L’ipertrofia o iperplasia prostatica benigna, comunemente detta ingrossamento della prostata, è una condizione molto diffusa negli uomini, soprattutto a partire dai quarant’anni e con un aumento dell’incidenza fra i settanta e gli ottant’anni. Benché non sia una condizione pericolosa, e raramente degenera in problemi più seri, quando è sintomatica può peggiorare notevolmente la qualità della vita delle persone che ne sono affette.
Se a volte è sufficiente cambiare alcune abitudini, più spesso si rende necessaria una cura farmacologica: quali sono i principi attivi che possono aiutare a risolvere l’ipertrofia prostatica? E soprattutto, funzionano sempre?
Che cos’è l’ipertrofia prostatica benigna
Esistono più espressioni per indicare la stessa condizione.
- ipertrofia prostatica benigna;
- ipoplasia prostatica benigna;
- adenoma prostatico;
- ingrossamento della prostata, soprattutto in ambito non medico.
Ci si riferisce a una condizione non grave e reversibile che interessa gran parte degli uomini, con un aumento dell’incidenza proporzionale all’età.
La prostata è una ghiandola che hanno solo le persone di sesso maschile e si trova sotto la vescica, intorno all’uretra. Il suo compito è quello di produrre una parte dello sperma; di solito è grande come una noce, ma in presenza di un suo ingrossamento può raggiungere le dimensioni di una palla da tennis.
Crescendo ostruisce il canale uretrale, impedendo la normale minzione e dando quindi luogo ai sintomi che vedremo fra poco.
Il suo ingrossamento, chiamato ipertrofia prostatica benigna, colpisce fra il 5 e il 10% degli uomini al di sopra dei quarant’anni e addirittura l’80% degli uomini dopo i 70-80 anni; i sintomi, però, si manifestano solo nella metà dei soggetti e la necessità di cure mediche riguarda il 40% delle persone che presentano ipertrofia prostatica.
I sintomi dell’ipertrofia prostatica
Non sempre questa condizione così diffusa si manifesta con sintomi; se accade, è necessario consultare tempestivamente uno specialista. Altrimenti, dopo i quarant’anni è consigliato fare delle visite di controllo periodiche.
I sintomi possono essere sia urinari che in generale irritativi. Fra i primi rientrano:
- difficoltà nella minzione;
- svuotamento incompleto della vescica;
- flusso intermittente.
Fra i sintomi irritativi troviamo invece:
- pollachiuria, cioè bisogno molto frequente di urinare;
- nicturia: cioè il bisogno di urinare spesso di notte;
- urgenza minzionale;
- bruciore.
Se non curata in tempo, l’ipertrofia prostatica può portare a una ritenzione urinaria acuta, proprio perché l’ingrossamento della prostata impedisce completamente il passaggio dell’urina.
Nonostante non sia una patologia grave, quindi, può avere complicazioni spiacevoli: una condizione di ipertrofia prolungata può portare la vescica a indebolirsi progressivamente e rendere l’apparato urinario più soggetto a infezioni, fino a causare danni renali.
Le cause dell’ipertrofia prostatica benigna
A oggi non è nota la causa che scatena questa condizione, ma gli studi in merito hanno collegato l’ipertrofia prostatica benigna ad alcuni fattori:
- invecchiamento: l’incidenza di questa patologia cresce infatti con l’età e un motivo dell’ingrossamento della prostata potrebbe essere il cambiamento ormonale, che interessa anche gli uomini; questo mutare degli equilibri ormonali è detto andropausa e comporta un aumento degli estrogeni rispetto al testosterone, che invece diminuisce;
- fattori emodinamici: l’ingrossamento della prostata potrebbe essere dovuto a problemi nella regolazione del flusso sanguigno, che creerebbe un aumento locale della pressione.
Sono stati poi individuati fattori di rischio che potrebbero predisporre allo sviluppo di questa patologia:
- predisposizione genetica: la presenza di altri casi in famiglia rende più probabile presentare ipertrofia prostatica benigna;
- obesità;
- diabete;
- malattie cardiache;
- utilizzo di farmaci beta-bloccanti, come alcuni antistaminici e decongestionanti nasali, e farmaci antidepressivi.
Cosa fare nei casi d’ipertrofia prostatica?
Di fronte a sintomi riconducibili a un ingrossamento della prostata, è necessario rivolgersi a uno specialista in urologia, che, in base ai sintomi e all’effettivo volume della ghiandola, consiglierà il trattamento migliore.
In generale è buona abitudine sottoporsi a controlli periodici a partire dai 40/50 anni, per prevenire eventualmente anche il tumore alla prostata; ipertrofia e carcinoma non sono fra loro collegate, ma possono coesistere.
Per fare una diagnosi di ipertrofia prostatica potrebbe essere sufficiente per l’urologo l’esplorazione rettale digitale; a volte vengono richiesti altri esami più specifici, per avere un quadro più chiaro della situazione ed escludere altre patologie. Fra questi:
- ecografia prostatica transrettale;
- controllo dei valori del PSA (l’antigene prostatico specifico): si fa attraverso un banale prelievo di sangue, ma è un valore importante perché indica il rischio di tumori (anche se non è un marker specifico);
- uroflussometria: un esame che misura il volume minzionale, la velocità del flusso e il tempo richiesto per la minzione.
