Luci, addobbi, campagne pubblicitarie ad alto tasso glicemico e foto sui social di grandi feste e grandi sorrisi: ogni anno, in questo periodo, sembra che tutti siano felici, circondati d’amore (e di regali); tutto è ricoperto da un manto di glitter, anziché di neve (sempre più scarsa). Che fare? Spargerla in fiocchi di plastica (spesso, ahinoi, glitterati pure quelli) sul presepe o rifugiarsi in una grotta sul Monte Immondezzaio insieme al Grinch, per sfuggire all’obbligo di sentirsi felici?
Cosa rovina il Natale?
Il Natale non per tutti è un momento di gioia, ma anzi, è sempre più diffuso un sentimento di ansia che cresce con l’avvicinarsi delle festività. Ma cos’è che rende il Natale, venduto come uno dei momenti più felici dell’anno, una fonte di stress, quando non proprio un periodo che si vorrebbe saltare a piè pari? Il Natale è una festività che, nonostante la sua origine religiosa, è diffusa in tutto il mondo soprattutto nel suo aspetto pagano e laico: tutte le culture che lo festeggiano prevedono momenti in cui ci si ritrova con la famiglia e ci si scambiano dei doni, preceduti da almeno un mese di decorazioni e corse al regalo perfetto. Oggi resta ben poco della sua ragione d’esistere, ma mantiene un significato di accoglienza e apertura all’altro ancora importanti e utili a livello sociale: sforzarsi per qualche settimana di essere più buoni, ad esempio, non può che essere un bene. Le emozioni negative che il Natale può suscitare, prima fra tutte l’ansia, non sono quindi nella maggior parte dei casi legate a un conflitto con la sua natura di festività religiosa, ma piuttosto alle derive superficiali e consumiste che ha assunto, soprattutto nella società occidentale. Il Natale porta con sé molte situazioni e contesti, sociali e non, che possono essere indirettamente fonte di ansia, ad esempio:
- pranzi e cene con amici e parenti, e quindi la pressione per le aspettative altrui
- più tempo da trascorrere in famiglia, che non significa sempre serenità
- l’avvicinarsi dell’anno nuovo, che porta con sé i buoni propositi per il futuro, ma anche un ripensamento sul passato
- la corsa ai regali, che devono essere perfetti ma che possono dare non poche preoccupazioni, anche sul piano della gestione delle proprie finanze
- la solitudine: mentre tutti sembrano circondati da persone e da affetto, essere soli e isolati può diventare più pesante da sopportare
A tutto ciò si aggiunge il fatto che questo sarà il primo Natale senza restrizioni da due anni a questa parte. C’è quindi in molti, forse, l’ulteriore aspettativa che debba essere un Natale ancora più speciale, che in qualche modo risarcisca della solitudine e degli auguri in videochiamata degli scorsi anni; ma questo non fa che aumentare lo stress perché tutto vada per il verso giusto.
E a Capodanno cosa fai?
Il Natale e la conseguente ansia natalizia riguardano un periodo ben più lungo degli effettivi giorni di festa. Nella migliore delle ipotesi già a fine novembre le corsie dei supermercati vengono invase da pandori e panettoni e le vetrine dei negozi da luci e addobbi. Già nella sua prima fase, questo periodo si caratterizza per un’ansia, soprattutto sociale, di “trovare qualcosa da fare” e spesso quando inizia l’Avvento è già stata posta la fatidica domanda: «E a Capodanno cosa fai?». Se ci arrivo a Capodanno, verrebbe da rispondere a chi cova in sé la verde anima del Grinch, l’iconico personaggio del Dr. Seuss. Durante le festività natalizie, infatti, è frequente trovarsi l’agenda piena di impegni e appuntamenti con parenti e amici: tutti, nessuno escluso, anche quelli che non frequentiamo abitualmente. Incontrare persone che non vediamo da tanto implica spesso aggiornarsi sulle proprie vite e questo può avere come conseguenza un sentimento di inadeguatezza e fallimento. Sono questi i momenti in cui scaturiscono le classiche domande scomode, che ci mettono di fronte allo scarto fra la nostra immagine e quella che gli altri hanno di noi. Come se non bastasse la fine dell’anno per essere spinti per proprio conto a fare bilanci.
