporeggiando fino all’arrivo del vaccino.

    Cosa ne pensa della divisione in fasce di rischio: regioni gialle che diventano arancioni, altre da arancioni a rosse. Divieti che aumentano in sole 24 ore…

    Credo che sia l’ultimo tentativo prima di essere costretti a dichiarare un nuovo lockdown nazionale, che tutti, io compreso, vorremmo evitare. E per non sprecare questa opportunità è bene che le Regioni collaborino con il governo centrale e tra di loro. Occorre fare squadra, dalla politica nazionale a quella regionale, ai cittadini, ai professionisti che si adoperano per contrastare quotidianamente questa crisi. Altrimenti, sarà una vera e propria tragedia nazionale, perché siamo di fronte a un virus che si muove con una rapidità incredibile. Serve una sola cabina di regia, serve una comunicazione unica. Quanto ai ventuno indicatori delle zone rosse, danno automatismi decisionali basati su evidenza scientifica e provano ad arginare i danni. Ben vengano!

    Cosa è cambiato, insomma, rispetto alla prima invasione del virus?

    Il virus è lo stesso dell’inizio dell’anno, è cambiata appunto la risposta dei governi, il funzionamento dei sistemi sanitari. Dove i governi hanno saputo tenere il punto del tracciamento, del testing, quindi hanno isolato prontamente i focolai epidemici, facendo un tracciamento tecnologico molto aggressivo, mi riferisco alla Cina, alla Corea del Sud, a Taiwan e Singapore, è stata azzerata la curva epidemica. Altre realtà hanno avuto una seconda fase ma l’hanno smorzata subito, mi riferisco all’Australia e alla Nuova Zelanda. Altri paesi ancora, come gli Stati Uniti, non hanno invece mai smesso di avere una curva epidemica fortissima o, dopo aver appiattito la prima, hanno abbassato troppo presto la guardia. E come in tutte le pandemie, c’è una seconda fase che riprende in maniera aggressiva.

    Le persone, in questa nuova fase, sembrano più stremate e meno pazienti.

    Adesso ci troviamo in una condizione più difficile rispetto alla primavera scorsa, perché abbiamo meno resistenza psicologica, perché la diffusione attuale è in tutte le regioni e perché siamo dentro la stagione invernale dove, tradizionalmente, i virus a trasmissione respiratoria sono più dannosi. E per complicare le cose, arrivano altri virus come l’influenza stagionale e la parainfluenza. Dobbiamo rimanere assolutamente calmi e lucidi, consapevoli che è una battaglia di mesi. Non di giorni.

    Torniamo al vaccino: una bella speranza annunciata prima del previsto?

    Ci sono diversi vaccini in fase di sperimentazione, ma diciamo che sei, sette sono un po’ più avanzati. Quello di BioNTech/Pfizer è il primo a dare speranze concrete e ravvicinate. Ma, come ho già detto, anche negli scenari migliori il vaccino in quantità adeguata a controllare la situazione arriverà solo l’anno prossimo.

    Mentalmente, come arriveremo a quella scadenza?

    Dovremo attrezzarci, essere meno sprovveduti. Bisogna incoraggiare la popolazione ad avere comportamenti normali e a non trascurare le cautele, togliendo al virus la possibilità di diffondersi. Perché essendo un virus altamente contagioso, rischiamo che decine di migliaia di persone siano ancora contagiate e possano rimetterci la salute e in alcuni casi la vita. Diventare saggi è l’unica soluzione, con igiene costante delle mani e degli ambienti. E, nel momento in cui perdiamo il controllo, fare altri lockdown, come sta succedendo. Il virus viaggia con le persone e limitarne la circolazione è la sola arma che abbiamo, oltre le cure e il vaccino.

    Perché è diventato più contagioso questo virus?

    Perché è l’evoluzione, da quando esiste l’uomo esistono i virus e i microrganismi che cercano di combatterlo, di entrare in un equilibrio competitivo. Avevamo già conociuto dei coronavirus, nel 2002 con la Sars e nel 2005 con la Mers, e dovevamo imparare la lezione. Ovvero, che questi virus sono da temere. E, a differenza di Sars e Mers che non si trasmettevano da soggetti asintomatici, questo Covid-19 ha avuto una evoluzione importante e sta resistendo e creando problematiche nuove, trasmettendosi anche da asintomatici. Ci sta combattendo, ci sta distruggendo.

    Come mai alcune persone sono asintomatiche e in altre il virus ha uno sviluppo pesante?

    Non sappiamo, ad oggi, perché questo coronavirus ha un range di manifestazioni così diverse. In alcuni ha decorso asintomatico, quasi impercettibile. In altri casi, le persone si ammalano fortemente, con polmoniti, e vanno in insufficienza respiratoria. Sicuramente ci sono fattori predisponenti legati all’età, a situazioni pregresse, al sovrappeso, all’ipertensione e al diabete. Soggetti con queste patologie sono sicuramente più a rischio. Ma nello specifico non sappiamo cosa succede e cosa cambia da persona a persona.

    Attualmente quali sono i numeri nazionali?

    L’indice di contagio in Italia è superiore a 1, ciò significa che l’epidemia cresce, si diffonde. Addirittura in certe regioni come la Lombardia e il Piemonte l’indice è superiore a 2. È difficile spiegare il concetto di andamento esponenziale, perché la popolazione non capisce che la differenza tra 1 e 2, come indice di contagio, è abissale. Nello specifico, i casi possono raddoppiare nell’arco di 2-3 giorni e si possono avere decine di migliaia di casi di contagio. Siamo, purtroppo, ancora in una fase in cui l’epidemia è in fortissima espansione.

    Solo con il vaccino si fermerà la diffusione?

    Le infezioni si fermano quando c’è la cosiddetta immunità di gregge, cioè quando almeno il 75-80 per cento della popolazione, in certi casi anche il 90, è immune. O perché è stata vaccinata o perché si è immunizzata per aver contratto la malattia.

    È stato un vaccino veloce, quello tedesco-americano. Sarà sicuro?

    Il vaccino che arriverà sarà certamente sicuro, perché ha superato la fase 3. Nei mesi passati, ci sono stati dei tentativi, anche da parte di alcuni politici, di accelerare in maniera indebita questa fase ma tutta la comunità scientifica e soprattutto le autorità regolatorie che hanno il potere di intervenire (come l’Ema in Europa) si sono rifiutate di accettare questo compromesso. Lo stesso vale per le aziende produttrici. Nessuno, qualora il vaccino non avesse superato la fase 3, si sarebbe assunto dei rischi.

    Sarà somministrato in una sola dose?

    Tutte le schedule vaccinali che si stanno sperimentando in questo momento si basano su due dosi, più o meno a distanza di due, tre settimane l’una dall’altra, ma non sappiamo ancora se, come per il vaccino antinfluenzale, dovranno essere ripetute ogni anno o a scadenze anche inferiori. La cosa certa è che quando arriverà il vaccino nei diversi paesi, Italia compresa, sarà un passo decisivo verso il ritorno alla normalità.

    Torneremo mai, veramente, tutti alla normalità?

    Come dice l’OMS, la pandemia finisce quando anche l’ultimo dei paesi al mondo avrà per 40 giorni consecutivi 0 casi.

    Uno dei vaccini porterà la bandiera tricolore?

    L’Italia sta partecipando attivamente al vaccino Oxford (anglo-italiano, che potrebbe essere pronto a Natale) ma giocherà un ruolo fondamentale anche in molti altri vaccini, perché è il paese con maggiore capacità produttiva. Sicuramente sarà protagonista.

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