esperto
esperto

Perché sbadigliamo e cosa significa per il nostro corpo?

Storia fisiologica e sociale di questo comune comportamento umano (e non solo!)

perché sbadigliamo

Sommario
    Tempo di lettura Tempo di lettura terminato
    0
    Time

    Cos’è lo sbadiglio?

    Con sbadiglio intendiamo un riflesso del corpo umano che consiste in una profonda inspirazione seguita da un’espirazione d’aria dai polmoni; durante uno sbadiglio, non è coinvolta solo la bocca, che si spalanca, ma anche altre parti del corpo: si tende infatti anche il muscolo del timpano dell’orecchio di mezzo e spesso il tutto è condito da uno stiracchiarsi istintivo di braccia, collo e schiena.

    Ma se la meccanica dello sbadiglio ci è piuttosto chiara, numerosi sono ancora gli interrogativi aperti sulle sue cause e implicazioni. Perché sbadigliamo infatti? Sicuramente ognuno di noi ha in mente una risposta ben precisa: perché sono stanco o mi sto annoiando. Giusto. Ma questo non risponde completamente alla domanda. E perché se vedo qualcuno sbadigliare, sbadiglio a mia volta?
    Molti scienziati (e non solo), nel corso dei secoli, hanno provato a rispondere a queste domande e molte sono state le ipotesi, vediamole insieme.

    L’ipotesi fisiologica: sbadigliamo per un bisogno del nostro corpo

    Ippocrate fu forse il primo ad interrogarsi in merito. Egli credeva che lo sbadiglio servisse per eliminare “aria cattiva” dai polmoni e sostituirla con “aria buona”. Questa risposta è stata la più accreditata per molto tempo, tanto che è entrata anche nel pensare comune con termini più moderni. Molti di noi hanno sicuramente sentito dire che lo sbadiglio è utile per l’ossigenazione del cervello. E proprio questa ipotesi è stata presa in considerazione da molti scienziati nel corso del secolo scorso. Tuttavia i risultati in merito sono stati contraddittori: non è stata dimostrata una correlazione diretta tra il bisogno di sbadigliare e il bisogno di maggior ossigeno nell’organismo.

    Più recentemente è stata formulata un’altra ipotesi. Secondo il gruppo di Gallup, lo sbadiglio servirebbe ad abbassare la temperatura del nostro cervello. Anche in questo caso, però, i risultati sono contraddittori.

    Ma facciamoci anche un’altra domanda: quando sbadigliamo? Su questo possiamo essere tutti più precisi: quando abbiamo sonno. Giusto: tutti noi sbadigliamo prima di addormentarci e, spesso, anche appena svegli. Questo perché l’atto di sbadigliare è fortemente connesso ai nostri ritmi circadiani (ovvero quell’orologio interno che tutti noi abbiamo e che scandisce le nostre giornate) e nello specifico con il ciclo sonno-veglia.
    Perché proprio quando ci stiamo per addormentare o appena svegli? Nel corso degli ultimi decenni, molti studi hanno confermato che sentiamo il bisogno di sbadigliare quando il nostro grado di vigilanza e di attenzione è basso. E questo spiega anche perché si sbadiglia quando si è annoiati.
    Ma ancora, questa è solo parte della risposta.

    L’ipotesi socio-comunicativa: sbadigliamo per comunicare qualcosa agli altri

    È indubbio che se vediamo qualcuno sbadigliare, subito associamo il suo atto alla stanchezza o alla noia. E questo avviene in molte culture, non solo nel mondo occidentale.

    E se lo sbadiglio avesse un ruolo comunicativo? Dagli anni ‘80 del secolo scorso, molti studi hanno preso questa strada, indagando sul ruolo evolutivo di tale comportamento. Per fare questo sono state prese in considerazione diverse specie animali, specialmente scimmie. È stato visto che molte specie di scimmie vicine all’uomo (i macachi sono le scimmie più studiate a tal proposito) sbadigliano non solo in relazione alla stanchezza, ma anche in situazioni di stress e di ansia. E l’atto di sbadigliare può avvenire con due modalità differenti: con i denti coperti o con i denti scoperti. Il primo è quello associato per lo più a stanchezza, mentre il secondo viene associato ad aggressività. Mostrare i denti è un comportamento di minaccia; sbadigliando in questo modo un individuo mostra i propri canini, le proprie armi agli altri. E infatti, in questi animali dalla forte gerarchia in cui i maschi hanno denti più grandi, sono loro a mostrare una prevalenza per questo comportamento. È un avvertimento: “gira al largo, mi stai infastidendo”.