L’ipertrofia prostatica è, come abbiamo visto, un problema molto diffuso, non sempre sintomatico; in alcuni casi non sarà necessario l’utilizzo di farmaci ma basteranno alcuni accorgimenti nel proprio stile di vita perché l’ingrossamento si risolva spontaneamente:
- evitare alcol, caffè e bevande frizzanti;
- avere un’alimentazione sana ed equilibrata, povera di grassi saturi;
- interrompere l’assunzione di farmaci che possono peggiorare i sintomi (come antistaminici e decongestionanti nasali, oltre ad alcuni antidepressivi);
Se questo non è sufficiente, il medico valuterà ulteriori tipologie di trattamento, in base a:
- sintomi;
- dimensioni della prostata;
- condizioni di salute del paziente.
I farmaci per l’ipertrofia prostatica benigna
In generale, prima di curare l’ipertrofia prostatica, vengono trattate le eventuali complicazioni dovute al blocco dell’urina, come ad esempio le infezioni.
Per il trattamento specifico della patologia possono essere invece utilizzate varie tipologie di farmaci:
- beta-3 antagonisti: rilassano la vescica ma possono causare un aumento della pressione sanguigna come effetto collaterale; il principio attivo utilizzato è il mirabegron;
- alpha-bloccanti: rilassano la prostata e il collo vescicale, ma possono avere come effetti indesiderati vertigini, cali di pressione ed eiaculazione retrograda (in questo caso lo sperma viene eiaculato internamente nella vescica). I principi attivi di questo genere sono:
- terazosina;
- doxazosina;
- tamsulosina.
- Inibitori della 5-alpha reduttasi: agiscono sul volume prostatico, ma possono avere importanti effetti collaterali come un calo del desiderio sessuale e disfunzione erettile. Ne esistono di due tipi:
- finasteride;
- dutasteride.
- Antimuscarinici: vengono impiegati per i casi in cui fra i sintomi si rileva un’iperattività della vescica, ma vanno evitati se il residuo post-minzione è abbondante; possono dare effetti collaterali come secchezza delle mucose, vertigini, costipazione. Ne fanno parte i principi attivi:
- darifenacina;
- solifenacina;
- tolterodina.
- Infine, possono essere prescritti inibitori della 5-fosfodiesterasi, che sono utilizzati anche per la disfunzione erettile; fra gli effetti collaterali si osservano sofferenza cardiaca (da evitare quindi in soggetti con patologie cardiovascolari), cefalea e dolori muscolari
A volte, in base alla sintomatologia, può essere scelta una terapia combinata, che quindi combina varie tipologie di farmaci.
In generale, i medicinali usati per l’ipertrofia prostatica benigna iniziano a fare effetto dopo un paio di settimane, ma alcuni (come gli inibitori della 5-alpha reduttasi) hanno bisogno di essere assunti per un lungo periodo (6-12 mesi) prima di apportare benefici. Gli effetti collaterali, invece, tendono ad attenuarsi e scomparire con l’andare avanti della terapia.
E se i farmaci non bastano?
Purtroppo queste terapie farmacologiche, oltre ad avere effetti collaterali, devono essere assunte per periodi abbastanza lunghi per vederne i benefici e non sempre questi ci sono.
Nei casi in cui le terapie farmacologiche hanno fallito, il medico specialista può valutare l’inserimento di un catetere permanente o un intervento chirurgico. La prima è una soluzione che in alcuni casi d’emergenza viene scelta per risolvere il problema del blocco urinario, ma alla lunga può presentare complicazioni (come frequenti infezioni); per questo si opta per il catetere solo nei casi di emergenza, appunto, e per i pazienti che presentano cattive condizioni di salute generali.
La chirurgia è invece divenuta sempre meno invasiva e più precisa, e ad oggi esistono vari interventi:
- resezione transuretrale della prostata: si tratta di un’intervento in chirurgia endoscopica; nel post operatorio possono verificarsi complicazioni, come:
- incontinenza urinaria (1-3% dei casi);
- disfunzione erettile;
- eiaculazione retrograda.
- Laser ad Olmio: si fa dagli anni ’90 e si usa anche per prostate molto voluminose; è un intervento poco invasivo e di solito ben tollerato;
- adenomectomia prostatica: si tratta di un intervento chirurgico cosiddetto open, e viene fatto tramite un taglio sovrapubico; comporta una convalescenza più lunga e più difficile per il paziente. Permette però anche di eseguire l’esame istologico sul materiale prelevato.
Di solito questi interventi vengono fatti in anestesia totale; in un 10% dei casi trattati con resezione transuretrale della prostata, è necessario ripetere l’operazione entro una decina d’anni perché la ghiandola rinizia a crescere.
Oltre a visite di controllo periodiche e preventive, è necessario rivolgersi subito al medico se compaiono dei sintomi; non tutti i trattamenti per l’ipertrofia prostatica benigna vanno bene per tutti i pazienti, per cui è necessario farsi seguire da uno specialista durante tutto il decorso della patologia.
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