Parenti serpenti
Le ragazze Gilmore della serie tv degli anni Duemila Una mamma per amica saranno sicuramente state tentate di indossare la loro maglietta “Parenti Serpenti” durante le feste di Natale a casa dei ricchissimi nonni. Riunirsi con la famiglia infatti può portare alla luce conflitti di lungo corso o crearne di nuovi, perché si sa, la famiglia non si sceglie e non è così raro nutrire un po’ di onesta antipatia per un parente. Ma un po’ per senso del dovere, un po’ per convenzione e un po’ per affetto, spesso è difficile sottrarsi a queste riunioni sotto forma di pranzi e cene pantagruelici. Se la migliore intenzione è sempre quella di fare buon viso a cattivo gioco almeno per l’occasione e mantenere la calma, nei fatti non sempre riusciamo a essere rilassati o a evitare gli screzi.
Com’era bello il mio Natale / Perché sei andato via?
Nel film del 2000 Il Grinch, ispirato al racconto del Dr. Seuss, la piccola protagonista Cindy Lou, con occhi lucidi e una maturità inaspettata per la sua età, canta questi versi guardando l’albero di Natale e il paesaggio innevato fuori dalla finestra. La scena, di una malinconia straziante se consideriamo che Cindy Lou potrà avere al massimo dieci anni, un’età in cui il Natale di solito è ancora magico, esprime un sentimento che diventando adulti è sempre più preponderante rispetto alla gioia e all’entusiasmo per le luci e i regali. Crescendo diventano sempre di più i passi avanti, ma anche i fallimenti, e spesso all’ingenuità infantile si sostituiscono un maggiore realismo e un maggior distacco. In più, per il normale, anche se triste, evolversi della vita, aumentano le perdite di persone care, che hanno condiviso con noi quei momenti nel passato; e in generale, proprio per la forte aura di tradizione, anche familiare, che questi momenti hanno, le assenze si notano di più e possono far prevalere la tristezza. Ma la piccola Cindy Lou non si riferisce tanto a questo, quanto alla magia del Natale: di fronte al padre che acquista regali con un entusiasmo fuori controllo, condiviso da tutti gli altri abitanti di Chi-non-so, è perplessa: è solo quello il Natale? Una corsa sfrenata ai pacchetti e una gara alle luminarie più appariscenti?
La corsa ai regali di Natale
Persone che corrono da tutte le parti sommerse dai pacchetti, ribassi dei prezzi per spingere tutti a fare a gara ad accaparrarsi la merce, un countdown al minuto fino alla notte di Natale: il film Il Grinch si apre appunto così, con una caricatura non troppo lontana dalla realtà di qualsiasi via commerciale la vigilia di Natale. La pubblicità certo non ci aiuta a ponderare la necessità di tutti questi acquisti, tanto più che molte volte, per mancanza di tempo, di idee o anche di conoscenza dei destinatari dei regali, ripieghiamo su articoli poco più che inutili. E oggi questo non può essere considerato solo un problema economico: eccedere con i regali, soprattutto con quelli senza nessuna funzione, fa male al portafoglio, ma anche per il pianeta. E allora, forse, quando smettiamo di aspettare Babbo Natale e iniziamo a farne le veci, capiterà di sperare in un Grinch che venga a rubare tutti quei pacchetti e con loro il Natale per sollevarci dall’ansia natalizia?
Natali solitari
Perché il Grinch odia il Natale? Perché proprio in occasione di un Natale passato è diventato consapevole in modo dirompente della sua diversità da tutti gli altri, e di quanto fra loro non ci fosse posto per lui. L’impatto del Natale sulle emozioni può essere particolarmente duro su quelle persone che differiscono dai canoni familiari e relazionali ritenuti consueti. Sono persone che per varie ragioni non hanno la possibilità di trascorrere un Natale tradizionale. Se la solitudine può essere una condizione voluta e apprezzata durante il resto dell’anno, le festività sottolineano in modo poco delicato lo scarto fra chi è solo e chi non lo è, facendo spesso sentire i primi fuori luogo, a disagio o profondamente tristi. La mancanza di un nucleo familiare o amicale con cui trascorrere questi giorni, in cui se non si fa niente la propria libertà si trasforma in isolamento, può creare una sensazione di mancanza, ma anche di ansia rispetto alle apparenze. In particolare per le persone anziane (e più spesso sole) o malate può rivelarsi più difficile fronteggiare la gioia e il luccichio che le circonda, ma la solitudine può diventare un peso per persone di tutte le età che, per scelta o per circostanze, si trovano prive di una rete relazionale.