    Come mai, allora, noi abbiamo mantenuto questo comportamento nel corso dell’evoluzione? Per empatia. Perché grazie a questo comportamento riusciamo a capire cosa prova l’altro individuo. Se stiamo parlando e il nostro interlocutore fa un sonoro sbadiglio, ecco che cambiamo argomento. O cerchiamo di ravvivare la conversazione: “ok, ho capito che ti sto annoiando”.
    Non solo: se il nostro interlocutore sbadiglia, può succedere che anche noi sbadigliamo di riflesso. Lo sbadiglio è contagioso.

    Perché lo sbadiglio è contagioso?

    Quando vediamo qualcuno sbadigliare, spesso sbadigliamo a nostra volta. Come mai? La risposta è la stessa: per empatia. Se vediamo qualcuno che sbadiglia, nel nostro cervello si attivano una serie di circuiti neurali legati alla percezione delle emozioni altrui.

    Si pensa (ma i dati sono controversi) che uno dei circuiti neurali coinvolti siano i famosi neuroni a specchio. Questi sono speciali motoneuroni, ovvero neuroni coinvolti nel movimento, presenti nel nostro encefalo. È stato visto che questi neuroni si “accendono” non solo quando l’individuo compie un’azione, ma anche quando la osserva.
    I neuroni specchio sono stati scoperti a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 da un team di ricerca di Parma coordinato dal professor Rizzolatti. La cosa curiosa è che questa scoperta fu fatta per caso: per effettuare studi sulla corteccia premotoria di un macaco, furono applicati degli elettrodi per monitorarne l’attività. Alla scimmia veniva permesso di accedere al cibo e nel frattempo veniva registrata l’attività dei singoli neuroni, in modo da misurare la risposta neuronale a specifici movimenti. Durante questi studi, uno sperimentatore prese una banana da un cesto di frutta che serviva per altri esperimenti e alcuni neuroni reagirono a questa vista. Come era possibile, dato che la scimmia non si era mossa? Perché questa risposta neurale? Inizialmente pensarono ad un difetto nella strumentazione, ma dopo alcune prove risultò chiaro che la strumentazione era in ordine e che qualcosa era avvenuto nel cervello della scimmia: si erano attivati i neuroni a specchio.

    Ulteriori studi clinici, psicologici e neurobiologici mostrano come il contagio dello sbadiglio inizi a mostrarsi nei bambini di 4-5 anni, l’età in cui si sviluppa la capacità di interpretare correttamente le emozioni altrui, rafforzando ulteriormente l’idea che contagio dello sbadiglio ed empatia siano fortemente connesse.

    Infine è stato osservato che il contagio dello sbadiglio è più difficoltoso in persone con disturbi dell’empatia (come nel caso dell’autismo).

    Altri studi hanno messo in evidenza che il contagio dello sbadiglio avviene più spesso tra individui imparentati o strettamente connessi, come ad esempio tra madre e figlio. Ovvero in quegli ambienti dove l’empatia è più forte.

    Cosa sappiamo per certo

    Cercando di dare una risposta alla domanda “perché sbadigliamo”, abbiamo trovato più interrogativi ulteriori che risposte definitive. Ciò che sappiamo di sicuro su questo comportamento è la sua correlazione ai nostri ritmi circadiani e al ciclo sonno-veglia. Molto probabilmente è legato all’empatia tra individui, specialmente se questi hanno un rapporto molto stretto. Probabilmente è un modo per comunicare il proprio stato psicofisico agli altri. Infine è sicuramente contagioso. Ma almeno su questo tipo di contagio possiamo dormire sonni tranquilli.

    Fonti

    Gallup, A.C., Gallup Jr., G.G., (2007). Yawning as a brain cooling mechanism: nasal breathing and forehead cooling diminish the incidence of contagious yawning. Evol. Psychol. 5, 92–101.

    Guggisberg, A. G., Mathis, J., Schnider, A., & Hess, C. W. (2010). Why do
    we yawn? Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 34, 1267–1276.

    Norscia, I., & Palagi, E. (2011). Yawn contagion and empathy in Homo
    sapiens. PLoS ONE, 6(12), e28472.

    Giacomo Rizzolatti et al. (1996). Premotor cortex and the recognition of motor actions, Cognitive Brain Research, Vol.3 n.2, pag.131-141

    Zannella, A., Stanyon, R., & Palagi, E. (2017). Yawning and social styles: different functions in tolerant and despotic macaques (Macaca tonkeana and Macaca fuscata). Journal of Comparative Psychology.

    Lascia il tuo commento

    Non verrà mostrata nei commenti
    A Good Magazine - Newsletter
    è il contenuto che ti fa bene! Resta aggiornato sulle malattie digitali