Il diritto all’oblio oncologico, cosa c’è da sapere?

Una campagna che ha superato le 100.000 firme e una proposta di legge chiedono di garantire a chi è stato malato di tumore una guarigione anche burocratica

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    Spesso chi ha avuto una diagnosi di cancro, anche anni dopo essere stato dichiarato guarito, continua ad avere difficoltà nell’ottenere finanziamenti, stipulare assicurazioni o concludere le pratiche per un’adozione. Con il riconoscimento del diritto all’oblio oncologico non sarebbe più così.

    Cos’è il diritto all’oblio oncologico

    L’espressione “diritto all’oblio oncologico” nasce sulla falsariga del concetto di “oblio digitale”, ovvero il diritto che ognuno dovrebbe avere di ridurre l’accessibilità a dati sensibili o di nasconderli dal web perché potrebbero danneggiarlo (ad esempio i precedenti giudiziari). La stessa cosa dovrebbe valere per chi ha avuto una diagnosi di tumore: oggi sono più di 3 milioni e mezzo le persone in Italia che ci convivono, e quasi un milione sono considerate guarite da un punto di vista medico. Ma non da quello burocratico: chi vuole richiedere un prestito, stipulare un’assicurazione o adottare un bambino è obbligato a fornire indicazioni sul proprio stato di salute, anche su eventuali malattie oncologiche. Questo porta spesso a un comportamento discriminatorio nei loro confronti, incidendo sull’accesso a molti servizi di natura finanziaria, ma non solo.

    Dal cancro si può guarire

    Per quanto la diagnosi di tumore possa essere vissuta da chi la riceve come una sentenza, la prevenzione e la costante ricerca di nuove cure cercano di renderlo un male sempre più curabile. Purtroppo però non basta la scomparsa del tumore dal corpo per dichiarare una persona guarita. Le neoplasie si possono presentare in tantissime forme e con queste varia il rischio di recidive, cioè la possibilità che si ripresentino e di conseguenza il tempo che deve passare prima dell’avvenuta guarigione da un punto di vista clinico. Ad esempio, se per il tumore alla tiroide devono passare cinque anni dalla fine delle cure, per quello al colon o per il melanoma ne devono passare dieci; per il mieloma (che interessa il midollo osseo), il tumore al rene e alla vescica ne devono passare addirittura quindici, mentre per il tumore al seno e alla prostata venti.

    La proposta di legge

    La Fondazione AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) a gennaio (insieme ad AIRC e FAVO, fra le altre) ha lanciato una campagna social e una petizione che proprio a fine settembre ha raggiunto le 100.000 firme. Quello che chiedono è una legge che garantisca il diritto all’oblio oncologico. All’inizio di febbraio (in concomitanza con la Giornata mondiale contro il cancro) la presidente della Commissione Sanità in Senato, Laura Boldrini, ha firmato la proposta di legge, che è poi stata presentata a fine marzo. Le sorti di questa proposta sono ancora in sospeso; se venisse approvata tutelerebbe un diritto che altrove è già legge. Il Ddl 2548 si inserirebbe infatti in un quadro europeo in cui non solo il diritto all’oblio oncologico è già garantito da vari paesi (Francia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo), ma la stessa Commissione europea raccomanda di renderlo effettivo in tutti i paesi membri entro il 2025.

    Come garantire il diritto all’oblio oncologico

    Ancora oggi, anche dopo la guarigione, in alcuni ambiti è obbligatorio dichiarare di aver avuto un tumore, il che ha un peso in senso discriminatorio: diventa più difficile ottenere un prestito, ad esempio per comprare una casa, oppure concludere con successo le pratiche di un’adozione, ma incide anche nell’accesso al lavoro o, per i più giovani, allo sport. Come si vede, sono tutti ambiti che indirettamente contribuiscono alla realizzazione stessa di una persona, e, soprattutto se la diagnosi di tumore è arrivata in giovane età, non migliorano un quadro in cui comunque circa il 20-30% di queste persone sviluppa un trauma cronico. Il Ddl 2548 punterebbe a garantire a queste persone il diritto all’oblio oncologico e quindi un pari accesso a servizi finanziari, di adozione e al mondo del lavoro. In particolare propone di togliere l’obbligo di dichiarare una passata diagnosi di tumore:

    • dopo dieci anni dalla guarigione per gli adulti
    • dopo cinque anni dalla guarigione per i bambini e ragazzi al di sotto dei ventuno anni

    L’impatto sociale delle malattie oncologiche

    Questo genere di discriminazione “burocratica” che gli ex malati oncologici sperimentano si somma alle pesanti conseguenze psicologiche che comunque la malattia ha: spesso viene vissuta come una cesura, un vero spartiacque nella propria vita. Ognuno ha una reazione diversa e soggettiva, ma molti vivono delle difficoltà in quella fase detta di “riorientamento”, ovvero quando, una volta ricevuta la diagnosi e superato l’iter delle operazioni chirurgiche e delle terapie, è necessario riconsiderare l’esperienza della malattia nel quadro della propria vita. Esiste una vera e propria branca della psicologia, detta psiconcologia, che si occupa di accompagnare i pazienti lungo questo percorso; è nata negli anni ’50 in un clima piuttosto scettico, ma le indicazioni della World Health Organization e dell’European Association for Palliative Care confermano la necessità di curare anche la dimensione interiore dei malati oncologici. E l’importanza dell’aspetto psicologico non finisce con la guarigione, ma spesso sarebbe auspicabile un supporto anche in seguito: si calcola infatti che il 21% dei pazienti oncologici sviluppi un Disturbo da Stress Post traumatico e che il 34% ne abbia ancora i sintomi dopo quattro anni. Un impatto significativo e con cui i pazienti, ma anche la società, devono fare i conti.

    Perché il diritto all’oblio oncologico è necessario

    Le malattie oncologiche hanno un’incidenza in continua crescita in Italia e nel mondo: questo soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione e di una prevenzione più diffusa, che porta a più diagnosi, oltre al concorrere di fattori ambientali. Per fortuna sono in aumento anche i cosiddetti “lungosopravviventi”, ovvero quelle persone che sono guarite e che possono avere un’aspettativa di vita simile agli altri. Persone che, nonostante da un punto di vista medico si siano lasciate il cancro alle spalle, continuano a doverci fare i conti in mancanza di una legge. Garantire il diritto all’oblio oncologico significherebbe portare queste persone un passo più vicino alla normalità, almeno burocratica.

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