Eseguito il primo trapianto di rene di maiale su un essere umano

Un team della New York University ha realizzato la delicata operazione su una donna nel settembre 2021. Il risultato però lascia delle incognite.

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    L’operazione ha avuto luogo lo scorso settembre in un centro collegato alla New York University, diventando una notizia quasi alla fine di ottobre sui media statunitensi e quindi di tutto il mondo.

    Si tratta del primo trapianto di rene di suino, precedentemente modificato per evitare il rischio di rigetto, che è stato collegato al corpo di una donna in stato di morte cerebrale.

    Un’operazione che ha messo in moto sia osservazioni di carattere medico-scientifico che di carattere etico.

    I risultati di questa operazione e le sue implicazioni

    L’operazione di trapianto, come detto avvenuta nel settembre 2021, ha avuto successo e nei tre giorni successivi all’intervento l’organo impiantato ha funzionato bene. Si tratta evidentemente di un nuovo inizio per il settore degli xenotrapianti (il trapianto eseguito con l’uso di organi prelevati a essere viventi di una specie diversa da quella del ricevente) ma in assenza, tuttora, di una pubblicazione scientifica in merito a questo caso, quest’ultimo resta avvolto da delle incognite.

    Il rene utilizzato ha però migliorato il livello di creatina, il cui basso quantitativo è sinonimo di insufficienza renale, ed è stata prodotta la quantità attesa di urina.

    Per quanto riguarda l’aspetto etico, invece, è da evidenziare che il trapianto è stato fatto, previo consenso dei familiari, su una donna in stato di morte cerebrale, la cui morte è avvenuta 54 ore dopo l’intervento, quando le è stata sospesa la respirazione artificiale che la teneva in vita.

    Perché i maiali sono considerati donatori ideali?

    L’anatomia di questo animale è assimilabile a quella umana e il ciclo di allevamento è più corto, rispetto a quello di altri primati.

    Questi due aspetti rendono il maiale un donatore ideale, il cui organo (nel caso specifico) non aveva avuto manipolazioni genetiche complesse, e la speranza è quella di ricavare dai suini sempre più prodotti per scopo medico.

    Già ai primi anni 2000 risalgono importanti risultati di ingegneria genetica e clonazione prodotti con i maiali e nel 2015 un gruppo diretto da George Church, genetista di Harvard, ha ripulito il genoma di maiale.

    L’obiettivo è chiaramente quello di migliorare sempre di più l’immunocompatibilità tra uomo e maiale e, a questo proposito, è opinione diffusa tra i professionisti che i maiali TKO (quelli con triplo knock-out)  rappresentino in questo senso la soluzione migliore.

    Se il caso sopracitato è il primo che vede il trapianto di un rene di maiale geneticamente modificato su un essere umano, esiste anche quello effettuato dall’Emory University di Atlanta su una scimmia (nello specifico un macaco).

    L’organo in questione ha resistito per oltre 400 giorni prima del rigetto, un risultato comunque straordinario che fa sperare nel futuro anche per gli esseri umani.

    Un momento cruciale nel trapianto di organi

    Come sottolineato da Robert Montgomery, a capo del team di chirurghi della New York University, in un’intervista rilasciata a Cbs Evening News, si tratta di un momento decisivo nel mondo del trapianti di organi e il silenzio che ha accompagnato i momenti appena successivi all’operazione è stato carico di incredulità.

    Solo in Italia, secondo quanto riportato sulla pagina del Ministero della Salute, all’interno della sezione del Centro Nazionale Trapianti, sono 8272 i pazienti in attesa di un trapianto e l’attesa per un trapianto di rene arriva ai 3 anni e 4 mesi.

    L’avanzamento delle ricerche in questo campo rappresenta certamente un’ottima notizia per tutte le persone in attesa nel nostro Paese (come d’altronde nel resto del mondo).

    Massimo Cardillo (direttore Centro nazionale trapianti): ‘Una notizia rilevante’

    Ad esporsi sulla vicenda anche il direttore del Centro nazionale trapianti Massimo Cardillo che ha accolto la notizia di questo trapianto come qualcosa di ‘certamente rilevante’ dato che ‘in tutto il mondo la disponibilità di organi per trapianto è largamente insufficiente a soddisfare la domanda dei pazienti in attesa’.

    Non è un caso, continua Cardillo, che la ricerca scientifica stia per questo ‘esplorando la possibilità di utilizzare organi animali, una fonte potenzialmente illimitata’, pur sottolineando come ‘queste ricerche di frontiera, pur importantissime, non rappresentano una possibilità terapeutica realistica per i pazienti in attesa […] per i quali l’unica cura possibile è quella ricevere il trapianto di un organo frutto di una donazione umana’.

    ‘Molti aspetti devono essere ancora risolti per garantire la sicurezza dei trapianti da altre specie e per essere certi che l’organo animale venga tollerato dall’organismo umano per tempi superiori ai tre giorni del caso in questione, o per scongiurare il rischio di trasmissione di virus non conosciuti dall’animale all’uomo’.

    La sua soluzione immediatamente attuabile passa attraverso l’informazione rispetto alla possibilità di donare i propri ‘organi dopo la morte, o in vita per un familiare o conoscente malato’, come ‘unico modo oggi disponibile per curare questi pazienti’.

    ‘Ancora oggi in Italia – conclude il direttore Massimo Cardillo – circa un terzo delle persone si oppone alla donazione, per paura o per scarsa o errata informazione’.

    Per esprimere la propria volontà alla donazione ci si può rivolgere alle anagrafi comunali , al momento del rilascio o rinnovo della carta identità elettronica, oppure online con SPID iscrivendosi al registro donatori dell’Associazione italiana donatori di organi.

    Fonti

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