Carne coltivata: cos’è e quanto influirà sulla nostra alimentazione?

Sempre più aziende producono “clean meat”: carne coltivata in laboratorio a partire da cellule animali. Ma cosa comporta la sua produzione? Sostituirà davvero gli allevamenti intensivi?

Carne Coltivata

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    Mark Post è stato il primo scienziato a guidare il suo team dell’Università di Maastricht nella ricerca e produzione di quella che viene definita carne coltivata, partendo dalle cellule staminali di una mucca. Grazie ad un elaborata ingegneria tessutale Mark Post ha presentato per la prima volta nel 2013 in diretta TV un hamburger di carne coltivata. Da quel momento in poi il settore è cresciuto esponenzialmente, tanto da raggiungere, nel 2022, più di 150 aziende produttrici di carne coltivata sparse in 6 continenti, con un investimento di ben 2,6 miliardi di dollari. Questa fonte proteica alternativa può essere davvero la svolta in un settore ad alto impatto ambientale come quello della produzione di carne, assicurando: benessere degli animali, sicurezza in campo alimentare e una minor produzione di carne convenzionale. Ma come viene prodotta e quali sono davvero i suoi costi e il suo impatto sull’ambiente?

    Carne coltivata: cos’è e come si produce?

    Il processo di produzione della carne coltivata non è certo banale, anzi, in questa opera di creazione artificiale ci sono molti passaggi tecnici che cercheremo di spiegare nel modo più chiaro possibile:

    • Estrazione delle cellule staminali dell’animale scelto: il processo di produzione inizia con l’acquisizione e la conservazione delle cellule staminali dell’animale scelto per la produzione della sua carne. Si prelevano con una biopsia, una semplice puntura e si conservano e “coltivano” in bioreattori;
    • La coltivazione nei bioreattori: la linea cellulare prelevata scientificamente prolifera poi grazie ad un mezzo di coltura che, così come avviene all’interno del corpo di un animale, è ricco di ossigeno e nutrienti di base come aminoacidi, glucosio e vitamine;
    • I terreni di coltura vengono poi modificati: in questo modo le cellule staminali possono differenziarsi in quelli che sono i tre componenti principali della carne: muscolo, grasso e tessuti connettivi;
    • Formazione dell’impalcatura: a questo punto le cellule vengono separate e disposte nella forma del tipo di carne che si ha intenzione di produrre. Questa impalcatura non solo tiene insieme le cellule ma è anche in grado di trasportare le sostanze nutritive aiutando così le cellule a differenziarsi ancora di più.

    Carne coltivata: i vantaggi.

    Uno studio ha dimostrato che la carne coltivata, se prodotta utilizzando energia rinnovabile, potrebbe ridurre le emissioni di gas serra fino al 92% e l’uso del suolo fino al 90% rispetto alla carne bovina convenzionale. Inoltre, si prevede che la produzione commerciale avvenga interamente senza antibiotici ed è probabile che si traduca in una minore incidenza di malattie di origine alimentare a causa della mancanza di rischio di esposizione da agenti patogeni enterici.”

    Sicuramente, quando parliamo di carne coltivata, si pensa subito ad un impatto minore a livello ecologico. Il fatto è sicuramente cruciale, considerando che la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere la quota di 9 miliardi entro il 2050 e quindi, trovare una fonte proteica, più sostenibile, diventerà necessario. Sicuramente la carne coltivata presenta dei vantaggi:

    • In primis il benessere degli animali: che non verranno più allevati per essere macellati;
    • Una migliore sicurezza alimentare: infatti essendo carne prodotta in laboratorio e quindi in ambiente controllato, sarà esposta ad un minor rischio di contaminazione da batteri come E.Coli;
    • Sostenibilità: non saranno più sfruttate risorse importanti a livello di impatto ambientale come acqua, suolo e fertilizzanti.

    Nonostante ciò sull’argomento “sostenibilità” c’è ancora molto da chiarire. Infatti secondo uno studio condotto dall’Università della California, a Davis, la produzione di carne coltivata potrebbe avere un impatto ambientale da 4 a 25 volte superiore rispetto alla produzione di carne convenzionale nel breve termine. Gli studiosi si sono concentrati sui costi energetici di ogni fase di produzione e soprattutto hanno valutato come le sostanze nutrienti, utili alla crescita delle cellule staminali, subiscono processi di trattamento, per l’eliminazione di eventuali batteri, che hanno grande impatto sull’ambiente.

    Su questo argomento però ha espresso un importante e significativo parere Michele Morgante, genetista dell’Università di Udine: lo studioso ha infatti paragonato le tecnologie utilizzate per la produzione di carne coltivata di oggi alle auto elettriche di 20 anni fa. Forse è ancora troppo presto per dare un giudizio sul sistema che, in futuro, si occuperà della produzione su larga scala della carne coltivata: non è ancora pronto ed ha bisogno di ulteriori sforzi scientifici.

    Che sapore ha la carne coltivata?

    Il primo assaggio di carne coltivata avvenne proprio in diretta Tv nel 2013 a Londra, quando il Guardian organizzò l’assaggio del primo hamburger creato in vitro dallo scienziato olandese Mark Post. Josh Schonwald fu il primo ad assaggiare l’hamburger dello scienziato e affermò:

     “Sa di polpettone, un po’ asciutta ma molto simile al sapore della carne”.

    Allo stesso modo nutrizionisti ed esperti, ma anche foodblogger ed alcuni influencer, hanno constatato che questo tipo di carne è perfettibile ma ha comunque un gusto che ricorda molto quello della carne convenzionale. Ma la carne coltivata riuscirà a sostituire quella animale? Gli studi attuali indicano che le persone sono ancora molto riluttanti ad accettare un tipo di carne coltivata in laboratorio, mentre sono più propensi nell’acquistare opzioni a base vegetale per sostituire proteine vegetali a quelle animali. Tuttavia, essendo un prodotto che non si trova sul mercato, il dato inerente la preferenza alimentare e tutte le indagini di mercato condotte finora, non sono ancora sufficienti per definire un quadro preciso di quello che sarà il livello di consumo di questa alternativa alla carne.

    Approvazione dell’UE.

    Per essere commercializzata, la carne coltivata deve passare l’esame di sicurezza alimentare da parte delle autorità nazionali. Questo per ora è avvenuto solo a Singapore dove è già considerata un nuovo alimento da portare in tavola. Nell’anno corrente è molto probabile che organizzazioni e aziende chiederanno l’approvazione all’ EFSA, l’autorità europea per la sicurezza, ma questo processo può durare alcuni anni prima che il prodotto esca sul mercato.

    Carne coltivata: l’inutile opposizione del governo italiano.

    Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura in Italia, ha sentenziato che il nostro paese non produrrà e, anzi, vieterà la produzione e la commercializzazione di alimenti “sintetici”:

    “...A difesa della salute dei cittadini, del nostro modello produttivo, della nostra qualità, della nostra cultura, semplicemente della nostra sovranità alimentare.”

    Non sembra però così certo che il divieto del governo Meloni sulla carne coltivata possa servire a molto poiché, grazie alle regole europee sulla libera circolazione di beni e servizi, non sembra certo che il nostro paese possa imporsi all’arrivo sul mercato della carne coltivata. In definitiva questo ddl non avrà effetto sulla legge di mercato europea, bensì potrebbe portare ad un arresto nella produzione delle aziende italiane, nonché a danneggiare il beneamato “Made in Italy”.

    Fonti

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