Mononucleosi: come si prende “la malattia del bacio”?

Tutto quello che c’è da sapere sulla mononucleosi

Mononucleosi Malattia del Bacio

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    La mononucleosi è davvero conosciuta come “la malattia del bacio” per la sua trasmissione orale tramite saliva. In realtà, esistono tantissimi altri modi per contrarre questa malattia, come esistono altre patologie trasmissibili per via orale al pari della mononucleosi.

    Ecco, dunque, tutto quello che c’è da sapere su questa malattia contagiosa, a partire dai sintomi e dai rischi che può provocare per il nostro organismo, fino a capire quali sono i trattamenti e le cure più indicati per la mononucleosi. 

    La mononucleosi: che cos’è

    La mononucleosi è a tutti gli effetti una malattia infettiva, che principalmente viene trasmessa con la saliva. Questo significa che ogni contatto diretto, come un bacio, trasmette facilmente la malattia. In realtà, anche condividere la stessa bottiglia dell’acqua o starnutire vicino a qualcuno può rendere facile la contrazione della mononucleosi, come avere rapporti sessuali non protetti.

    In generale, infatti, è buona norma non condividere il bicchiere o la bottiglia con nessuno, neanche con i membri stretti della famiglia; e utilizzare fazzoletto o gomito ogni qual volta si effettua uno starnuto. In caso di influenza e/o tosse, utilizzare sempre una mascherina e allontanarsi in presenza di qualcuno che non ne fa utilizzo e mostra sintomi.

    Il virus responsabile della mononucleosi ha il nome di  Epstein Barr (EBV) e appartiene alla famiglia degli herpes virus. La diagnosi può avvenire tramite specifiche analisi del sangue, richieste dal proprio medico di base, le quali evidenziano la presenza del virus tramite un emocromo con uno striscio periferico (per rilevare lo stato delle cellule presenti nel sangue).

    La sua presenza stimola la produzione di globuli bianchi nel corpo e di cellule mononucleate nel sangue: da qui, il nome “mononucleosi”. Una volta contratta la malattia, il virus rimane latente nell’organismo, ma solitamente la malattia non ricompare (a differenza degli altri herpes virus).

    Solitamente, la mononucleosi colpisce con più frequenza i bambini e gli adolescenti, poiché più soggetti al contatto con l’esterno (scuole, giochi in condivisione, baci degli adulti). Inoltre, il loro sistema immunitario è più debole perché in via di sviluppo, e in questi casi è più facile che l’organismo venga attaccato dai virus. Tuttavia, è possibile contrarre la mononucleosi anche in età adulta. In generale, comunque, il rischio di contrarre la mononucleosi è davvero modesto, ed è importante fare attenzione nella fase di crescita.

    Sintomi, rischi e decorso della mononucleosi

    In realtà, nella maggior parte dei pazienti la mononucleosi si presenta in forma asintomatica o dà leggeri sintomi che durano pochi giorni.

    I sintomi più fastidiosi sono:

    • febbre leggera;
    • debolezza costante;
    • senso di spossatezza e forte stanchezza;
    • linfonodi ingrossati del collo, della milza e del fegato.

    Nei bambini, invece, la mononucleosi può essere più pericolosa, determinando gastroenterite e forte di mal di gola (che può generare in tonsillite). 

    Il rischio maggiore che può comportare la mononucleosi è quello dell’insorgenza di patologie ben più gravi. Per questo è importante diagnosticare la malattia – qualora dovessero spuntare dei sintomi – e tenere sotto controllo la decorrenza della mononucleosi.

    Le complicazioni più importanti sono:

    • epatite;
    • anemia emolitica e trombocitopenia;
    • miocardite;
    • meningite;
    • encefalite.

    Il periodo di incubazione della mononucleosi dura circa 1 mese / 1 mese e mezzo, a seconda dell’età: i bambini impiegano meno tempo rispetto agli adulti. La carica infettiva presente nella saliva, invece, solitamente riduce dopo circa una settimana dai primi sintomi.

    Mononucleosi: terapia e cura

    In realtà, nono esistono terapie precise per curare la mononucleosi. La miglior cura è l’assoluto riposo, possibilmente a letto, evitando qualsiasi sforzo fisico per almeno 6 settimane, per essere sicuri che la malattia abbia fatto il suo decorso.

    Nel caso in cui si siano ingrossati milza e fegato, è sempre bene tenere sotto controllo tali organi tramite ecografia, per evitare la loro rottura involontaria o un esagerato affaticamento. Nei casi in cui la febbre o i dolori dovuti alla spossatezza siano forti, si può consigliare l’assunzione di ibuprofene o paracetamolo, ma solo sotto prescrizione del medico. 

    Evitare terapie antibiotiche: sui virus non hanno alcun effetto e contribuiscono a indebolire ulteriormente il sistema immunitario. Solo in casi gravi, si può ricorrere a terapie cortisoniche o a un antivirale per via orale.

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