Polarizzazione di gruppo: il ruolo della bolla di filtraggio

Una “bolla di nostri simili” ci convince di essere estremamente nel giusto

Polarizzazione gruppo

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    6-o-9-quesito

    Di che numero si tratta? È un 6 oppure un 9?
    Probabilmente avrai già intuito dove voglio andare a parare. Il quesito è facilmente trovabile su web sotto forma di vignette, la cui morale è molto spesso e grossolanamente sintetizzabile in: “la verità è una questione di punti di vista”.

    Ciò è in parte vero, perché sostanzialmente e in maniera molto pratica la risposta dipenderà dal lato in cui inclini la testa, ma potrebbe dipendere anche da un altro fattore non trascurabile e di cui sei a volte vittima, altre volte protagonista, altre ancora spettatore: il parere altrui.

    Mettiamo caso che sia stato un amico a introdurti a questo articolo e che, ancora prima di inviarti il link dello stesso (cosa che oltretutto ti invito a fare con altri, soprattutto se conosci soggetti dall’indole testarda), ti avesse offerto una sorta di imbeccata del tipo: “guarda il giochino del 9 che può sembrare un 6”. Inevitabilmente avrebbe instillato in te una sorta di pregiudizio a causa del quale, per te, quel numero è un 9, a prescindere dall’inclinazione.

    Se unitamente a questo, ma anche in maniera totalmente indipendente, fosse giunta una folla di persone inneggianti al 9, capaci oltretutto di offrire spiegazioni apparentemente ragionevoli sulla loro tesi e intente a demolire la teoria del 6, beh, probabilmente il primo sostenitore del 6 capitato a portata di confronto si sarebbe dovuto ritirare sotto una pioggia implacabile di “ragione altrui”.

    Ovviamente questa è un’esagerazione, un espediente per creare una suggestione utile alla trattazione della materia, ma basta riflettere brevemente sui contesti quotidiani che affrontiamo, per capire che la realtà non è poi così distante da quanto appena detto. Togliamo i numeri e sostituiamoli con ideologie politiche, religiose, teorie sanitarie su vaccini e farmaci, slip o boxer, ballerine ai piedi sì o no ecc. Fatto questo è facile capire che probabilmente siamo tutti al centro di un’infinità di battaglie dove nessuno ha torto, ma a volte nemmeno ragione. Vuoi sapere il nome del responsabile di moltissimi di questi scontri epici? Si chiama “Polarizzazione di Gruppo”.

    Significato di polarizzazione di gruppo

    Chiunque, a prescindere dal proprio grado di preparazione sui campi elettromagnetici, saprà che una calamita possiede due poli magnetici, uno positivo e uno negativo. Questi due poli tendono ad attrarsi quando differenti e a respingersi con egual forza quando uguali. Questo succede in fisica: gli opposti si attraggono. Nella psicologia sociale, invece, avviene l’esatto contrario.

    La polarizzazione di un gruppo si riferisce alla tendenza dello stesso (immaginabile, se si vuole, come un’unica entità e non come un insieme di persone) a schierarsi e prendere decisioni dalle caratteristiche più estreme rispetto a quelle che prenderebbero individualmente i vari membri che lo compongono. Molto dipende dalle caratteristiche comportamentali dei singoli individui, ma comunque il fenomeno che si delinea è comunque questo. Inoltre, l’atteggiamento di un gruppo verso una situazione cambia, si rafforza e si intensifica dopo una discussione e/o un confronto all’interno dello stesso: un fenomeno noto come “Polarizzazione dell’Atteggiamento”.

    Un esempio di polarizzazione sociale

    Giuseppe (per gli amici Beppe) abita da poco in un piccolo complesso residenziale di periferia, uno di quei classici quartieri in cui tutti, al mattino, si salutano con ampi sorrisi e dove niente sfugge all’attenzione del vicinato.

    La casetta di Beppe è un po’ spoglia, visto il suo recente trasloco, sicché, il nuovo arrivato nel quartiere, decide di comprare delle tende in poliestere raffiguranti delle pannocchie. Tende brutte come il peccato, l’invidia e la miseria (per intendersi uguali a quelle che possiedono i Simpson nella loro cucina), ma in fin dei conti Beppe è in casa sua e, fino a prova contraria e nei limiti della legge, può fare ciò che vuole.

    Ovviamente nel quartiere la faccenda non passa inosservata e alcuni vicini, che per comodità chiameremo A, B e C, non approvano la scelta delle tende arrivando perfino, nel silenzio delle loro oscure camere da letto, a sviluppare un certo senso di sdegno e irritazione.

    Se si potesse attribuire un punteggio al senso di insofferenza sviluppato dal vicinato potremmo dire che, in una scala che va da 1 a 10, A merita come voto un 2, B un 4 e C un 3, per un SIL (Sdegno Interno Lordo) di 3. Questo se presi singolarmente ma purtroppo, nel quartiere, il giovedì è giorno di mercato, evento che porta A, B e C a incontrarsi e spettegolare del più e del meno, fino a raggiungere l’argomento “tende pannocchiose”.

