Meditazione e chimica del cervello: quali sostanze chimiche produci durante la meditazione?

Vediamo insieme la meditazione da un punto di vista scientifico

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    Per i popoli occidentali la meditazione è una pratica associata alle culture dell’Asia Orientale o del Subcontinente Indiano; tuttavia forme di meditazione esistono anche in seno al Cristianesimo e all’Islam, quasi a provare come questo tipo di attività sia intrinsecamente correlata alla condizione antropologica dell’umanità.
    Le pratiche di meditazione sono per loro natura un mezzo atto a raggiungere una condizione di benessere generale legata a un’elevazione spirituale del soggetto; ma che cos’è lo spirito se non la mente? Infatti, se per secoli la meditazione ha continuato a rimanere legata a concetti di tipo etereo, negli ultimi 50 anni le scienze si sono prestate a indagare i tipi di effetti biologici e psicologici che questo tipo di attività può evocare, scoprendo interessanti meccanismi neuronali.

    Neurotrasmettitori: la chimica del cervello

    Il nostro sistema nervoso è formato da una rete di cellule chiamate neuroni, che comunicano tra loro attraverso lunghi prolungamenti del loro corpo cellulare chiamati assoni: l’interazione tra un neurone e l’altro avviene laddove un assone entra in contatto con la superficie di un’altra cellula nervosa, in un fenomeno chiamato sinapsi.

    Grazie alle sinapsi i neuroni formato quell’intricato sistema che gestisce tutti gli aspetti del nostro corpo. Proprio come un efficientissima centralina, ogni neurone del cervello veicola impulsi elettrici che verranno trasferiti al neurone a valle, e così via fino a raggiungere l’organo a cui serve questa informazione elettrica per espletare la propria funzione in risposta a determinati stimoli.

    Tuttavia la rete di neuroni non è un impianto di cavi di rame e tra un neurone e l’altro, nella sinapsi c’è il vuoto, e nel vuoto la corrente non si propaga: l’evoluzione ha risolto questo problema inventando i neurotrasmettitori, ossia dei composti chimici abbastanza semplici, sintetizzati da ogni neurone che hanno il compito di liberarsi nella sinapsi e legarsi alla cellula nervosa a valle e innescare una serie di reazioni che generano un nuovo impulso elettrico, capace così di proseguire il trasferimento di informazione elettrica.

    I neurotrasmettitori funzionano come dei messaggeri chimici e pertanto non tutti portano lo stesso tipo di messaggio, alcuni sono eccitatori, altri inibitori, a seconda del tipo di impulso che evocano.

    Tra questi, il GABA è un neurotrasmettitore inibitorio, cioè capace di generare delle correnti a livello del neurone a valle che diminuiscono la probabilità di insorgenza di un nuovo impulso elettrico: quando un neurone libera GABA, anzichè promuovere la nascita di una scarica elettrica, permette invece la depressione del potenziale elettrico, funzionando come rilassante.

    Per il motivo suddetto le situazioni in cui viene liberato GABA sono associate a stati di rilassamento, infatti le benzodiazepine, farmaci tranquillanti agiscono proprio sulla chimica del GABA per infondere lo stato di calma.

    Altri neurotrasmettitori importanti nella regolazione dell’umore sono:

    • serotonina,
    • dopamina,
    • noradrenalina.

    Vediamo le loro correlazioni con la meditazione.

    La meditazione e i suoi effetti sul cervello

    Alcuni studi fatti su monaci buddhisti tibetani hanno evidenziato come il loro flusso sanguigno cerebrale della corteccia frontale fosse maggiore rispetto ai soggetti di controllo.
    La corteccia frontale è una zona largamente impiegata dal cervello per le funzioni esecutive come il problem solving: quando questa è stimolata, innesca una serie di comandi biologici che si traducono con una maggiore sintesi di GABA, ed è stato visto che nei soggetti che praticano meditazione la sintesi di questo neurotrasmettitore è aumentata, motivo per cui questo tipo di attività potrebbe diminuire i livelli ansia.

    Un altro importante neurotrasmettitore regolante il tono dell’umore è la serotonina: una diminuzione di serotonina è associata con fenomeni depressivi, motivo per cui viene designato spesso come molecola della felicità.

    Anche la serotonina ha dei legami con la pratica della meditazione: è stato osservato come individui che hanno appena terminato una sessione meditativa abbiano dei più alti livelli di serotonina nelle urine, a riprova di una maggiore produzione di questa molecola durante l’attività di rilassamento mentale; non a caso la meditazione è una pratica utile al superamento degli stati di ansia e depressione.

    La Noradrenalina è un altro neurotrasmettitore implicato nei meccanismi di regolazione dell’umore, in questo caso nella generazione di stati di ansia: gli stati di stress psichico sono associati con un aumento di attività delle zone cerebrale deputate alla produzione di noradrenalina; anche per questa sostanza i dati provano gli effetti positivi della meditazione in quanto gruppi sperimentali caratterizzati dalla assidua frequentazione di sessioni di meditazione risultano avere una concentrazione minore di noradrenalina nel sangue, e quindi un più basso livello di ansia e stress.

    L’ultimo neurotrasmettitore che prendiamo in considerazione nell’associazione tra meditazione e miglioramento dell’umore è la dopamina: anche questa molecola è associata, insieme alla serotonina, a stati di felicità; persone depresse tendono ad avere bassi livelli di dopamina; anche gli stati euforici indotti da alcune sostanze stupefacenti sono dovuti a meccanismi di stimolazione del sistema dopaminergico. Anche per questo neurotrasmettitore è stato osservato un effetto benefico in correlazione all’attività meditativa, con alti livelli di sintesi durante il rilassamento meditativo.

    Oltre alla chimica del cervello, la meditazione sembra promuovere anche la neurogenesi, un fenomeno che fino a pochi anni fa sembrava marginale all’interno del sistema nervoso ma che via via si sta dimostrando essere un importante meccanismo biologico: uno studio del 2011 ha evidenziato la capacità dell’attività meditativa di aumentare la concentrazione della sostanza grigia nel cervello, e quindi il numero di neuroni, in quelle zone deputate alla memoria, all’apprendimento, alla regolazione delle emozioni e alla gestione dei pensieri riferiti a se stessi.

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