Ma solo io odio il Natale?
Per quanto come abbiamo visto le apparenze (dalle pubblicità alle foto sui social) cercano di raccontarci il contrario, sotto la superficie dorata e rassicurante l’ansia per le festività è condivisa da molti. Nel periodo precedente al Natale si riscontra infatti un aumento delle richieste di supporto psicologico, e anche lo stress prenatalizio ne è la causa; non sempre è solo una sensazione scomoda, ma a volte si manifesta con veri e propri sintomi psico-fisici, come:
- spossatezza
- mal di testa
- palpitazioni
- disturbi del sonno
- maggiore irritabilità
Inoltre sembra che, complici gli anni di pandemia, gli italiani siano piuttosto pessimisti per quanto riguarda le feste. L’Associazione Europea per il disturbo da attacchi di panico ogni anno conduce un sondaggio sull’argomento; i risultati pubblicati da Adnkronos sui dati del 2020 non lasciano dubbi: l’81% dei 723 partecipanti aveva pessime aspettative per il Natale e il sentimento per l’anno nuovo non era molto diverso (pessimo per il 79%). Se questi dati così negativi erano influenzati dall’andamento della pandemia, peggiore di adesso, sarà curioso vedere se si inizia a scorgere un timido ottimismo oppure se la situazione economica, politica, internazionale e climatica continuano a minare le certezze e le speranze per il futuro.
Abolire Babbo Natale?
Cosa fare per sfuggire all’ansia del Natale? Rubare tutti i pacchetti e rifugiarsi sul Monte Immondezzaio potrebbe essere una soluzione? I festosi canti di Natale raggiungono il Grinch anche lì, però, causandogli una crisi d’identità: «… il cuore di tre taglie gli era aumentato». Giù a Chi-non-so, infatti, nonostante il furto del Natale (ovvero dei regali), tutti i Non-so-chi cantano tenendosi per mano e recuperando così un lato più umano e meno consumista della ricorrenza. E allora stiamo proclamando il Grinch il nuovo Babbo Natale? Non osiamo tanto, ma forse abbiamo più da imparare dall’antisociale mostro verde che dal buon vecchio dalla barba bianca. Se il Natale non solo non è più fonte di magia ma diventa un momento di ansia, fermarsi a riflettere sul perché si provano determinati sentimenti può essere utile a individuarne la causa e a gestirla, per superare le feste se non felici almeno indenni:
- il Natale può causare disagio e senso di inadeguatezza, se festeggiarlo non è nelle nostre corde, possiamo non farlo
- per vivere con più serenità questi giorni, possiamo scegliere di vedere solo alcune persone
- per sfuggire al consumismo e alle lusinghe del marketing, possiamo impegnarci a fare meno regali ma più sostenibili: prodotti con un basso impatto ambientale, a filiera corta, artigianali; anche l’acquisto può diventare un momento consapevole
- se è la solitudine e la mancanza di persone con cui festeggiare a rendere tristi, prima di chiudersi in un isolamento sterile e doloroso, proviamo a pensare che ci sono tante altre persone in questa situazione. Una buona idea potrebbe essere quella di partecipare a iniziative benefiche, per non trovarsi da soli e per aiutare gli altri; molte case di riposo, ad esempio, partecipano a iniziative come i nipoti di Babbo Natale o simili
Sottrarsi alla frenesia del Natale può non essere immediato, anche solo per abitudine, ma se diventa una fonte di ansia provare a rallentare può essere un tentativo di gestirla. Dare peso più ai significati intrinseci e immateriali del Natale, non per forza religiosi, piuttosto che al suo aspetto simbolico e materialista, può allo stesso modo far vivere questo periodo con più serenità e meno performatività.
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