    Da lì in poi è un crescendo: si parte con toni civili ma comunque intolleranti, per poi passare a insinuazioni che vanno sul personale e deliri riguardanti i vincoli paesaggistici, l’urbanistica, fino ad arrivare ad accendere delle fiaccole e partire all’assalto alle tende del povero Beppe. SIL stimato dopo l’incontro al mercato: 8.

    Il racconto rappresenta sicuramente un iperbole, ma il principio è questo: le persone si aizzano e si alimentano vicendevolmente quando trattano argomentazioni su cui sono concordi, fino a creare un vero e proprio polo sociale/ideologico/comportamentale a sé stante.

    Il tutto è sicuramente peggiorato con l’era di internet e con l’avvento dei social network. Addirittura già nel 1984, la psicologa Sara Kiesler della Carnegie Mellon University e i suoi colleghi sono stati in grado di rilevare come la comunicazione mediata dai computer mancasse di spunti per regolare le normali interazioni. Il fenomeno evidentemente si è complicato nel tempo, fino a raggiungere potenzialità di crescita esponenziali: con internet il “mercato di paese” non è più grande quanto una piazza, ma quanto il mondo e i vicini di casa non sono 3, ma miliardi.

    Bolla di filtraggio e social

    Cos’è la verità? Secondo il filosofo Jiddu Krishnamurti “la Verità è una terra senza sentieri” a indicare che la Verità (scritta volutamente con la V maiuscola) non la si può raggiungere attraverso alcuna organizzazione, alcun credo, alcun dogma, prete o rito. Tuttavia, sul web in generale e sui social più nello specifico, la verità che regna incontrastata è quella personale e soggettiva, la quale non tollera contraddittori, si rafforza di informazioni servite agli utenti dall’algoritmo stesso del social di turno e trova “confronti appaganti” circondandosi quasi esclusivamente di individui aventi il medesimo orientamento ideologico.

    Tutto questo non è un caso; infatti, come in molti già sanno e/o hanno potuto intuire, sostanzialmente qualsiasi social e/o motore di ricerca persegue l’appagamento esperenziale dei propri utenti, andando a restituire risultati che ritiene possano interessare e coinvolgere gli stessi. Questo fenomeno prende il nome di bolla di filtraggio (filter bubble per gli anglofoni) ed è “il risultato del sistema di personalizzazione dei risultati di ricerche su siti che registrano la storia del comportamento dell’utente” citando Wikipedia.

    In soldoni questo fenomeno è innescato da processi che tendono a restituire agli utenti contenuti in linea con i propri ideali e le proprie credenze, andando a creare una vera e propria bolla di informazioni sempre più polarizzate e esenti da contraddittori, così da rafforzare l’ideale secondo cui un utente tende a ritenersi dalla parte del giusto.

    Schierarsi a causa delle emozioni

    La formula per una convinzione ferrea è semplice: bolla di filtraggio + supporto ideologico di chi la pensa uguale + leve emotive (strumento di cui moltissimi professionisti aizza popolo della demagogia si avvalgono) = rafforzamento della polarizzazione di gruppo e della convinzione che la verità sia quella che è “palesemente” sotto gli occhi di tutti (ma che in realtà è solamente sotto i nostri).

    In questo caos primordiale ci mette lo zampino anche un bias cognitivo tra i più celebri e diffusi, ovvero il bias di conferma. Si può spiegare come la tendenza a cercare, interpretare, favorire e richiamare le informazioni in un modo che confermino o supportino le proprie convinzioni o valori precedenti.

    Le persone mostrano i “sintomi” di questo bias quando selezionano solamente le informazioni che vanno a supportare le loro opinioni, ignorando le altre. L’effetto è ancora più forte quando va a toccare problemi emotivamente carichi e convinzioni profondamente radicate. Tutto ciò va a smuovere le corde dell’emotività, che molto spesso tendono ad allontanare dalla logica e complicare inevitabilmente i conflitti. In certi frangenti sarebbe proprio utile essere “cinture nere” di Aikido Verbale.

    Uscire dalla bolla

    Non c’è verità. C’è solo la percezione.” – Gustave Flaubert

    Il buon Flaubert offre sicuramente un buono spunto su cui riflettere, infatti nessuno è immune dai bias cognitivi, dalle euristiche e/o da pregiudizi di ogni sorta. Questo già dovrebbe essere sufficiente per renderci umili e consapevoli del fatto che l’errore è dietro l’angolo. Non importa quanto ci sentiamo ferrati in una materia e non è rilevante il grado di credibilità che una certa tesi acquisisce ai nostri occhi: a volte le cose non sono come sembrano!

    Ora come non mai è utile avere un dialogo costruttivo faccia a faccia (quando possibile) con chi la pensa diversamente da noi e documentarsi anche su argomentazioni che possono apparirci bislacche e poco sensate. Non dobbiamo divenire succubi delle ideologie altrui, ma almeno provare a comprendere senza la supponenza di essere i massimi esperti su un determinato argomento. Altrimenti il rischio è quello di cadere vittime dell’effetto Dunning-Kruger, ma questa è un’altra storia.

    Fonti

    D. C. Evans, Bottlenecks, DOI 10.1007/978-1-4842-2580-6_21

    Gli Stati Generali

    Wikipedia 1

    Wikipedia 2

     

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