Il biofeedback e i suoi impieghi

Come controllare le proprie reazioni agli stimoli esterni

Biofeedback

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    I trattamento terapeutico del biofeedback inizia a essere studiato negli Stati Uniti alla fine degli anni ’60, quando alcuni ricercatori, fra cui Miller, Kamiya, Sterman, Brener, Snyder e Noble, dimostrano che, sia nell’animale, sia nell’uomo, si possono monitorare alcuni parametri fisiologici, come la frequenza cardiaca, la tensione muscolare, la vasocostrizione cutanea, i ritmi elettroencefalografici e la risposta elettrodermica. Per il suo avvento in Europa e, nello specifico, in Italia, dobbiamo aspettare gli anni ‘70.

    Il biofeedback in breve

    Il biofeedback è un trattamento psicoterapeutico all’avanguardia non invasivo, non farmacologico e privo di effetti collaterali. Viene impiegato per monitorare alcune funzioni corporee con l’utilizzo di elettrodi o trasduttori applicati direttamente sulla pelle. I segnali captati dai sofisticati apparecchi diagnostici di registrazione vengono restituiti istantaneamente al paziente sotto forma di segnali acustici o visivi in modo amplificato. Biofeedback significa, infatti, restituzione delle informazioni (feedback), riguardo all’attività biologica (bio).

    Permettendo al paziente di osservare come reagisce il proprio corpo alle variazioni del proprio stato d’animo, il biofeedback mira ad aumentare il controllo volontario sulle reazioni fisiologiche involontarie. Questo processo di apprendimento e consapevolezza è il frutto del monitoraggio in tempo reale degli effetti somatici prodotti da pensieri ed emozioni.

    Il biofeedback può essere quindi d’aiuto soprattutto a persone che si mostrano iperattive in occasione di situazioni stressanti o che comunque presentano un pattern di attivazione anormale che può inficiare su disturbi psicologici e fisici già presenti o crearne di nuovi. Chi reagisce agli eventi stressanti con un’attivazione eccessiva utilizzerà il biofeedback per placare l’attivazione del sistema simpatico e stimolare quella del sistema parasimpatico. Al contrario, chi risponde a situazioni di tensione con una risposta parasimpatica cercherà di controbilanciare quest’ultima attivando la risposta del sistema nervoso simpatico.

    Cosa monitora il biofeedback?

    In quanto strumento d’interpretazione delle proprie sensazioni corporee, il biofeedback si propone di insegnare al paziente come regolarle per raggiungere uno stato d’animo stabile e controllato anche in assenza di feedback. Oggetto di studio sono quindi tutte le funzioni fisiologiche e psicologiche come ansia, rilassamento, concentrazione, e alcune patologie specifiche come l’ipertensione, la tachicardia e l’epilessia.

    Per schematizzare, fra gli indicatori psicofisiologici che possono essere monitorati con il biofeedback ci sono:

    • respirazione, frequenza cardiaca e dilatazione dei vasi sanguigni periferici
    • tensione muscolare, sensori di pressione digitale e ampiezza di movimento delle articolazioni
    • temperatura superficiale e conduttanza elettrica cutanea
    • elettroencefalogramma
    • risposta psicogalvanica

    Quali patologie e disturbi possono essere trattati con il biofeedback?

    Il biofeedback viene spesso utilizzato per alleviare alcuni dolori, cronici e non, che compaiono in concomitanza o a seguito di patologie come:

    • cefalea muscolo-tensiva, cefalea vascolare di tipo emicranico
    • dolori da contratture muscolari, torcicollo spasmodico
    • morbo di Raynaud, dolori cronici e di origine oncologica
    • attacchi di asma e di emicrania
    • incontinenza urinaria
    • riabilitazione neuromuscolare (in seguito a ictus o trauma)
    • insonnia e altri problemi legati allo stress
    • alcolismo, abuso di sostanze, epilessia
    • ipertensione arteriosa

    Il biofeedback viene anche utilizzato per mitigare ansia, iperidrosi, balbuzie, attacchi di panico, fobie, disturbi gastro-intestinali, bruxismo e dermatosi. In effetti, il campo d’azione del biofeedback diventa sempre più ampio, man mano che le apparecchiature si fanno più sofisticate. In effetti, a oggi, si può dire che qualsiasi alterazione caratterizzata da una connessione tra sistema nervoso centrale e funzione fisiologica può essere trattata con il metodo del biofeedback.

    Il processo del biofeedback e i vari strumenti utilizzati

    Il primo step del biofeedback consiste in uno scrupoloso esame del profilo psicofisiologico del paziente, attraverso il quale è possibile osservare la presenza di pattern di attivazione anomala di fronte a situazioni stressanti. Questo tipo di analisi iniziale avviene tramite l’applicazione di alcuni elettrodi in aree specifiche del corpo. Durante l’esame, il terapeuta registra le reazioni corporee del paziente mentre è intento in alcune attività di rilassamento o altro. Una volta terminata la registrazione, il professionista verifica, da alcuni grafici, in che modo si comporta l’organismo del paziente in situazioni di stress e in situazioni di distensione.

    Nella seconda fase, al paziente vengono nuovamente applicati gli elettrodi, gli viene chiesto di fare alcuni movimenti, ma questa volta anche lui potrà guardare il tracciato delle sue risposte fisiologiche sul monitor. Quando l’ampiezza del segnale relativo alla funzione fisiologica presa in esame va oltre la soglia limite impostata, l’apparecchiatura produce un suono riconoscibile, inviando quindi un feedback al paziente.

    Ed è proprio grazie al feedback visivo e acustico che il paziente si rende conto di quando è il momento di mettere in pratica le strategie di controllo suggerite dal terapeuta. In caso di iperattività di fronte allo stress, la soglia limite viene ridotta gradualmente, di modo da raggiungere livelli sempre più alti di rilassamento. Quando, invece, si ha una scarsa attivazione della risposta simpatica, la stessa soglia viene aumentata.

    I vantaggi del biofeedback rispetto ad altre terapie

    Il biofeedback ha spopolato in tutto il mondo in un lasso di tempo relativamente breve per la sua potenziale applicazione in un ampio ventaglio di disturbi clinici di varia natura. Tutte le sue eventuali applicazioni sono accomunate, tuttavia, dal principio del controllo di una funzione fisiologica. Scendendo più nel dettaglio, si dovrebbe ricorrere al biofeedback perché:

    • il paziente ha un ruolo attivo sia nel trattamento che nella definizione degli obiettivi
    • il feedback uditivo e visivo permette di avere un riscontro oggettivo sul proprio stato fisiologico e di attivare un processo di autoregolazione in modo immediato
    • può favorire un rilassamento a lungo termine attraverso un maggiore controllo sulla propria reattività ai trigger
    • permette di agire in modo circoscritto su un particolare aspetto del funzionamento fisiologico monitorando sia qualitativamente che quantitativamente le risposte del sistema nervoso autonomo
    • è un metodo senza effetti collaterali, non invasivo e non farmacologico

    Fonti

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